La principale linea di difesa adottata attualmente per la mitigazione degli effetti dei terremoti si basa su un approccio preventivo che dispone, nella progettazione di opere ingegneristiche e nella pianificazione territoriale, misure atte a rendere il territorio in grado di sopportare l’impatto di eventi sismici futuri, contenendone i danni. Ciò richiede una stima della pericolosità sismica del territorio, cioè dei livelli di scuotimento attesi, rispetto ai quali occorre predisporre azioni di protezione. Il calcolo della pericolosità è effettuato su base statistica analizzando le serie storiche dei terremoti, ma l’affidabilità di queste stime dipende fortemente dalla ricchezza di informazioni disponibili sugli eventi sismici del passato. Ciò rende più incerte questo tipo di stime per regioni, come quella pugliese, dove, in presenza di lunghi tempi medi di ritorno dei terremoti ad elevata energia, la base di dati è più povera. In Puglia, infatti, eventi che hanno prodotto un numero di vittime nell’ordine delle centinaia o delle migliaia, si sono verificati in più occasioni, ma, a parte un caso isolato (Ascoli Satriano, 1361), tutte concentrate in un arco di circa 120 anni dal 1627 al 1743. Quasi tutti i maggiori terremoti hanno interessato il nord della regione, ma l’ultimo evento di questa serie ha colpito il Salento, pur essendo la sorgente localizzata al largo delle sue coste, con un pesante bilancio di vittime prodotto da fenomeni di amplificazione locale degli scuotimenti, legati alla particolare geologia di questo territorio. E’ quindi essenziale non dimenticare che tutto il territorio pugliese non può essere considerato al sicuro dagli effetti dei terremoti e che misure di prevenzione dal danno sismico vanno comunque previste, con il supporto di indagini finalizzate a migliorare la conoscenza del territorio ed a colmare le lacune presenti nella base di dati attualmente disponibile. Coltivare la memoria storica dei terremoti del passato è perciò essenziale per non indurre atteggiamenti di sottovalutazione e trascuratezza rispetto alla necessità di una più attenta valutazione del rischio sismico presente sul territorio e per promuovere, nella progettazione degli edifici e nella pianificazione territoriale, l’adozione di cautele che ne tengano conto.

Pericolosità sismica e memoria storica dei terremoti in Puglia

Vincenzo Del Gaudio
2018-01-01

Abstract

La principale linea di difesa adottata attualmente per la mitigazione degli effetti dei terremoti si basa su un approccio preventivo che dispone, nella progettazione di opere ingegneristiche e nella pianificazione territoriale, misure atte a rendere il territorio in grado di sopportare l’impatto di eventi sismici futuri, contenendone i danni. Ciò richiede una stima della pericolosità sismica del territorio, cioè dei livelli di scuotimento attesi, rispetto ai quali occorre predisporre azioni di protezione. Il calcolo della pericolosità è effettuato su base statistica analizzando le serie storiche dei terremoti, ma l’affidabilità di queste stime dipende fortemente dalla ricchezza di informazioni disponibili sugli eventi sismici del passato. Ciò rende più incerte questo tipo di stime per regioni, come quella pugliese, dove, in presenza di lunghi tempi medi di ritorno dei terremoti ad elevata energia, la base di dati è più povera. In Puglia, infatti, eventi che hanno prodotto un numero di vittime nell’ordine delle centinaia o delle migliaia, si sono verificati in più occasioni, ma, a parte un caso isolato (Ascoli Satriano, 1361), tutte concentrate in un arco di circa 120 anni dal 1627 al 1743. Quasi tutti i maggiori terremoti hanno interessato il nord della regione, ma l’ultimo evento di questa serie ha colpito il Salento, pur essendo la sorgente localizzata al largo delle sue coste, con un pesante bilancio di vittime prodotto da fenomeni di amplificazione locale degli scuotimenti, legati alla particolare geologia di questo territorio. E’ quindi essenziale non dimenticare che tutto il territorio pugliese non può essere considerato al sicuro dagli effetti dei terremoti e che misure di prevenzione dal danno sismico vanno comunque previste, con il supporto di indagini finalizzate a migliorare la conoscenza del territorio ed a colmare le lacune presenti nella base di dati attualmente disponibile. Coltivare la memoria storica dei terremoti del passato è perciò essenziale per non indurre atteggiamenti di sottovalutazione e trascuratezza rispetto alla necessità di una più attenta valutazione del rischio sismico presente sul territorio e per promuovere, nella progettazione degli edifici e nella pianificazione territoriale, l’adozione di cautele che ne tengano conto.
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