Il saggio si interroga sull'affinità tra musica e scrittura filosofica, servendosi delle riflessioni sul tema di Jacques Derrida. Il punto di partenza è il processo ad entrambe nel Fedro. Il capo d'accusa comune è la loro natura "altra" capace di alterare l'idea del sapere come conoscenza e padronanza logica di sé e del reale. L'imputazione platonica potrebbe avere, al contrario, un valore positivo nell'aprire strade differenti e differenziali alla filosofia. Un pensiero musicale ed acustico che arrivi a scalzare il primato tradizionale dell'occhio come organo privilegiato di una metaforica visiva e solare, cui contrapporre un pensiero dell'inaudito, che sulla scia di Nietzsche e Heidegger, sia attento al brusio dell'essere, al suo manifestarsi musicalmente per colpi e contraccolpi, come evento sonoro che è oltre ogni inizio archetipico e ogni teleologia destinale .Il secondo elemento differenziale è rintracciato nel ritmo, nel procedere del segno scritto per cesure, iterazioni e temporeggiamenti che ripropongono la ritmicità discontinua e imprevedibile dell'esistenza. Infine tale affinità è affrontata dal punto di vista del sassofonista jazz Ornette Coleman, il quale, proprio in un'intervista con Derrida, espone la sua visione dialogica della musica, aperta all'evento dell'altro, non come trionfo della libertà assoluta del musicista, ma come ciò che oscilla, al pari della scrittura, tra il rispetto di un codice prestabilito e l'imprevedibilità, non performativa, di una performance, sempre aperta alla venuta e all' invenzione dell'altro.

Questioni d'orecchio e di ritmo. Un'improvvisazione derridiana

Bianchini Guido
;
2019-01-01

Abstract

Il saggio si interroga sull'affinità tra musica e scrittura filosofica, servendosi delle riflessioni sul tema di Jacques Derrida. Il punto di partenza è il processo ad entrambe nel Fedro. Il capo d'accusa comune è la loro natura "altra" capace di alterare l'idea del sapere come conoscenza e padronanza logica di sé e del reale. L'imputazione platonica potrebbe avere, al contrario, un valore positivo nell'aprire strade differenti e differenziali alla filosofia. Un pensiero musicale ed acustico che arrivi a scalzare il primato tradizionale dell'occhio come organo privilegiato di una metaforica visiva e solare, cui contrapporre un pensiero dell'inaudito, che sulla scia di Nietzsche e Heidegger, sia attento al brusio dell'essere, al suo manifestarsi musicalmente per colpi e contraccolpi, come evento sonoro che è oltre ogni inizio archetipico e ogni teleologia destinale .Il secondo elemento differenziale è rintracciato nel ritmo, nel procedere del segno scritto per cesure, iterazioni e temporeggiamenti che ripropongono la ritmicità discontinua e imprevedibile dell'esistenza. Infine tale affinità è affrontata dal punto di vista del sassofonista jazz Ornette Coleman, il quale, proprio in un'intervista con Derrida, espone la sua visione dialogica della musica, aperta all'evento dell'altro, non come trionfo della libertà assoluta del musicista, ma come ciò che oscilla, al pari della scrittura, tra il rispetto di un codice prestabilito e l'imprevedibilità, non performativa, di una performance, sempre aperta alla venuta e all' invenzione dell'altro.
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