Le considerazioni che andremo a svolgere prendono le mosse dal fatto che un adeguato sviluppo del venture capital in Italia potrebbe permettere alle imprese di superare le difficoltà di crescita dimensionale, di aumentare il grado specializzazione in settori innovativi e di facilitare l’accesso alla quotazione sui mercati di borsa. Nonostante gli sviluppi degli ultimi anni, questa forma di finanziamento stenta ad affermarsi; anche all’interno dell’UE, l’Italia è fra i paesi con minori investimenti di venture capital I motivi della scarsa diffusione del venture capital, come evidenziato dall’ampia letteratura in materia, vanno innanzitutto ricercati nella imperfetta sostituibilità tra fonti finanziarie e nell’esistenza di una sorta di gerarchia tra le fonti di finanziamento che porta le imprese a coprire il proprio fabbisogno prima ricorrendo a fonti interne (autofinanziamento ) e, solo dopo esaurimento delle stesse, a fonti esterne, tra cui per ragioni di costo-opportunità, il ricorso al credito bancario è spesso preferito all’emissione di titoli obbligazionari ed azionari. La presenza di un intermediario che partecipi all’iniziativa imprenditoriale, appropriandosi di parte del valore creato dal progetto stesso, ed al contempo effettui un’attività di monitoring ed impegni la propria reputazione nell’operazione, sembra poter far raggiungere ciò che il ricorso alla cosiddetta finanza interna o informed non sembra in grado di ottenere: la minimizzazione dei costi di agenzia e la risoluzione della potenziale situazione di capital rationing. Sembra quindi che le fonti di finanziamento più appropriate siano il venture capital e l’informal venture capital (business angel) e secondariamente la raccolta di risorse sui mercati finanziari. Tra i motivi che possono spingere le imprese a preferire il business angel o il venture capital al credito bancario vi può essere il fatto di non possedere garanzie tangibili che, unitamente alle asimmetrie informative, costringerebbero l’intermediario bancario, se egualmente disposto a concedere il prestito, a cautelarsi fissando un alto tasso d’interesse. L’impresa potrebbe preferire quindi il ricorso ad un investitore in capitale di rischio che con il proprio know how può attutire le asimmetrie informative e non richiede garanzie. A tale proposito, alcuni autori fanno notare come nel caso delle imprese innovative a più alto rischio e con maggior probabilità di crescita, e le cui attività sono per lo più immateriali, spesso ricorrono al capitale azionario mentre quelle a minor rischio e con possibilità di concedere garanzie, perché in possesso di attività materiali, è più probabile che ricorrano al lending capital.
Il venture capital in Puglia (par. 4.4)
RONCONE, Valeria
2006-01-01
Abstract
Le considerazioni che andremo a svolgere prendono le mosse dal fatto che un adeguato sviluppo del venture capital in Italia potrebbe permettere alle imprese di superare le difficoltà di crescita dimensionale, di aumentare il grado specializzazione in settori innovativi e di facilitare l’accesso alla quotazione sui mercati di borsa. Nonostante gli sviluppi degli ultimi anni, questa forma di finanziamento stenta ad affermarsi; anche all’interno dell’UE, l’Italia è fra i paesi con minori investimenti di venture capital I motivi della scarsa diffusione del venture capital, come evidenziato dall’ampia letteratura in materia, vanno innanzitutto ricercati nella imperfetta sostituibilità tra fonti finanziarie e nell’esistenza di una sorta di gerarchia tra le fonti di finanziamento che porta le imprese a coprire il proprio fabbisogno prima ricorrendo a fonti interne (autofinanziamento ) e, solo dopo esaurimento delle stesse, a fonti esterne, tra cui per ragioni di costo-opportunità, il ricorso al credito bancario è spesso preferito all’emissione di titoli obbligazionari ed azionari. La presenza di un intermediario che partecipi all’iniziativa imprenditoriale, appropriandosi di parte del valore creato dal progetto stesso, ed al contempo effettui un’attività di monitoring ed impegni la propria reputazione nell’operazione, sembra poter far raggiungere ciò che il ricorso alla cosiddetta finanza interna o informed non sembra in grado di ottenere: la minimizzazione dei costi di agenzia e la risoluzione della potenziale situazione di capital rationing. Sembra quindi che le fonti di finanziamento più appropriate siano il venture capital e l’informal venture capital (business angel) e secondariamente la raccolta di risorse sui mercati finanziari. Tra i motivi che possono spingere le imprese a preferire il business angel o il venture capital al credito bancario vi può essere il fatto di non possedere garanzie tangibili che, unitamente alle asimmetrie informative, costringerebbero l’intermediario bancario, se egualmente disposto a concedere il prestito, a cautelarsi fissando un alto tasso d’interesse. L’impresa potrebbe preferire quindi il ricorso ad un investitore in capitale di rischio che con il proprio know how può attutire le asimmetrie informative e non richiede garanzie. A tale proposito, alcuni autori fanno notare come nel caso delle imprese innovative a più alto rischio e con maggior probabilità di crescita, e le cui attività sono per lo più immateriali, spesso ricorrono al capitale azionario mentre quelle a minor rischio e con possibilità di concedere garanzie, perché in possesso di attività materiali, è più probabile che ricorrano al lending capital.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.