Alla domanda “cosa vuol dire tradurre?”, Eco risponde traducendo. Infatti in Dire quasi la stessa cosa, egli si avvale soprattutto delle sue “esperienze di traduzione”, espressione che fa da sottotitolo del libro. Fra queste sue esperienze particolare importanza ha la sua traduzione di Sylvie di Nerval. Il problema centrale è che cosa deve rendere il testo che traduce. Nel caso di Sylvie si tratta della “resa” del suo specifico cronotopo. Il racconto inizia con l’imperfetto e si sviluppa a partire da una perdita irreparabile, che però soltanto alla fine sarà comunicata al lettore. La traduzione deve cimentarsi con questa particolare organizzazione temporale del racconto. Questo si svolge in prima persona ed Eco ingegnosamente distingue la “voce narrante” dall’autore Gérard Nerval indicandola come Je-rard. Il “quasi” del titolo preannunzia quanto Eco dirà nelle pagine conclusive: cioè che la fedeltà nella traduzione consiste nel riconoscerla come mai definitiva. Infatti, il testo tradotto resta pur sempre lo stesso, ma altro: lo stesso altro
To the question “what does translation mean?”, Eco responds translating. In Dire quasi la stessa cosa (Saying Almost the Same Thing) he resorts above all to his own “experiences in translation,” as recites the subtitle of his book. Of his experiences particularly important is his translation of Nerval’s Sylvie. The central problem is what the translating text must render. In Sylvie Eco contends with “rendering” its specific chronotope. The story begins in the imperfect recounting an irreparable loss which is only communicated to the reader at the end. Translation must experiment with this special temporal organization of the story. This is presented in first person and by naming the “narrating voice” Je-rard Eco ingeniously distinguishes it from the author Gérard Nerval. “Almost” in the title announces Eco’s position formulated towards the end of his book: fidelity in translation consists in recognizing that it is never final. In fact, the translated text is always the same, but other: the same other.
Tradurre il tempo. Umberto Eco traduttore del cronotopo in Sylvie di Nerval
Susan Petrilli
2018-01-01
Abstract
Alla domanda “cosa vuol dire tradurre?”, Eco risponde traducendo. Infatti in Dire quasi la stessa cosa, egli si avvale soprattutto delle sue “esperienze di traduzione”, espressione che fa da sottotitolo del libro. Fra queste sue esperienze particolare importanza ha la sua traduzione di Sylvie di Nerval. Il problema centrale è che cosa deve rendere il testo che traduce. Nel caso di Sylvie si tratta della “resa” del suo specifico cronotopo. Il racconto inizia con l’imperfetto e si sviluppa a partire da una perdita irreparabile, che però soltanto alla fine sarà comunicata al lettore. La traduzione deve cimentarsi con questa particolare organizzazione temporale del racconto. Questo si svolge in prima persona ed Eco ingegnosamente distingue la “voce narrante” dall’autore Gérard Nerval indicandola come Je-rard. Il “quasi” del titolo preannunzia quanto Eco dirà nelle pagine conclusive: cioè che la fedeltà nella traduzione consiste nel riconoscerla come mai definitiva. Infatti, il testo tradotto resta pur sempre lo stesso, ma altro: lo stesso altroFile | Dimensione | Formato | |
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