L’immigrazione non è solo una questione di movimenti di popolazione, ma è una vicenda assai più complessa, in cui intervengono le politiche degli Stati riceventi, in relazione principalmente alle modalità (implicite o esplicite) di categorizzazione degli stranieri più o meno graditi, le reazioni delle società nei confronti dei nuovi arrivati e, naturalmente i migranti stessi. Dunque se concretamente il fenomeno è costituito “semplicemente” dal passaggio dalla sponda “povera” alla sponda “ricca” della geografia di un mondo terribilmente sperequato, da un punto di vista culturale le implicazioni sono profonde e molteplici. Occorre evidenziare il fatto che il fenomeno migratorio determina delle ricadute, spesso pesanti, sia sui paesi di origine che sui paesi di approdo: migrazione ed immigrazione, complementari nella sociologia di Abdelmalek Sayad, rinviano reciprocamente l’una all’altra come un fenomeno sociale complessivo, infatti ad ogni immigrazione in una società, corrisponde sempre un’emigrazione da un’altra società. Le relazioni tra gli esseri umani sono trasformate dalle migrazioni, dall’arrivo e della permanenza dei migranti (ma nei paesi di partenza le relazioni sono trasformate dalle partenze e dalle prolungate assenze degli stessi migranti), rinnovando la coabitazione e la compresenza di gruppi sociali ed individui sul territorio e nelle comunità. I paesi di origine (la “sponda povera”) vede depauperarsi il proprio capitale umano sia presente che potenziale, dal momento che a partire sono spesso giovani e giovanissimi, dunque forza lavoro e (potenziale) forza intellettuale, e il brain drain, il cosiddetto “drenaggio dei cervelli” è un ulteriore conseguenza nefasta sui già poveri paesi di provenienza. Osservando la realtà migratoria contemporanea, l’analisi di Sayad risulta essere ancora perfettamente attuale: Sayad studiò la migrazione algerina nella Francia degli anni Settanta, che fu una migrazione di massa da una società prevalentemente rurale verso una società urbana e industriale; ora come allora il fenomeno migratorio si manifesta come diretta conseguenza della colonizzazione; ora come allora ha come approdo paesi che rappresentano modelli rigidissimi di stati-nazione, rappresentanti di quell’“imperialismo dell’universale” di cui parlava Pierre Bourdieu. La questione del pluralismo culturale è centrale per rigettare l’etnocentrismo e ogni forma di discriminazione, incoraggiando un’etica di riconoscimento e di rispetto delle differenze.

"Da dove venite? Cosa andate cercando? Riflessioni minime sui miei simili in movimento"

Paolo Contini
2016-01-01

Abstract

L’immigrazione non è solo una questione di movimenti di popolazione, ma è una vicenda assai più complessa, in cui intervengono le politiche degli Stati riceventi, in relazione principalmente alle modalità (implicite o esplicite) di categorizzazione degli stranieri più o meno graditi, le reazioni delle società nei confronti dei nuovi arrivati e, naturalmente i migranti stessi. Dunque se concretamente il fenomeno è costituito “semplicemente” dal passaggio dalla sponda “povera” alla sponda “ricca” della geografia di un mondo terribilmente sperequato, da un punto di vista culturale le implicazioni sono profonde e molteplici. Occorre evidenziare il fatto che il fenomeno migratorio determina delle ricadute, spesso pesanti, sia sui paesi di origine che sui paesi di approdo: migrazione ed immigrazione, complementari nella sociologia di Abdelmalek Sayad, rinviano reciprocamente l’una all’altra come un fenomeno sociale complessivo, infatti ad ogni immigrazione in una società, corrisponde sempre un’emigrazione da un’altra società. Le relazioni tra gli esseri umani sono trasformate dalle migrazioni, dall’arrivo e della permanenza dei migranti (ma nei paesi di partenza le relazioni sono trasformate dalle partenze e dalle prolungate assenze degli stessi migranti), rinnovando la coabitazione e la compresenza di gruppi sociali ed individui sul territorio e nelle comunità. I paesi di origine (la “sponda povera”) vede depauperarsi il proprio capitale umano sia presente che potenziale, dal momento che a partire sono spesso giovani e giovanissimi, dunque forza lavoro e (potenziale) forza intellettuale, e il brain drain, il cosiddetto “drenaggio dei cervelli” è un ulteriore conseguenza nefasta sui già poveri paesi di provenienza. Osservando la realtà migratoria contemporanea, l’analisi di Sayad risulta essere ancora perfettamente attuale: Sayad studiò la migrazione algerina nella Francia degli anni Settanta, che fu una migrazione di massa da una società prevalentemente rurale verso una società urbana e industriale; ora come allora il fenomeno migratorio si manifesta come diretta conseguenza della colonizzazione; ora come allora ha come approdo paesi che rappresentano modelli rigidissimi di stati-nazione, rappresentanti di quell’“imperialismo dell’universale” di cui parlava Pierre Bourdieu. La questione del pluralismo culturale è centrale per rigettare l’etnocentrismo e ogni forma di discriminazione, incoraggiando un’etica di riconoscimento e di rispetto delle differenze.
2016
9788866471554
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/216712
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact