Quel tipo di società definita 'leonina' da Cassio Longino ispirata alla favola del suo contemporaneo Fedro - perché un socio incamerava tutti i profitti e gli altri subivano tutte le perdite senza alcun vantaggio - poi richiamato da Ulpiano in D.17.2.29.2 (30 ad Sab.) attraverso la testimonianza di Aristone allo scopo di confermare la invalidità di quel genere di società considerato iniquissimum, sollecita alcune ulteriori considerazioni. Risalendo alla magna quaestio tra Q. Mucio e Servio sulle partes lucri et damni nelle società, sono qui ripercorsi alcuni passaggi del dibattito giurisprudenziale su questo tema, per giungere infine a chiarire il ragionamento sotteso al discorso di Ulpiano, utile a comprendere appieno la ratio di quella regolamentazione.
That kind of society defined as leonina by Cassius Longinus, that was inspired by a fable of his contemporary Foedrus – because a partner earns all profits and another endures all losses without any profit –, and then got back by Ulpian in D. 17.2.29.2 (30 ad Sab.) through Aristo’s testimony, in order to confirm the invalidity of that genus societatis said iniquissimum, demands some further considerations. Returning back to magna quaestio between Q. Mucius and Servius on partes lucri et damni in companies, some steps of jurists’ debate about this theme are here retraced, to lastly clarify the reasoning likely subtended to Ulpian’s speech, useful to better understand the ratio of this regulation.
Titolo: | La 'parte' del leone: intorno a D.17.2.29.2 (Ulp. 30 ad Sab.) |
Autori: | |
Data di pubblicazione: | 2019 |
Rivista: | |
Handle: | http://hdl.handle.net/11586/265908 |
Appare nelle tipologie: | 1.1 Articolo in rivista |
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