La Corte costituzionale ha ritenuto, in passato, che l’art. 41 Cost. dovesse essere interpretato unitariamente, considerando cioè come parte della stessa struttura sia il diritto alla libertà di iniziativa economica sia i limiti alla medesima ritenendo che anche l’iniziativa economica privata dovesse svolgersi in armonia con gli indirizzi costituzionali stabiliti dall’art. 41, c. 3, Cost. L’iniziativa economica, in questa prospettiva, non può che corrispondere all’utilità sociale, riservandosi alla legge la disciplina sostanziale. Così facendo, invero, è stata aperta la strada ad una pressocchè illimitata inclusione di interessi di carattere collettivo, asseritamente coincidenti con l’utilità sociale, spingendo verso soluzioni protezionistiche e assistenzialistiche. Il processo di emancipazione dalle politiche economiche iperinterventiste, o stataliste, ha coinciso con la rapida progressione delle tappe verso una più stretta integrazione economica e monetaria a livello comunitario. Da quel momento in avanti hanno prevalso i vincoli conformativi dettati a livello dei trattati comunitari, spingendo, così, verso la realizzazione del sistema oggettivo del mercato. La riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione ha introdotto talune novità (che certamente importano il tema di cui si tratta), tra le quali, l’inversione dell’ordine delle materie spettanti alla competenza dello Stato e delle Regioni, il riconoscimento formale del diritto dell’Unione europea (una iniezione di modernità, per così dire, relativa, giacché i rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento nazionale erano ampiamente fissati dal primato del primo sul secondo) e l’aumento, o, potrebbe dirsi, l’espansione (di materie già, in qualche modo, di competenza regionale per effetto dei decreti legislativi d’attuazione della c.d. “legge Bassanini”) delle competenze in favore delle Regioni, soprattutto nella prospettiva della competenza residuale. L’attribuzione di maggiori competenze alle Regioni in materia economica ha rimesso in discussione taluni ambiti d’applicazione della disciplina sulla tutela della concorrenza, rivalutata, in generale, alla luce del rinnovato interesse nei confronti del mercato. La Corte costituzionale, infatti, per quanto le spetta, ha “ordinato” non solo il quadro relativo alle competenze Stato-Regioni, stabilendo, di volta in volta, a quale soggetto istituzionale “assegnare” la competenza legislativa rispetto alla “materia” oggetto del giudizio di costituzionalità, ma ha anche fornito un contributo fondamentale per quel che concerne i profili connessi all’ampiezza della competenza medesima verificando l’eventuale impatto sull’economia della misura prevista dalla legge (statale o regionale). La materia «tutela della concorrenza» porta con sé, per così dire, un ulteriore elemento dirimente come quello dell’incidenza dell’ordinamento comunitario sulla disciplina dell’economia, fortemente orientato alla tutela della concorrenza effettiva, e quello della politica economica internazionale. Quest’ultimo fattore limita il legislatore nazionale e regionale alla luce, inter alia, dell’art. 117, c. 1, Cost., che subordina le leggi (statali e regionali) al rispetto dell’ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali . Si tratta, quindi, di un vincolo in base al quale l’intera politica economica statale è soggetta agli orientamenti stabiliti in sede internazionale, che, nel propugnare un’economia mondiale fondata sulla tutela della concorrenza, dissolve la diga della sovranità economica statale e “materializza” nella Costituzione elementi extratestuali, per dir così, a forte contenuto integrazionista. Lo studio prende così in esame la giurisprudenza costituzionale a partire dall'approvazione delle modifiche costituzionali intervenute nel 2001 ponendo in luce, in particolare, il titolo competenziale di cui all'art. 117, c. 2, lett. e) e il rapporto intercorrente tra la "nozione" di "tutela della concorrenza" contenuta nella Costituzione e l'impostazione di matrice comunitaria.

La «tutela della concorrenza» nella giurisprudenza della Corte costituzionale

LUCHENA, Giovanni
2008-01-01

Abstract

La Corte costituzionale ha ritenuto, in passato, che l’art. 41 Cost. dovesse essere interpretato unitariamente, considerando cioè come parte della stessa struttura sia il diritto alla libertà di iniziativa economica sia i limiti alla medesima ritenendo che anche l’iniziativa economica privata dovesse svolgersi in armonia con gli indirizzi costituzionali stabiliti dall’art. 41, c. 3, Cost. L’iniziativa economica, in questa prospettiva, non può che corrispondere all’utilità sociale, riservandosi alla legge la disciplina sostanziale. Così facendo, invero, è stata aperta la strada ad una pressocchè illimitata inclusione di interessi di carattere collettivo, asseritamente coincidenti con l’utilità sociale, spingendo verso soluzioni protezionistiche e assistenzialistiche. Il processo di emancipazione dalle politiche economiche iperinterventiste, o stataliste, ha coinciso con la rapida progressione delle tappe verso una più stretta integrazione economica e monetaria a livello comunitario. Da quel momento in avanti hanno prevalso i vincoli conformativi dettati a livello dei trattati comunitari, spingendo, così, verso la realizzazione del sistema oggettivo del mercato. La riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione ha introdotto talune novità (che certamente importano il tema di cui si tratta), tra le quali, l’inversione dell’ordine delle materie spettanti alla competenza dello Stato e delle Regioni, il riconoscimento formale del diritto dell’Unione europea (una iniezione di modernità, per così dire, relativa, giacché i rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento nazionale erano ampiamente fissati dal primato del primo sul secondo) e l’aumento, o, potrebbe dirsi, l’espansione (di materie già, in qualche modo, di competenza regionale per effetto dei decreti legislativi d’attuazione della c.d. “legge Bassanini”) delle competenze in favore delle Regioni, soprattutto nella prospettiva della competenza residuale. L’attribuzione di maggiori competenze alle Regioni in materia economica ha rimesso in discussione taluni ambiti d’applicazione della disciplina sulla tutela della concorrenza, rivalutata, in generale, alla luce del rinnovato interesse nei confronti del mercato. La Corte costituzionale, infatti, per quanto le spetta, ha “ordinato” non solo il quadro relativo alle competenze Stato-Regioni, stabilendo, di volta in volta, a quale soggetto istituzionale “assegnare” la competenza legislativa rispetto alla “materia” oggetto del giudizio di costituzionalità, ma ha anche fornito un contributo fondamentale per quel che concerne i profili connessi all’ampiezza della competenza medesima verificando l’eventuale impatto sull’economia della misura prevista dalla legge (statale o regionale). La materia «tutela della concorrenza» porta con sé, per così dire, un ulteriore elemento dirimente come quello dell’incidenza dell’ordinamento comunitario sulla disciplina dell’economia, fortemente orientato alla tutela della concorrenza effettiva, e quello della politica economica internazionale. Quest’ultimo fattore limita il legislatore nazionale e regionale alla luce, inter alia, dell’art. 117, c. 1, Cost., che subordina le leggi (statali e regionali) al rispetto dell’ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali . Si tratta, quindi, di un vincolo in base al quale l’intera politica economica statale è soggetta agli orientamenti stabiliti in sede internazionale, che, nel propugnare un’economia mondiale fondata sulla tutela della concorrenza, dissolve la diga della sovranità economica statale e “materializza” nella Costituzione elementi extratestuali, per dir così, a forte contenuto integrazionista. Lo studio prende così in esame la giurisprudenza costituzionale a partire dall'approvazione delle modifiche costituzionali intervenute nel 2001 ponendo in luce, in particolare, il titolo competenziale di cui all'art. 117, c. 2, lett. e) e il rapporto intercorrente tra la "nozione" di "tutela della concorrenza" contenuta nella Costituzione e l'impostazione di matrice comunitaria.
2008
88-14-14338-2
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/21003
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