Il saggio analizza il rapporto tra il processo tributario e il processo penale per verificare se, nell’interlocuzione delle due giurisdizioni, possa parlarsi di doppio binario, cripto-dipendenza o convergenze parallele. La dimensione storica delle fonti, declinata sul principio di unità della giurisdizione, adottava il modello della “pregiudiziale tributaria” nel quale la giustizia penale era postergata a quella tributaria: spettava al giudice tributario accertare la violazione della norma fiscale, mentre il giudice penale poteva intervenire solo per valutare se i fatti oggetto di accertamento tributario definitivo integrassero gli estremi di un reato. Nella diacronia del sistema, per rimediare alle criticità, il legislatore introdusse il regime del “doppio binario”, ripudiando le soluzioni fondate sulla pregiudizialità e individuando nel principio di specialità della fattispecie il parametro per regolare il rapporto tra le due giurisdizioni. Il nuovo modello, consentendo di adottare pronunce discordanti, ha il vantaggio di rendere autonomi i giudizi, ma comporta lo svantaggio di arrecare non pochi inconvenienti, che coinvolgono i profili di certezza del diritto e il rischio di un contrasto di giudicati. Di qui, l’esigenza di un ragionevole bilanciamento dei valori e degli interessi, che consente di meglio ravvisare uno schema di “convergenze parallele”, che, nel rispetto dell’autonomia delle giurisdizioni, riconosce al giudice tributario, nell’ambito del proprio giudizio, il potere di acquisire, a titolo di materiale probatorio o indiziario, atti legittimamente assunti in sede penale.

La diacronia delle interferenze tra il processo tributario e il processo penale: doppio binario, cripto-dipendenza o convergenze parallele?

Parente Salvatore Antonello
2020-01-01

Abstract

Il saggio analizza il rapporto tra il processo tributario e il processo penale per verificare se, nell’interlocuzione delle due giurisdizioni, possa parlarsi di doppio binario, cripto-dipendenza o convergenze parallele. La dimensione storica delle fonti, declinata sul principio di unità della giurisdizione, adottava il modello della “pregiudiziale tributaria” nel quale la giustizia penale era postergata a quella tributaria: spettava al giudice tributario accertare la violazione della norma fiscale, mentre il giudice penale poteva intervenire solo per valutare se i fatti oggetto di accertamento tributario definitivo integrassero gli estremi di un reato. Nella diacronia del sistema, per rimediare alle criticità, il legislatore introdusse il regime del “doppio binario”, ripudiando le soluzioni fondate sulla pregiudizialità e individuando nel principio di specialità della fattispecie il parametro per regolare il rapporto tra le due giurisdizioni. Il nuovo modello, consentendo di adottare pronunce discordanti, ha il vantaggio di rendere autonomi i giudizi, ma comporta lo svantaggio di arrecare non pochi inconvenienti, che coinvolgono i profili di certezza del diritto e il rischio di un contrasto di giudicati. Di qui, l’esigenza di un ragionevole bilanciamento dei valori e degli interessi, che consente di meglio ravvisare uno schema di “convergenze parallele”, che, nel rispetto dell’autonomia delle giurisdizioni, riconosce al giudice tributario, nell’ambito del proprio giudizio, il potere di acquisire, a titolo di materiale probatorio o indiziario, atti legittimamente assunti in sede penale.
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