Nell’ambito della c.d. politica di esternalizzazione delle frontiere, perseguita dall’UE e dai suoi Stati membri, viene approfondita la questione della legalità sia degli accordi di riammissione preventiva, sia dei trattati che uno Stato di destinazione di flussi migratori stipula con uno Stato di provenienza affinchè quest’ultimo impedisca le partenze e gestisca nel suo territorio le domande di protezione internazionale. In base alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di Giustizia, si accerta che la compatibilità con il divieto di refoulement degli accordi di riammissione preventiva sussiste solo quando, con riferimento allo specifico caso concreto, il paese di respingimento possa considerarsi uno Stato sicuro. Anche con riguardo alla seconda categoria di accordi considerati, il carattere “sicuro” dello Stato di provenienza dei flussi è ritenuto condizione per la legalità degli accordi stessi e per escludere una possibile responsabilità dello Stato di destinazione per complicità nella commissione di gravi violazioni dei diritti umani. Alla luce dei principi individuati, l’esame del c.d. accordo UE-Turchia e del Memorandum d’intesa con la Libia del 2 febbraio 2017 conduce alla conclusione della illegalità di entrambi.

Il sonno della ragione genera politiche migratorie

Gabriella Carella
2017-01-01

Abstract

Nell’ambito della c.d. politica di esternalizzazione delle frontiere, perseguita dall’UE e dai suoi Stati membri, viene approfondita la questione della legalità sia degli accordi di riammissione preventiva, sia dei trattati che uno Stato di destinazione di flussi migratori stipula con uno Stato di provenienza affinchè quest’ultimo impedisca le partenze e gestisca nel suo territorio le domande di protezione internazionale. In base alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di Giustizia, si accerta che la compatibilità con il divieto di refoulement degli accordi di riammissione preventiva sussiste solo quando, con riferimento allo specifico caso concreto, il paese di respingimento possa considerarsi uno Stato sicuro. Anche con riguardo alla seconda categoria di accordi considerati, il carattere “sicuro” dello Stato di provenienza dei flussi è ritenuto condizione per la legalità degli accordi stessi e per escludere una possibile responsabilità dello Stato di destinazione per complicità nella commissione di gravi violazioni dei diritti umani. Alla luce dei principi individuati, l’esame del c.d. accordo UE-Turchia e del Memorandum d’intesa con la Libia del 2 febbraio 2017 conduce alla conclusione della illegalità di entrambi.
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