Il volume accompagna la mostra Il Museo che non c’è. Arte, collezionismo, gusto antiquario nel Palazzo degli Studi di Bari (1875-1928), allestita nel Salone degli Affreschi dell’attuale Palazzo Ateneo (28 febbraio-24 aprile 2020), in origine sede dell’antico Museo Provinciale. L’iniziativa è centrata sul momento formativo di un’Istituzione che, indagata ‘dentro’, ‘intorno’ e ‘fuori’ a un contenitore divenuto dal 1928 di matrice esclusivamente archeologica, in realtà ha giocato in origine un ruolo di rilievo per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico-artistico meridionale, nell’ambito del largo e spesso difficile quadro nazionale postunitario. Il Museo Provinciale di Bari si è dimostrato così un punto di riferimento sia per quanto concerne la ‘riscoperta’ del Medioevo, sia per quanto attiene le direttrici del collezionismo e della connoisseurship di Età Moderna. Ponendo sempre al centro dell’attenzione il manufatto artistico, la ricerca è stata supportata da una sistematica ricognizione documentaria che restituisce il museo barese quale snodo capace di attrarre un’ampia platea di studiosi. Tra questi, si contano personalità di formazione e cultura mitteleuropea come Martin Wackernagel, allievo di Heinrich Wölfflin e in Puglia al seguito di un esperto medievista come Arthur Haseloff; conoscitori delle complesse problematiche figurative ‘veneto-adriatiche’ (dai Vivarini a Tintoretto) come Gustavo Frizzoni e Mario Salmi; sino a comprendere studiosi ed esperti frequentatori del mercato antiquario internazionale come Bernard Berenson, ‘pellegrino di Puglia’ ante litteram, nonché il suo amico e mecenate statunitense Edward Perry Worren.
The volume accompanies the exhibition Il Museo che non c’è. Arte, collezionismo, gusto antiquario nel Palazzo degli Studi di Bari (1875-1928) (The Museum that is not there anymore. Art, collecting, antiquarian taste in the Palazzo degli Studi in Bari), held in the Hall of Frescoes in the Palazzo Ateneo, where originally was the old Provincial Museum. The initiative is presented as a tribute dedicated to a choral and strongly identifying moment in the history of the city of Bari and Puglia, a region fully inserted in the geography of the artistic and antique routes opened by grand tourists since the eighteenth century. Specifically, the study aims to focus on the formation of an institution which, perceived as a container of an exclusively archaeological nature, actually played an important role for the protection and enhancement of the historical-artistic heritage within the wide post-unitary period, helping to pave the way for an ante - litteram notion of 'cultural heritage'. The Provincial Museum has therefore proved to be a reference both for the 'rediscovery' of the Middle Ages, and the collecting and ‘Connoisseurship’ guidelines of the Modern Age. In fact, his creation was due both to the enlightened work of his first director, Maximilian Mayer, and to members of important middle-class families in the South of Italy such as the Jattas. The research was supported by a systematic documentary survey that turns the Museum, located in the Palazzo degli Studi in Bari, designed by the Neapolitan Giovanni Castelli and decorated by the Bolognese Rinaldo Casanova, in a composite artistic and archaeologic site, capable of attracting the attention of a large audience of scholars. Among these, mittleuropean culture leading figures such as Martin Wackernagel, a pupil of Heinrich Wölfflin and a medieval expert like Arthur Haseloff; connoisseurs of the complex 'Venetian-Adriatic' figurative issues (from Vivarinis to Tintoretto) such as Gustavo Frizzoni and Mario Salmi, who wrote about this topic in the pages of magazines such as 'L’Arte' and the 'Il Bollettino d’Arte'; and also scholars and experts of the international antiquarian market such as Bernard Berenson, a real 'pilgrim of Puglia', and his friend and patron, the American Edward Perry Worren.
Il Museo che non c'è. Arte, collezionismo, gusto antiquario nel Palazzo degli Studi di Bari (1875-1928)
ANDREA LEONARDI
2020-01-01
Abstract
Il volume accompagna la mostra Il Museo che non c’è. Arte, collezionismo, gusto antiquario nel Palazzo degli Studi di Bari (1875-1928), allestita nel Salone degli Affreschi dell’attuale Palazzo Ateneo (28 febbraio-24 aprile 2020), in origine sede dell’antico Museo Provinciale. L’iniziativa è centrata sul momento formativo di un’Istituzione che, indagata ‘dentro’, ‘intorno’ e ‘fuori’ a un contenitore divenuto dal 1928 di matrice esclusivamente archeologica, in realtà ha giocato in origine un ruolo di rilievo per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico-artistico meridionale, nell’ambito del largo e spesso difficile quadro nazionale postunitario. Il Museo Provinciale di Bari si è dimostrato così un punto di riferimento sia per quanto concerne la ‘riscoperta’ del Medioevo, sia per quanto attiene le direttrici del collezionismo e della connoisseurship di Età Moderna. Ponendo sempre al centro dell’attenzione il manufatto artistico, la ricerca è stata supportata da una sistematica ricognizione documentaria che restituisce il museo barese quale snodo capace di attrarre un’ampia platea di studiosi. Tra questi, si contano personalità di formazione e cultura mitteleuropea come Martin Wackernagel, allievo di Heinrich Wölfflin e in Puglia al seguito di un esperto medievista come Arthur Haseloff; conoscitori delle complesse problematiche figurative ‘veneto-adriatiche’ (dai Vivarini a Tintoretto) come Gustavo Frizzoni e Mario Salmi; sino a comprendere studiosi ed esperti frequentatori del mercato antiquario internazionale come Bernard Berenson, ‘pellegrino di Puglia’ ante litteram, nonché il suo amico e mecenate statunitense Edward Perry Worren.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.