Nel conflitto che, nel 1982, vide opporsi Gran Bretagna e Argentina per il possesso delle isole Falklands nell’Atlantico del Sud la posizione dell’Italia era tra le più delicate. Essa era partner europeo e alleato atlantico del Regno Unito; d’altra parte, però, era paese di origine di circa la metà della popolazione argentina. Circa un milione di argentini aveva passaporto italiano e gli scambi economici e commerciali con Buenos Aires erano di assoluto rilievo. La Comunità Europea dei Dieci si schierò compattamente a fianco della Gran Bretagna e comminò delle sanzioni economiche verso l’Argentina. L’Italia non esitò in questa fase ad uniformarsi ai partners europei e condannare il colpo di forza di Buenos Aires e la sua grave conseguente violazione del diritto internazionale. Il rinnovo delle sanzioni pose invece alcune difficoltà rivelatesi insormontabili. Le pressioni degli inglesi e anche degli americani, grandi mediatori diplomatici della crisi, furono reiterate ed assertive ma egualmente infruttuose. La mancata adesione italiana al rinnovo delle sanzioni contro l’Argentina costituì il primo vulnus ad una coerente tradizione europeista che risaliva al primo dopoguerra, e causò perplessità nel Regno Unito, paese amico, vicino ed alleato. Inoltre essa configurava un palese disallineamento con la lettera e lo spirito del piano Genscher-Colombo, per una più stretta e coordinata politica estera europea, presentato al Parlamento europeo nel novembre precedente. Nella decisione italiana prevalsero le considerazioni relative al pregio delle relazioni economiche tra Roma e Buenos Aires, ai profondi e risalenti legami tra i due popoli, all’interesse per il possibile bacino elettorale costituito dal voto argentino, e soprattutto le preoccupazioni sulla tenuta dell’esecutivo. La politica estera italiana esitò quindi tra la salvaguardia di tutte queste necessità e l’esigenza suprema di non generare una crisi del governo pentapartito guidato da Giovanni Spadolini, primo presidente del Consiglio non democristiano della storia repubblicana, e nel corso di una legislatura nata dopo le difficili elezioni politiche del 1979. In effetti la fragilità dell’esecutivo si manifestò con la sua caduta in agosto, e con la fine della stessa legislatura nel maggio successivo. Una prova difficile, anche se nel complesso superata, del paese ‘convalescente’ dopo la sconfitta del terrorismo e alla ricerca di una credibilità internazionale, che sarebbe maturata poco dopo con la partecipazione alle operazioni militari in Libano nell’agosto dell’82. Il saggio attinge alle fonti inedite costitute dai documenti britannici, solo recentemente resi accessibili, e le incrocia con la principale memorialistica dei protagonisti e con la bibliografia su quel periodo di storia repubblicana italiana.

Tra Londra e Buenos Aires: l'Italia e la guerra nelle Falklands

Neri, Nicola
2017-01-01

Abstract

Nel conflitto che, nel 1982, vide opporsi Gran Bretagna e Argentina per il possesso delle isole Falklands nell’Atlantico del Sud la posizione dell’Italia era tra le più delicate. Essa era partner europeo e alleato atlantico del Regno Unito; d’altra parte, però, era paese di origine di circa la metà della popolazione argentina. Circa un milione di argentini aveva passaporto italiano e gli scambi economici e commerciali con Buenos Aires erano di assoluto rilievo. La Comunità Europea dei Dieci si schierò compattamente a fianco della Gran Bretagna e comminò delle sanzioni economiche verso l’Argentina. L’Italia non esitò in questa fase ad uniformarsi ai partners europei e condannare il colpo di forza di Buenos Aires e la sua grave conseguente violazione del diritto internazionale. Il rinnovo delle sanzioni pose invece alcune difficoltà rivelatesi insormontabili. Le pressioni degli inglesi e anche degli americani, grandi mediatori diplomatici della crisi, furono reiterate ed assertive ma egualmente infruttuose. La mancata adesione italiana al rinnovo delle sanzioni contro l’Argentina costituì il primo vulnus ad una coerente tradizione europeista che risaliva al primo dopoguerra, e causò perplessità nel Regno Unito, paese amico, vicino ed alleato. Inoltre essa configurava un palese disallineamento con la lettera e lo spirito del piano Genscher-Colombo, per una più stretta e coordinata politica estera europea, presentato al Parlamento europeo nel novembre precedente. Nella decisione italiana prevalsero le considerazioni relative al pregio delle relazioni economiche tra Roma e Buenos Aires, ai profondi e risalenti legami tra i due popoli, all’interesse per il possibile bacino elettorale costituito dal voto argentino, e soprattutto le preoccupazioni sulla tenuta dell’esecutivo. La politica estera italiana esitò quindi tra la salvaguardia di tutte queste necessità e l’esigenza suprema di non generare una crisi del governo pentapartito guidato da Giovanni Spadolini, primo presidente del Consiglio non democristiano della storia repubblicana, e nel corso di una legislatura nata dopo le difficili elezioni politiche del 1979. In effetti la fragilità dell’esecutivo si manifestò con la sua caduta in agosto, e con la fine della stessa legislatura nel maggio successivo. Una prova difficile, anche se nel complesso superata, del paese ‘convalescente’ dopo la sconfitta del terrorismo e alla ricerca di una credibilità internazionale, che sarebbe maturata poco dopo con la partecipazione alle operazioni militari in Libano nell’agosto dell’82. Il saggio attinge alle fonti inedite costitute dai documenti britannici, solo recentemente resi accessibili, e le incrocia con la principale memorialistica dei protagonisti e con la bibliografia su quel periodo di storia repubblicana italiana.
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