Il volume analizza l’effettiva portata e utilità dell’interrogatorio delle parti nel processo civile, istituto che, pur rivestendo grande rilievo, non ha mai costituito oggetto di una trattazione monografica. La prima parte del lavoro ripercorre la storia dell’interrogatorio dalle origini ai nostri giorni, approfondendo le tappe di una lunga evoluzione, dal processo civile romano al c.p.c. del 1865, che prevedeva un solo interpello, deferibile da una parte all’altra su fatti specifici e noti in anticipo all’interrogando. La disciplina dettata dal vecchio codice fu oggetto di varie proposte di modifica nei progetti di riforma che si susseguirono sino ai progetti Solmi, i quali, nel prevedere il cumulo del tradizionale interrogatorio per articoli con un nuovo interrogatorio d’ufficio, gettarono le basi dell’originale soluzione varata dal nuovo c.p.c., segnando una svolta nella storia dell’istituto. Si deve infatti al codice del 1940 l’introduzione di due interrogatori dalle caratteristiche e dalle finalità diametralmente opposte: quello formale, regolato, non diversamente dal vecchio codice, come mezzo subordinato all’iniziativa di parte e preordinato a far confessare l’avversario sui fatti dedotti; e quello non formale o libero, quale strumento nuovo, affidato al potere totalmente discrezionale del giudice e diretto a chiarire i fatti nonché a somministrare gli inediti “argomenti di prova”, giammai una confessione con efficacia di piena prova. Il nuovo interrogatorio libero, che fu presentato nella Relazione sul c.p.c. come una novità di fondamentale importanza, nella realtà applicativa si rivelò subito, per unanime riconoscimento, un clamoroso insuccesso. Accantonate le critiche alla disciplina, formulate agli inizi degli anni Cinquanta del secolo scorso, soltanto nel 1973, con la riforma del processo del lavoro, e nel 1990, con quella del processo ordinario di cognizione, il legislatore è intervenuto sull’interrogatorio libero per stabilirne l’obbligatorietà in limine litis, in quanto strumento essenziale per chiarire i fatti e determinare il thema decidendum e probandum nei processi connotati da preclusioni. Nel 2003, però, con la riforma del processo societario, il legislatore è tornato a puntare sulla discrezionalità del giudice, dando il via a un’inversione di tendenza che avrebbe avuto il suo punto d’arrivo due anni dopo, nel 2005, con la soppressione dell’obbligatorietà nel processo ordinario, unitamente alla novità del libero interrogatorio su richiesta congiunta delle parti. Sicché, mentre l’interrogatorio formale non ha mai subito modifiche, quello libero è stato oggetto di diversi interventi normativi che tuttavia non hanno mai riguardato la disposizione generale dell’art. 117 c.p.c., rimasta immutata. La seconda parte del volume è invece interamente dedicata alla disciplina positiva e alle principali questioni sollevate sia dall’interrogatorio formale sia da quello libero, che nelle sue varie species presenta ben maggiori profili di criticità (a cominciare dall’ampia discrezionalità sull’an, sul quando e sul quomodo riconosciuta al giudice dall’art. 117 c.p.c. per terminare con il problema, assai delicato, dell’efficacia probatoria delle risposte contra se). A ingarbugliare ancora di più la matassa è la circostanza che nella prassi si assiste ad una singolare inversione di ruoli, giacché l’interrogatorio formale, da essere uno strumento istruttorio, si rivela un istituto utile a chiarire e determinare i fatti di causa; quello libero, da essere un mezzo ad clarificandum, si configura nell’evoluzione giurisprudenziale come un istituto con vocazione probatoria. Il lavoro si chiude rivolgendo lo sguardo ad alcune esperienze straniere e alle prospettive de iure condendo.
L'INTERROGATORIO DELLE PARTI NEL PROCESSO CIVILE
REALI, Giovanna
2009-01-01
Abstract
Il volume analizza l’effettiva portata e utilità dell’interrogatorio delle parti nel processo civile, istituto che, pur rivestendo grande rilievo, non ha mai costituito oggetto di una trattazione monografica. La prima parte del lavoro ripercorre la storia dell’interrogatorio dalle origini ai nostri giorni, approfondendo le tappe di una lunga evoluzione, dal processo civile romano al c.p.c. del 1865, che prevedeva un solo interpello, deferibile da una parte all’altra su fatti specifici e noti in anticipo all’interrogando. La disciplina dettata dal vecchio codice fu oggetto di varie proposte di modifica nei progetti di riforma che si susseguirono sino ai progetti Solmi, i quali, nel prevedere il cumulo del tradizionale interrogatorio per articoli con un nuovo interrogatorio d’ufficio, gettarono le basi dell’originale soluzione varata dal nuovo c.p.c., segnando una svolta nella storia dell’istituto. Si deve infatti al codice del 1940 l’introduzione di due interrogatori dalle caratteristiche e dalle finalità diametralmente opposte: quello formale, regolato, non diversamente dal vecchio codice, come mezzo subordinato all’iniziativa di parte e preordinato a far confessare l’avversario sui fatti dedotti; e quello non formale o libero, quale strumento nuovo, affidato al potere totalmente discrezionale del giudice e diretto a chiarire i fatti nonché a somministrare gli inediti “argomenti di prova”, giammai una confessione con efficacia di piena prova. Il nuovo interrogatorio libero, che fu presentato nella Relazione sul c.p.c. come una novità di fondamentale importanza, nella realtà applicativa si rivelò subito, per unanime riconoscimento, un clamoroso insuccesso. Accantonate le critiche alla disciplina, formulate agli inizi degli anni Cinquanta del secolo scorso, soltanto nel 1973, con la riforma del processo del lavoro, e nel 1990, con quella del processo ordinario di cognizione, il legislatore è intervenuto sull’interrogatorio libero per stabilirne l’obbligatorietà in limine litis, in quanto strumento essenziale per chiarire i fatti e determinare il thema decidendum e probandum nei processi connotati da preclusioni. Nel 2003, però, con la riforma del processo societario, il legislatore è tornato a puntare sulla discrezionalità del giudice, dando il via a un’inversione di tendenza che avrebbe avuto il suo punto d’arrivo due anni dopo, nel 2005, con la soppressione dell’obbligatorietà nel processo ordinario, unitamente alla novità del libero interrogatorio su richiesta congiunta delle parti. Sicché, mentre l’interrogatorio formale non ha mai subito modifiche, quello libero è stato oggetto di diversi interventi normativi che tuttavia non hanno mai riguardato la disposizione generale dell’art. 117 c.p.c., rimasta immutata. La seconda parte del volume è invece interamente dedicata alla disciplina positiva e alle principali questioni sollevate sia dall’interrogatorio formale sia da quello libero, che nelle sue varie species presenta ben maggiori profili di criticità (a cominciare dall’ampia discrezionalità sull’an, sul quando e sul quomodo riconosciuta al giudice dall’art. 117 c.p.c. per terminare con il problema, assai delicato, dell’efficacia probatoria delle risposte contra se). A ingarbugliare ancora di più la matassa è la circostanza che nella prassi si assiste ad una singolare inversione di ruoli, giacché l’interrogatorio formale, da essere uno strumento istruttorio, si rivela un istituto utile a chiarire e determinare i fatti di causa; quello libero, da essere un mezzo ad clarificandum, si configura nell’evoluzione giurisprudenziale come un istituto con vocazione probatoria. Il lavoro si chiude rivolgendo lo sguardo ad alcune esperienze straniere e alle prospettive de iure condendo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.