L’articolo intende affrontare una questione rilevante per l’interpretazione storico-critica del pensiero heideggeriano, vale a dire la questione riguardante l’uso che il filosofo ha fatto delle sue fonti cristiane. Questo implica una domanda sulla persistenza dell’origine cristiana nel percorso filosofico di Heidegger, anche se come le tracce di una presenza nascosta o rimossa, e persino quando egli prende esplicitamente le distanze dalla sua tradizione dottrinale di provenienza. Per rispondere a questo interrogativo nel saggio si ripercorrono alcuni momenti dell’interpretazione heideggeriana del cristianesimo delle origini (Urchristentum), quali Paolo di Tarso (I Lettera ai Tessalonicesi), Agostino d’Ippona (Libro X delle Confessioni) e in parte Lutero. In questi casi si mostra un’acuta appropriazione dell’esperienza cristiana della vita, come vita fattuale, in termini di temporalità, storicità, inquietudine, preoccupazione di sé e caduta. Ma in questi fenomeni appare chiaramente anche la tendenza ermeneutica propria di Heidegger: l’evento della grazia non si identifica più innanzitutto con un fatto, ossia con “qualcosa” di oggettivo che accade o con “Qualcuno” che viene incontro all’essere umano, ma si manifesta nel “come” della vita che si compie in se stessa. La vicinanza e in alcuni casi l’immedesimazione precisa di Heidegger con le sue fonti cristiane porta al tempo stesso in sé un progressivo distacco. Ma anche nel distacco permane l’inevitabile presenza dell’origine.

The article intends to address a question that is relevant to the historical-critical interpretation of Heideggerian thought, namely the question of the philosopher’s use of his Christian sources. This implies a question about the persistence of Christian origin in Heidegger’s philosophical path, even if they are mere signs of a hidden or removed presence, and even when he explicitly distances himself from his doctrinal tradition of origin. To answer this question, the essay goes over some moments of Heideggerian interpretation of early Christianity (Urchristentum), such as Paul of Tarsus (First epistle to the Thessalonians), Augustine of Hippo (Book X of Confessions) and in part Martin Luther. In these cases, an acute appropriation of the Christian experience of life is shown as a factual life, in terms of temporality, historicity, restlessness, self con- cern and fallenness. But in these phenomena also the hermeneutical tendency of Heidegger clearly appears: the event of grace is no longer identified first of all with a fact, that is, with “something” objective that occurs, or with “Someone” that encounters the human being, but is manifested in the “how” of life that is accomplished in itself. The proximity and in some cases the precise identification of Heidegger with his Christian sources at the same time leads to a progressive detachment. But even in the detachment, the inevitable presence of the origin remains.

Sul problema delle fonti cristiane nel pensiero di Heidegger

C. Esposito
2017-01-01

Abstract

L’articolo intende affrontare una questione rilevante per l’interpretazione storico-critica del pensiero heideggeriano, vale a dire la questione riguardante l’uso che il filosofo ha fatto delle sue fonti cristiane. Questo implica una domanda sulla persistenza dell’origine cristiana nel percorso filosofico di Heidegger, anche se come le tracce di una presenza nascosta o rimossa, e persino quando egli prende esplicitamente le distanze dalla sua tradizione dottrinale di provenienza. Per rispondere a questo interrogativo nel saggio si ripercorrono alcuni momenti dell’interpretazione heideggeriana del cristianesimo delle origini (Urchristentum), quali Paolo di Tarso (I Lettera ai Tessalonicesi), Agostino d’Ippona (Libro X delle Confessioni) e in parte Lutero. In questi casi si mostra un’acuta appropriazione dell’esperienza cristiana della vita, come vita fattuale, in termini di temporalità, storicità, inquietudine, preoccupazione di sé e caduta. Ma in questi fenomeni appare chiaramente anche la tendenza ermeneutica propria di Heidegger: l’evento della grazia non si identifica più innanzitutto con un fatto, ossia con “qualcosa” di oggettivo che accade o con “Qualcuno” che viene incontro all’essere umano, ma si manifesta nel “come” della vita che si compie in se stessa. La vicinanza e in alcuni casi l’immedesimazione precisa di Heidegger con le sue fonti cristiane porta al tempo stesso in sé un progressivo distacco. Ma anche nel distacco permane l’inevitabile presenza dell’origine.
2017
The article intends to address a question that is relevant to the historical-critical interpretation of Heideggerian thought, namely the question of the philosopher’s use of his Christian sources. This implies a question about the persistence of Christian origin in Heidegger’s philosophical path, even if they are mere signs of a hidden or removed presence, and even when he explicitly distances himself from his doctrinal tradition of origin. To answer this question, the essay goes over some moments of Heideggerian interpretation of early Christianity (Urchristentum), such as Paul of Tarsus (First epistle to the Thessalonians), Augustine of Hippo (Book X of Confessions) and in part Martin Luther. In these cases, an acute appropriation of the Christian experience of life is shown as a factual life, in terms of temporality, historicity, restlessness, self con- cern and fallenness. But in these phenomena also the hermeneutical tendency of Heidegger clearly appears: the event of grace is no longer identified first of all with a fact, that is, with “something” objective that occurs, or with “Someone” that encounters the human being, but is manifested in the “how” of life that is accomplished in itself. The proximity and in some cases the precise identification of Heidegger with his Christian sources at the same time leads to a progressive detachment. But even in the detachment, the inevitable presence of the origin remains.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/219629
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