Fra gli estremi cronologici del 18 aprile 1948 e del 14 aprile 2008 – rispettivamente incipit ed explicit politici di una lunga stagione incaricata di fare i conti con le precedenti inadeguatezze del ceto intellettuale italiano, quando non con le sue connivenze con la dittatura – si stende una fiorente storia della poesia, seguita in queste pagine con un atteggiamento né assertivo né classificatorio, bensì curioso sia dei percorsi più acclarati e consolidati nella tradizione critica, sia di quelli più discosti e insoliti. Quindici anni di frequentazione della poesia e dei poeti mostrano qui il proprio frutto, alimentato da una non secondaria vocazione didattica, nella convinzione che la critica letteraria sia funzionale soprattutto alla costruzione di un senso critico diffuso e alla promozione di una più profonda consapevolezza del presente. Storiografia e militanza possono trovare, allora, il proprio punto di convergenza nella nozione di testimonianza, ovvero in una critica come racconto di ciò di cui si è a conoscenza, rapido se l’oggetto è distante ovvero più articolato quando lo sguardo dello studioso ha potuto trascorrere dal profilo all’analisi: primi piani e panoramiche dipendono solo dalla posizione ‘fisica’ assunta dal riguardante, non dalla presunzione di proporre gerarchie o proporzioni fra gli accadimenti di un tempo letterario ancora troppo ravvicinato per essere fissato a distanza. In coerenza con questa concezione le quattro o cinque generazioni di poeti oggetto di studio (una dozzina per ciascuna di esse, da Bertolucci e Luzi a Sanguineti e Raboni; da Insana e Piersanti a Magrelli e Rondoni) sono sottratte sia all’artificiosa creazione di correnti e filoni, sia alla tentazione della trattazione monografica per autore: il critico-testimone sposta lo sguardo sul paesaggio letterario degli ultimi sessant’anni e coglie progressivamente quattro larghe ‘inquadrature’ (la metafisica, lo sperimentalismo, la neo-dialettalità e il realismo) entro cui si spiegano le singole poetiche e le singole opzioni di stile, rivelando contiguità e affinità, più che appartenenze o parentele. E può darsi il caso anche di margini di sovrapposizione fra un ‘quadro’ e l’altro, proprio come avviene in un vasto panorama fotografato per scatti successivi. Incorniciate da due celebri poesie di Scotellaro e Sereni e da due inediti di Angiuli e D’Elia e introdotte da uno sguardo sulle premesse novecentesche ritenute indispensabili (Pascoli e D’Annunzio; Campana; il Cabaret Voltaire), le quattro sezioni successive seguono il modificarsi generazionale e geografico (dalle ‘metropoli letterarie’ di Milano, Firenze e Roma ad aree oggi significativamente vivaci come il Veneto, le Marche e la Puglia) di una scrittura di volta in volta orientata alla speculazione, alla sperimentazione, al bilinguismo oppositivo e al canto della realtà.
Critico e testimone. Storia militante della poesia italiana 1948-2008
PEGORARI, DANIELE MARIA
2009-01-01
Abstract
Fra gli estremi cronologici del 18 aprile 1948 e del 14 aprile 2008 – rispettivamente incipit ed explicit politici di una lunga stagione incaricata di fare i conti con le precedenti inadeguatezze del ceto intellettuale italiano, quando non con le sue connivenze con la dittatura – si stende una fiorente storia della poesia, seguita in queste pagine con un atteggiamento né assertivo né classificatorio, bensì curioso sia dei percorsi più acclarati e consolidati nella tradizione critica, sia di quelli più discosti e insoliti. Quindici anni di frequentazione della poesia e dei poeti mostrano qui il proprio frutto, alimentato da una non secondaria vocazione didattica, nella convinzione che la critica letteraria sia funzionale soprattutto alla costruzione di un senso critico diffuso e alla promozione di una più profonda consapevolezza del presente. Storiografia e militanza possono trovare, allora, il proprio punto di convergenza nella nozione di testimonianza, ovvero in una critica come racconto di ciò di cui si è a conoscenza, rapido se l’oggetto è distante ovvero più articolato quando lo sguardo dello studioso ha potuto trascorrere dal profilo all’analisi: primi piani e panoramiche dipendono solo dalla posizione ‘fisica’ assunta dal riguardante, non dalla presunzione di proporre gerarchie o proporzioni fra gli accadimenti di un tempo letterario ancora troppo ravvicinato per essere fissato a distanza. In coerenza con questa concezione le quattro o cinque generazioni di poeti oggetto di studio (una dozzina per ciascuna di esse, da Bertolucci e Luzi a Sanguineti e Raboni; da Insana e Piersanti a Magrelli e Rondoni) sono sottratte sia all’artificiosa creazione di correnti e filoni, sia alla tentazione della trattazione monografica per autore: il critico-testimone sposta lo sguardo sul paesaggio letterario degli ultimi sessant’anni e coglie progressivamente quattro larghe ‘inquadrature’ (la metafisica, lo sperimentalismo, la neo-dialettalità e il realismo) entro cui si spiegano le singole poetiche e le singole opzioni di stile, rivelando contiguità e affinità, più che appartenenze o parentele. E può darsi il caso anche di margini di sovrapposizione fra un ‘quadro’ e l’altro, proprio come avviene in un vasto panorama fotografato per scatti successivi. Incorniciate da due celebri poesie di Scotellaro e Sereni e da due inediti di Angiuli e D’Elia e introdotte da uno sguardo sulle premesse novecentesche ritenute indispensabili (Pascoli e D’Annunzio; Campana; il Cabaret Voltaire), le quattro sezioni successive seguono il modificarsi generazionale e geografico (dalle ‘metropoli letterarie’ di Milano, Firenze e Roma ad aree oggi significativamente vivaci come il Veneto, le Marche e la Puglia) di una scrittura di volta in volta orientata alla speculazione, alla sperimentazione, al bilinguismo oppositivo e al canto della realtà.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.