L’enfasi sull’uso dei dati per il miglioramento dei livelli di apprendimento degli studenti rappresenta uno dei trend più evidenti in ambito scolastico. I movimenti di school effectiveness e school improvement hanno esercitato una notevole pressione sugli insegnanti alimentando, spesso, identificazioni immediate e non sempre corrette: se gli studenti ottengono punteggi alti nelle prove abbiamo insegnanti di successo, se gli studenti hanno risultati di livello inferiore, la conclusione è opposta. Performance di livello superiore si possono però ottenere anche attraverso metodi “alternativi” come il teaching to the test e il cheating (Shepard, 2000). Le modalità utilizzate dagli insegnanti per prendere decisioni didattiche rispondenti al contesto classe non sono ancora ben definite e sufficientemente indagate: utilizzare i dati delle rilevazioni su vasta scala per informare le azioni didattiche sembra una pratica incoativa (Wyatt- Smith, 2000). Opportuno, allora, interrogarsi su quanto i dati delle Rilevazioni nazionali INVALSI supportino gli insegnanti a: –– stabilire le priorità dell’insegnamento, anche rispetto a chi presenta difficoltà o ritardi nell’apprendimento; –– ridefinire i metodi didattici; –– considerare se, e come, adattare le pratiche didattiche. Con un richiamo forte all’orientamento internazionale dell’Assessment for learning (Wiliam, 2010), i dati provenienti dalle indagini su larga scala possono essere utilizzati dagli insegnanti, non solo in ottica sistemica, per la progettazione e implementazione di percorsi di miglioramento, ma per restituire agli studenti, attraverso la pratica del formative assessment, informazioni dettagliate sul loro apprendimento e costruire così percorsi riflessivi e meta-cognitivi funzionali a una reale didattica per competenze. Dal punto di vista metodologico, il presente contributo si concentra sui dati delle Rilevazioni nazionali INVALSI condotte nell’a.s. 2013-14 e nell’a.s. 2014-15 e ricorrendo alle informazioni raccolte con il Questionario insegnante si focalizza sulle attività dei docenti di italiano delle classi quinte di scuola primaria. I dati raccolti mostrano come sia profonda la frattura tra le forme del classroom assessment e del large-scale assessment. Quest’ultimo appare quasi “rimosso” dal processo di istruzione, al punto che spesso il senso e la finalità di una simile forma di valutazione rimangono “oscuri” per gli insegnanti.
“Questione di feedback”: dati INVALSI e pratiche di valutazione in classe
Pastore Serafina
;
2017-01-01
Abstract
L’enfasi sull’uso dei dati per il miglioramento dei livelli di apprendimento degli studenti rappresenta uno dei trend più evidenti in ambito scolastico. I movimenti di school effectiveness e school improvement hanno esercitato una notevole pressione sugli insegnanti alimentando, spesso, identificazioni immediate e non sempre corrette: se gli studenti ottengono punteggi alti nelle prove abbiamo insegnanti di successo, se gli studenti hanno risultati di livello inferiore, la conclusione è opposta. Performance di livello superiore si possono però ottenere anche attraverso metodi “alternativi” come il teaching to the test e il cheating (Shepard, 2000). Le modalità utilizzate dagli insegnanti per prendere decisioni didattiche rispondenti al contesto classe non sono ancora ben definite e sufficientemente indagate: utilizzare i dati delle rilevazioni su vasta scala per informare le azioni didattiche sembra una pratica incoativa (Wyatt- Smith, 2000). Opportuno, allora, interrogarsi su quanto i dati delle Rilevazioni nazionali INVALSI supportino gli insegnanti a: –– stabilire le priorità dell’insegnamento, anche rispetto a chi presenta difficoltà o ritardi nell’apprendimento; –– ridefinire i metodi didattici; –– considerare se, e come, adattare le pratiche didattiche. Con un richiamo forte all’orientamento internazionale dell’Assessment for learning (Wiliam, 2010), i dati provenienti dalle indagini su larga scala possono essere utilizzati dagli insegnanti, non solo in ottica sistemica, per la progettazione e implementazione di percorsi di miglioramento, ma per restituire agli studenti, attraverso la pratica del formative assessment, informazioni dettagliate sul loro apprendimento e costruire così percorsi riflessivi e meta-cognitivi funzionali a una reale didattica per competenze. Dal punto di vista metodologico, il presente contributo si concentra sui dati delle Rilevazioni nazionali INVALSI condotte nell’a.s. 2013-14 e nell’a.s. 2014-15 e ricorrendo alle informazioni raccolte con il Questionario insegnante si focalizza sulle attività dei docenti di italiano delle classi quinte di scuola primaria. I dati raccolti mostrano come sia profonda la frattura tra le forme del classroom assessment e del large-scale assessment. Quest’ultimo appare quasi “rimosso” dal processo di istruzione, al punto che spesso il senso e la finalità di una simile forma di valutazione rimangono “oscuri” per gli insegnanti.File | Dimensione | Formato | |
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