Nell'ambito del programma delle attività didattiche degli insegnamenti di "Storia e tecniche del restauro materiali lapidei” del corso di studi in "Conservazione e Restauro dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro", si è individuato come cantiere–scuola il restauro dei gradini dell’area presbiteriale della Basilica di San Nicola a Bari; l’intervento, iniziato nel febbraio 2016 è stato concluso nel maggio 2017. L’altare maggiore, sovrastato dal ciborio, è sopraelevato da tre gradini realizzati in marmi di spoglio, di cui il terzo reca sull’alzata una lunga iscrizione metrica relativa al programma decorativo promosso dall’abate Eustazio, mentre sull’alzata degli altri due sono presenti fregi fitomorfi e zoomorfi. Le decorazioni sono realizzate con la tecnica della scultura con incrostazioni di mastice, costituita da un amalgama, la cui colorazione varia dal rosso mattone al verde-grigio, con inclusi in paste vitree colorate, inserito in alveoli scavati nel supporto marmoreo. La particolare tecnica esecutiva dei gradini dell’altare maggiore della Basilica di San Nicola rappresenta uno degli esempi di scultura ad incrostazione di mastice, documentata fin dall’epoca romana, ripresa in epoca bizantina ed affermatasi in epoca medioevale tra XI e XIII secolo che ebbe una grande diffusione in area orientale e in maniera alquanto significativa in Italia, in particolare in Puglia, dove si ritrovano molti esempi di grande raffinatezza. Varie sono le problematiche connesse alla terminologia; spesso gli studiosi hanno utilizzato termini come scultura a niello o a champlevé per indicare la tecnica con cui venivano realizzati i manufatti lapidei decorati con amalgami colorati applicati all’interno di alveoli scavati nel supporto. Questa inesatta e fuorviante terminologia nasce dalla convinzione che questa tecnica sia stata mutuata dalle tipiche lavorazioni dei metalli preziosi e che a queste sia affine per pratiche esecutive ed esiti formali. Grazie agli studi condotti dallo storico Fabio Coden [1], autore di un Corpus di recente pubblicazione, finalmente, con competenza e rigore, sono stati sciolti alcuni nodi della querelle in relazione alla terminologia ed alla tecnica esecutiva, negando la derivazione dalle tecniche metallurgiche ed affermando che la scultura ad incrostazione di mastice gode di una piena autonomia di impiego. Sulla base della esperienza maturata nel corso dei due anni di cantiere si intende contribuire alla conoscenza di alcuni aspetti connessi ai materiali costitutivi con cui si realizzava il mastice per fare chiarezza sulla composizione dell’amalgama utilizzato per colmare gli alveoli, in quanto fin ad ora le ipotesi formulate non sono state accompagnate da una probante verifica scientifica. È stata effettuata una campagna di indagine su diversi campioni di incrostazione di mastice di diverse colorazioni al fine di caratterizzare i frammenti litoidi e vetrosi nonché di determinare la composizione della matrice. L’attività pratica di cantiere ha consentito di individuare i fenomeni di degrado presenti sulle incrostazioni di mastice, nelle quali si sono riscontrate diffuse mancanze sia all’interno della iscrizione di Eustazio che nei motivi decorativi fitomorfi e zoomorfi. Evidente la perdita della originale finitura del riempimento a mastice, che prevedeva in fase di esecuzione un’accurata levigatura del materiale; l’amalgama presenta, infatti, scabrosità ed irregolarità superficiali. In aree circoscritte sono stati rilevati fenomeni di decoesione e polverizzazione, con conseguente perdita di materiale costitutivo. I due anni di cantiere hanno consentito di mettere a punto una metodologia di intervento che, pur tenendo conto della fragilità e sensibilità del mastice ai mezzi acquosi, consentisse di effettuare la pulitura del marmo di supporto all’amalgama, individuando nel ciclododecano il materiale più idoneo a svolgere una azione protettiva temporanea durante la fase di pulitura.

La scultura ad incrostazioni di mastice della Basilica di San Nicola a Bari: considerazioni sulla tecnica esecutiva e sull’intervento di restauro

MARTINELLI, ANTONELLA;ACQUAFREDDA, Pasquale;VAN DER WERF, INEZ DOROTHE'
2017-01-01

Abstract

Nell'ambito del programma delle attività didattiche degli insegnamenti di "Storia e tecniche del restauro materiali lapidei” del corso di studi in "Conservazione e Restauro dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro", si è individuato come cantiere–scuola il restauro dei gradini dell’area presbiteriale della Basilica di San Nicola a Bari; l’intervento, iniziato nel febbraio 2016 è stato concluso nel maggio 2017. L’altare maggiore, sovrastato dal ciborio, è sopraelevato da tre gradini realizzati in marmi di spoglio, di cui il terzo reca sull’alzata una lunga iscrizione metrica relativa al programma decorativo promosso dall’abate Eustazio, mentre sull’alzata degli altri due sono presenti fregi fitomorfi e zoomorfi. Le decorazioni sono realizzate con la tecnica della scultura con incrostazioni di mastice, costituita da un amalgama, la cui colorazione varia dal rosso mattone al verde-grigio, con inclusi in paste vitree colorate, inserito in alveoli scavati nel supporto marmoreo. La particolare tecnica esecutiva dei gradini dell’altare maggiore della Basilica di San Nicola rappresenta uno degli esempi di scultura ad incrostazione di mastice, documentata fin dall’epoca romana, ripresa in epoca bizantina ed affermatasi in epoca medioevale tra XI e XIII secolo che ebbe una grande diffusione in area orientale e in maniera alquanto significativa in Italia, in particolare in Puglia, dove si ritrovano molti esempi di grande raffinatezza. Varie sono le problematiche connesse alla terminologia; spesso gli studiosi hanno utilizzato termini come scultura a niello o a champlevé per indicare la tecnica con cui venivano realizzati i manufatti lapidei decorati con amalgami colorati applicati all’interno di alveoli scavati nel supporto. Questa inesatta e fuorviante terminologia nasce dalla convinzione che questa tecnica sia stata mutuata dalle tipiche lavorazioni dei metalli preziosi e che a queste sia affine per pratiche esecutive ed esiti formali. Grazie agli studi condotti dallo storico Fabio Coden [1], autore di un Corpus di recente pubblicazione, finalmente, con competenza e rigore, sono stati sciolti alcuni nodi della querelle in relazione alla terminologia ed alla tecnica esecutiva, negando la derivazione dalle tecniche metallurgiche ed affermando che la scultura ad incrostazione di mastice gode di una piena autonomia di impiego. Sulla base della esperienza maturata nel corso dei due anni di cantiere si intende contribuire alla conoscenza di alcuni aspetti connessi ai materiali costitutivi con cui si realizzava il mastice per fare chiarezza sulla composizione dell’amalgama utilizzato per colmare gli alveoli, in quanto fin ad ora le ipotesi formulate non sono state accompagnate da una probante verifica scientifica. È stata effettuata una campagna di indagine su diversi campioni di incrostazione di mastice di diverse colorazioni al fine di caratterizzare i frammenti litoidi e vetrosi nonché di determinare la composizione della matrice. L’attività pratica di cantiere ha consentito di individuare i fenomeni di degrado presenti sulle incrostazioni di mastice, nelle quali si sono riscontrate diffuse mancanze sia all’interno della iscrizione di Eustazio che nei motivi decorativi fitomorfi e zoomorfi. Evidente la perdita della originale finitura del riempimento a mastice, che prevedeva in fase di esecuzione un’accurata levigatura del materiale; l’amalgama presenta, infatti, scabrosità ed irregolarità superficiali. In aree circoscritte sono stati rilevati fenomeni di decoesione e polverizzazione, con conseguente perdita di materiale costitutivo. I due anni di cantiere hanno consentito di mettere a punto una metodologia di intervento che, pur tenendo conto della fragilità e sensibilità del mastice ai mezzi acquosi, consentisse di effettuare la pulitura del marmo di supporto all’amalgama, individuando nel ciclododecano il materiale più idoneo a svolgere una azione protettiva temporanea durante la fase di pulitura.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/200921
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact