Preso atto che la rigidità dei caratteri propri della nullità risulta non comprovata ma dogmaticamente presunta, apprezzata la “fi¬gura” come mero trattamento giuridico, indice di una regolamentazione applicabile all’atto, che in ragione di un giudizio da parte dell’ordinamento viene privato della capacità di produrre effetti in parte o in tutto ma non necessariamente, preso atto della intervenuta fungibilità e ibridazione dei rimedi, espressioni della necessità di una operatività modulabile dei rimedi medesimi, volta, in quanto tale, a non pregiudicare nel rispetto dell’interesse generale l’interesse del singolo contraente, si reputa sistematicamente non corretto giustifi¬care con riferimento all’art. 28, n. 1, l. not. l’orientamento che in presenza di una nullità rileva per ciò stesso una violazione dell’ultima richiamata disposizione legislativa, equiparando atti nulli e atti «espressamente proibiti dalla legge». L’imprescindibile esigenza di un’articolazione della disciplina pure all’interno dell’istituto della nullità è testimonianza dell’esistenza di una graduazione con riferimento all’imperatività del precetto, graduazione che impone una interpretazione dell’art. 28 cit. orientata ad escludere un fading della graduazione medesima, anche con speci¬fico riferimento a quel particolare momento costituito dall’applicazione delle sanzioni disciplinari previste dalla legge 16 febbraio 1913, n. 89. A fortiori la responsabilità del notaio a norma dei richiamati dati legislativi non può essere neppure mera conseguenza della non condivisione di princìpi di diritto enunciati dal Giudice di legittimità. L’accertamento interpretativo che a livello nomo¬filattico effettua con autorevolezza la Corte è sicuramente vòlto al conseguimento di una certa stabilità, ma tale stabilità non può che essere assolutamente relativa, in quanto la norma è per de¬finizione aperta al diritto vivente. Il notaio, rappresentando l’ordinamento nei confronti delle parti ma con pari dignità le parti nei confronti dell’ordinamento, è chiamato a far emergere le diverse dimensioni che il sociale propone e a gestire e - se del caso - a valorizzare nuovi pro¬li bisognosi di una manifestazione giuridica. Al notaio, pertanto, non può non essere riconosciuta la qualifi¬ca di interprete, di interprete che peraltro è chiamato ad operare nel momento ¬fisiologico della vicenda negoziale, a volte prima che il “mitico personaggio” traduca in norme regole in alcuni casi già suffi¬cientemente vecchie.
Nullità, funzione nomofilattica e sanzioni disciplinari Gli atti «espressamente proibiti dalla legge» di cui all’art. 28 l. n. 89/1913 Colloquio con la giurisprudenza
Achille Antonio Carrabba
2018-01-01
Abstract
Preso atto che la rigidità dei caratteri propri della nullità risulta non comprovata ma dogmaticamente presunta, apprezzata la “fi¬gura” come mero trattamento giuridico, indice di una regolamentazione applicabile all’atto, che in ragione di un giudizio da parte dell’ordinamento viene privato della capacità di produrre effetti in parte o in tutto ma non necessariamente, preso atto della intervenuta fungibilità e ibridazione dei rimedi, espressioni della necessità di una operatività modulabile dei rimedi medesimi, volta, in quanto tale, a non pregiudicare nel rispetto dell’interesse generale l’interesse del singolo contraente, si reputa sistematicamente non corretto giustifi¬care con riferimento all’art. 28, n. 1, l. not. l’orientamento che in presenza di una nullità rileva per ciò stesso una violazione dell’ultima richiamata disposizione legislativa, equiparando atti nulli e atti «espressamente proibiti dalla legge». L’imprescindibile esigenza di un’articolazione della disciplina pure all’interno dell’istituto della nullità è testimonianza dell’esistenza di una graduazione con riferimento all’imperatività del precetto, graduazione che impone una interpretazione dell’art. 28 cit. orientata ad escludere un fading della graduazione medesima, anche con speci¬fico riferimento a quel particolare momento costituito dall’applicazione delle sanzioni disciplinari previste dalla legge 16 febbraio 1913, n. 89. A fortiori la responsabilità del notaio a norma dei richiamati dati legislativi non può essere neppure mera conseguenza della non condivisione di princìpi di diritto enunciati dal Giudice di legittimità. L’accertamento interpretativo che a livello nomo¬filattico effettua con autorevolezza la Corte è sicuramente vòlto al conseguimento di una certa stabilità, ma tale stabilità non può che essere assolutamente relativa, in quanto la norma è per de¬finizione aperta al diritto vivente. Il notaio, rappresentando l’ordinamento nei confronti delle parti ma con pari dignità le parti nei confronti dell’ordinamento, è chiamato a far emergere le diverse dimensioni che il sociale propone e a gestire e - se del caso - a valorizzare nuovi pro¬li bisognosi di una manifestazione giuridica. Al notaio, pertanto, non può non essere riconosciuta la qualifi¬ca di interprete, di interprete che peraltro è chiamato ad operare nel momento ¬fisiologico della vicenda negoziale, a volte prima che il “mitico personaggio” traduca in norme regole in alcuni casi già suffi¬cientemente vecchie.File | Dimensione | Formato | |
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