Nella seconda metà degli anni Sessanta si apre quella che è stata definita la «stagione dei movimenti», che col finire del decennio produrrà anche un insieme di organizzazioni capaci di dar luogo a schemi interpretativi e modelli di comunicazione politica destinati, nel caso italiano, a rivelare una singolare longevità. Al di là delle peculiarità del caso, l’onda del mutamento stava travolgendo, non solo in questo Paese, la struttura che fin dalle soglie della contemporaneità aveva garantito il funzionamento dei sistemi politici occidentali, un edificio tenuto insieme dall’intreccio fra mitologia, ideologia e utopia. La loro relazione ha caratterizzato, nel corso dei secoli XIX-XX il sentire politico, il pensiero politico e l’azione sociale europea nel senso che mitologia e ideologia hanno rappresentato l’offerta del pensiero politico a fronte delle domanda di azione sociale: la costruzione di una società futura compiuta e scientificamente regolata dalle leggi dell’architettura politica-sociale ed è in questo scenario che si colloca la vicenda della Nuova Sinistra. La storia delle organizzazioni extraparlamentari proposta parte da due ipotesi alternative. Per la prima le organizzazioni rappresentano in realtà la fine del movimento perché la loro cultura, come tutta la mitografia politica da queste prodotta, è un anacronismo dettato dalla necessità di resistere all’onda di riflusso Per la seconda, invece, le organizzazioni costituiscono un laboratorio politico, all’interno del quale sono prefigurati scenari e linguaggi destinati a manifestarsi compiutamente nel post-guerra fredda. Proprio quest'ultima ipotesi rende maggiormente conto della peculiare longevità non tanto delle organizzazioni stesse (pure straordinaria, se pensiamo che in in Italia alcune di queste sopravviveranno per tutti gli anni Ottanta e, nel caso di Democrazia Proletaria, si avrà addirittura una proiezione nel successivo decennio), quanto soprattutto di una nuova cultura della comunicazione politica destinata ad inverare trasversalmente le diverse soggettività emerse dopo il naufragio della prima repubblica dei partiti. In tale ipotesi è la svolta del 1970-1971 – periodo segnato dal declino delle organizzazioni marxiste-leniniste e dalla affermazione dell’«operaismo» – a portare la gestazione di un linguaggio nuovo, destinato a caratterizzare i sistemi politici post-industriali.

Verso un futuro assoluto. La Nuova sinistra tra utopia e tradizione

FIUME, Fabrizio
2007-01-01

Abstract

Nella seconda metà degli anni Sessanta si apre quella che è stata definita la «stagione dei movimenti», che col finire del decennio produrrà anche un insieme di organizzazioni capaci di dar luogo a schemi interpretativi e modelli di comunicazione politica destinati, nel caso italiano, a rivelare una singolare longevità. Al di là delle peculiarità del caso, l’onda del mutamento stava travolgendo, non solo in questo Paese, la struttura che fin dalle soglie della contemporaneità aveva garantito il funzionamento dei sistemi politici occidentali, un edificio tenuto insieme dall’intreccio fra mitologia, ideologia e utopia. La loro relazione ha caratterizzato, nel corso dei secoli XIX-XX il sentire politico, il pensiero politico e l’azione sociale europea nel senso che mitologia e ideologia hanno rappresentato l’offerta del pensiero politico a fronte delle domanda di azione sociale: la costruzione di una società futura compiuta e scientificamente regolata dalle leggi dell’architettura politica-sociale ed è in questo scenario che si colloca la vicenda della Nuova Sinistra. La storia delle organizzazioni extraparlamentari proposta parte da due ipotesi alternative. Per la prima le organizzazioni rappresentano in realtà la fine del movimento perché la loro cultura, come tutta la mitografia politica da queste prodotta, è un anacronismo dettato dalla necessità di resistere all’onda di riflusso Per la seconda, invece, le organizzazioni costituiscono un laboratorio politico, all’interno del quale sono prefigurati scenari e linguaggi destinati a manifestarsi compiutamente nel post-guerra fredda. Proprio quest'ultima ipotesi rende maggiormente conto della peculiare longevità non tanto delle organizzazioni stesse (pure straordinaria, se pensiamo che in in Italia alcune di queste sopravviveranno per tutti gli anni Ottanta e, nel caso di Democrazia Proletaria, si avrà addirittura una proiezione nel successivo decennio), quanto soprattutto di una nuova cultura della comunicazione politica destinata ad inverare trasversalmente le diverse soggettività emerse dopo il naufragio della prima repubblica dei partiti. In tale ipotesi è la svolta del 1970-1971 – periodo segnato dal declino delle organizzazioni marxiste-leniniste e dalla affermazione dell’«operaismo» – a portare la gestazione di un linguaggio nuovo, destinato a caratterizzare i sistemi politici post-industriali.
2007
88-7431-383-7
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