il proprium della specie umana risiede nella evolutività aperta e imprevedibile, che la preordina a intessere incessantemente - sia a livello filogenetico sia a livello ontogenetico ed epigenetico - ponti di connessione con l' "altro" da sé: "altro" uomo, "altro" animale, "altro" macchina - e a mutuare dall' "altro” da sé gli elementi (energia, informazioni, modelli, idee, rappresentazioni, schemi comportamentali, ecc.) che fungono da input attuativi e selettivi per il proprio repertorio di virtualità. Alla luce di tali assunti di base, la progettualità educativa si scontra con l'evidenza di quanto sia carente l'attrezzatura culturale - conoscitiva e cognitiva - con cui l'umanità nel suo complesso (pur con le ovvie diversificazioni che attengono alle diverse contrade storiche e geografiche) vive l'intensificarsi delle interrelazioni ibrida rive di natura bio-artificiale che coinvolgono l'intero Pianeta. Un'attrezzatura culturale largamente insufficiente a gestire gli esiti della stessa progettualità tecnoscientifica. Un primo fattore di problematicità riguarda la carenza di conoscenze e competenze sui meccanismi di causalità complessa che regolano le dinamiche evolutive che l'interconnessione "bio-logica" e "tecno-logica" sta aprendo per la nostra specie e per la stessa vita sulla Terra. In altre parole, si vive "come se" i prodotti dell'agire tecnico fossero semplici elementi protesici per gli esseri umani, "aiuti" esterni volti a migliorare le condizioni del loro adattamento, ignorando le trasformazioni profonde che tale agire innesca nella biosfera e all'interno degli stessi soggetti umani e della loro naturalità biologica, sotto la spinta di una complessità causale reticolare, Si tratta di un'insufficienza (cognitiva e antropologica) che rende difficile, sia per il singolo sia per le comunità, prendere contezza del sempre maggiore livello di complessità delle reti dì interconnessione che tengono insieme ogni aspetto dell'agire ibridativo bio-tecnologico della contemporaneità, complessità che collega eventi, individui e popoli della Terra in una stessa comunità dì destino. Pertanto, la divaricazione tra risorse conoscitive e apparati concettuali di cui il soggetto dispone (dall'uomo comune allo scienziato, al tecnologo) e i cambiamenti in atto si esprime, su un versante più antropologico, in ricorrenti forme di "antropocentrismo" (con vecchie e nuove forme di pregiudizio, di intolleranza, di esclusione, di sfruttamento e di violenza nei confronti di tutte le fanne dell'"alterità"); sul versante cognitivo, più specificamente, si esprime in modalità di pensiero a dominanza autoreferenziale. Nel mentre la scienza e la tecnologia incidono sui corpi e le menti, sugli ambienti e sui saperi, tanto il pensiero individuale della gente comune quanto quello tecnoscientifico dei ricercatori evidenziano una grave carenza nei dispositivi di riflessione, di comprensione e di previsione circa le potenzialità trasformative che l'evoluzione tecnologica presenta. Alla pedagogia, in tale quadro, non può sfuggire l'urgenza di porre una serie di questioni, quale la questione della formazione per soggetti polimorfi, capaci di vivere il mutamento in atto; - la questione dei luoghi e dei tempi della formazione, considerando le modificazioni del regime dei tempi e il moltiplicarsi dei territori virtuali, luoghi di attraversamenti e di erranze; - la questione dei soggetti, considerando come essi si presentino sempre più contaminati e in divenire; la questione dei saperi indispensabili per poter elaborare nuove ipotesi sulle stesse modalità dell'esercizio del conoscere e dell'esercitare la critica, per poter inventare nuove modalità di espressione, per un soggetto che si presenta molteplice e in permanente transizione. Dunque, quale pedagogia per l'orizzonte delle mutazioni, per corpi e superfici di incrocio di una pluralità di codici, da quello genetico-biologico a quello informatico? - Quale didattica per processi formativi orientati alla promozione di un pensiero critico, problematico e aperto alla differenza, al cambiamento e all'ibridazione? Interrogativi, questi, tanto inderogabili quanto difficili da risolvere se non adottando una prospettiva problematica e "problematicista", permanentemente aperta ai meticciamenti di teorie e linguaggi e al superamento dell'assetto oppositivo dei dualismi di cui la tradizione del pensiero occidentale si è nutrita: mente-corpo, uomo-animale, organismo-macchina, natura-cultura, naturale-artificiale.

Processi di soggettivazione, formazione e materialità digitale

R. Gallelli
;
2017-01-01

Abstract

il proprium della specie umana risiede nella evolutività aperta e imprevedibile, che la preordina a intessere incessantemente - sia a livello filogenetico sia a livello ontogenetico ed epigenetico - ponti di connessione con l' "altro" da sé: "altro" uomo, "altro" animale, "altro" macchina - e a mutuare dall' "altro” da sé gli elementi (energia, informazioni, modelli, idee, rappresentazioni, schemi comportamentali, ecc.) che fungono da input attuativi e selettivi per il proprio repertorio di virtualità. Alla luce di tali assunti di base, la progettualità educativa si scontra con l'evidenza di quanto sia carente l'attrezzatura culturale - conoscitiva e cognitiva - con cui l'umanità nel suo complesso (pur con le ovvie diversificazioni che attengono alle diverse contrade storiche e geografiche) vive l'intensificarsi delle interrelazioni ibrida rive di natura bio-artificiale che coinvolgono l'intero Pianeta. Un'attrezzatura culturale largamente insufficiente a gestire gli esiti della stessa progettualità tecnoscientifica. Un primo fattore di problematicità riguarda la carenza di conoscenze e competenze sui meccanismi di causalità complessa che regolano le dinamiche evolutive che l'interconnessione "bio-logica" e "tecno-logica" sta aprendo per la nostra specie e per la stessa vita sulla Terra. In altre parole, si vive "come se" i prodotti dell'agire tecnico fossero semplici elementi protesici per gli esseri umani, "aiuti" esterni volti a migliorare le condizioni del loro adattamento, ignorando le trasformazioni profonde che tale agire innesca nella biosfera e all'interno degli stessi soggetti umani e della loro naturalità biologica, sotto la spinta di una complessità causale reticolare, Si tratta di un'insufficienza (cognitiva e antropologica) che rende difficile, sia per il singolo sia per le comunità, prendere contezza del sempre maggiore livello di complessità delle reti dì interconnessione che tengono insieme ogni aspetto dell'agire ibridativo bio-tecnologico della contemporaneità, complessità che collega eventi, individui e popoli della Terra in una stessa comunità dì destino. Pertanto, la divaricazione tra risorse conoscitive e apparati concettuali di cui il soggetto dispone (dall'uomo comune allo scienziato, al tecnologo) e i cambiamenti in atto si esprime, su un versante più antropologico, in ricorrenti forme di "antropocentrismo" (con vecchie e nuove forme di pregiudizio, di intolleranza, di esclusione, di sfruttamento e di violenza nei confronti di tutte le fanne dell'"alterità"); sul versante cognitivo, più specificamente, si esprime in modalità di pensiero a dominanza autoreferenziale. Nel mentre la scienza e la tecnologia incidono sui corpi e le menti, sugli ambienti e sui saperi, tanto il pensiero individuale della gente comune quanto quello tecnoscientifico dei ricercatori evidenziano una grave carenza nei dispositivi di riflessione, di comprensione e di previsione circa le potenzialità trasformative che l'evoluzione tecnologica presenta. Alla pedagogia, in tale quadro, non può sfuggire l'urgenza di porre una serie di questioni, quale la questione della formazione per soggetti polimorfi, capaci di vivere il mutamento in atto; - la questione dei luoghi e dei tempi della formazione, considerando le modificazioni del regime dei tempi e il moltiplicarsi dei territori virtuali, luoghi di attraversamenti e di erranze; - la questione dei soggetti, considerando come essi si presentino sempre più contaminati e in divenire; la questione dei saperi indispensabili per poter elaborare nuove ipotesi sulle stesse modalità dell'esercizio del conoscere e dell'esercitare la critica, per poter inventare nuove modalità di espressione, per un soggetto che si presenta molteplice e in permanente transizione. Dunque, quale pedagogia per l'orizzonte delle mutazioni, per corpi e superfici di incrocio di una pluralità di codici, da quello genetico-biologico a quello informatico? - Quale didattica per processi formativi orientati alla promozione di un pensiero critico, problematico e aperto alla differenza, al cambiamento e all'ibridazione? Interrogativi, questi, tanto inderogabili quanto difficili da risolvere se non adottando una prospettiva problematica e "problematicista", permanentemente aperta ai meticciamenti di teorie e linguaggi e al superamento dell'assetto oppositivo dei dualismi di cui la tradizione del pensiero occidentale si è nutrita: mente-corpo, uomo-animale, organismo-macchina, natura-cultura, naturale-artificiale.
2017
978-88-5754-213-3
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/225088
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