Marziale compose il suo ultimo libro di Epigrammi a Bilbilis nel 101 d.C. in occasione dell’arrivo di un illustre mecenate, l’influente Terenzio Prisco. Il poeta era tornato in Iberia in seguito alla morte di Domiziano e all’avvento di una dinastia a lui non propizia; egli, rimasto a Roma per più di trent’anni, aveva conosciuto una vasto successo di pubblico: le sue raccolte erano lette da molti e diffuse anche nelle province più lontane. L’epigramma aveva raggiunto con lui la sua massima duttilità: esso raccontava non solo il mondo interiore del suo autore, ma la vita stessa della città cosmopolita di cui si descriveva ogni particolare, dalla Suburra al palazzo imperiale. Nei carmi presi in esame (epigg.1-33) si cerca di mettere a fuoco la tecnica compositiva, il rapporto col pubblico anonimo, la sapiente tessitura linguistica, la raffinata variazione di motivi e personaggi stereotipati, l’adattamento a varie lunghezze e a metri diversi. Il XII libro è una raccolta molto particolare: tentativo non coronato da successo di rientrare nel panorama culturale romano, esso parla del ritorno nella terra d’origine come di una triste necessità, invoca l’aiuto degli antichi amici e di nuovi protettori, interroga timidamente i nuovi imperatori, offre un quadro assai avvilente della vita provinciale. Il sentimento più rimarcato è quello della nostalgia di Roma, fonte insostituibile della poesia epigrammatica, che vuole presentarsi come arte realistica e specchio della vita. Anche il lettore anonimo è chiamato a dare una mano: a lui Marziale offre gli epigrammi scherzosi a cui è abituato, e l’arte con cui ha reso questo genere letterario poliedrico e degno di un pubblico di intenditori raffinati.
DALLA SPAGNA. GLI EPIGRAMMI 1-33 DEL XII LIBRO DI MARZIALE
CRACA, Clotilde
2011-01-01
Abstract
Marziale compose il suo ultimo libro di Epigrammi a Bilbilis nel 101 d.C. in occasione dell’arrivo di un illustre mecenate, l’influente Terenzio Prisco. Il poeta era tornato in Iberia in seguito alla morte di Domiziano e all’avvento di una dinastia a lui non propizia; egli, rimasto a Roma per più di trent’anni, aveva conosciuto una vasto successo di pubblico: le sue raccolte erano lette da molti e diffuse anche nelle province più lontane. L’epigramma aveva raggiunto con lui la sua massima duttilità: esso raccontava non solo il mondo interiore del suo autore, ma la vita stessa della città cosmopolita di cui si descriveva ogni particolare, dalla Suburra al palazzo imperiale. Nei carmi presi in esame (epigg.1-33) si cerca di mettere a fuoco la tecnica compositiva, il rapporto col pubblico anonimo, la sapiente tessitura linguistica, la raffinata variazione di motivi e personaggi stereotipati, l’adattamento a varie lunghezze e a metri diversi. Il XII libro è una raccolta molto particolare: tentativo non coronato da successo di rientrare nel panorama culturale romano, esso parla del ritorno nella terra d’origine come di una triste necessità, invoca l’aiuto degli antichi amici e di nuovi protettori, interroga timidamente i nuovi imperatori, offre un quadro assai avvilente della vita provinciale. Il sentimento più rimarcato è quello della nostalgia di Roma, fonte insostituibile della poesia epigrammatica, che vuole presentarsi come arte realistica e specchio della vita. Anche il lettore anonimo è chiamato a dare una mano: a lui Marziale offre gli epigrammi scherzosi a cui è abituato, e l’arte con cui ha reso questo genere letterario poliedrico e degno di un pubblico di intenditori raffinati.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.