Il volume dedica la sua attenzione alla scultura lapidea mariana databile tra la fine del XIII secolo e gli inizi del XV. L'indagine, realizzata a tappeto sul territorio pugliese, ma interessata alla attestazioni meno note e inedite, cerca di tracciare un filo rosso tra testimonianze apparentemente slegate tra loro. Se da un lato emerge una produzione prettamente locale e di qualità mediocre, in altri casi si individuano pezzi di altissima qualità, come la Vergine attribuita a Tino di Camaino conservata a Galatina e il sepolcro a un maestro campano vicino ai modi tineschi conservato a Lucera. L'iconografia mariana viene indagata da più aspetti, dando spiegazione a una serie di motivi (come quello della Vergine che tocca o trattiene il piedino o la caviglia del Bambino o del Bambino che marcia sulle sue gambe, o ancora le afferra un lembo del mantello o prova ad afferrare la melagrana nella mano della Vergine...) e iconemi che non avevano mai trovato una codificazione compiuta. I significati spirituali vengono poi intrecciati con quelli politici, evidenti soprattutto nei portali di alcune cattedrali pugliesi, dove la Vergine viene raffigurata come una regina francese, con tanto di corona gigliata sulla testa. L'indagine è estesa anche alla coeva scultura lignea e alla pittura, così da individuarne relazioni e contaminazioni. Spazio d'eccezione è riservato alla produzione eburnea gotica, soprattutto francese, ma anche italiana, che rivela il suo forte potere di influenza sulla scultura monumentale dell'epoca. La storia della scultura pugliese in età angioina viene ricostruita mediante l'analisi dei manufatti mariani, oggetti privilegiati di un momento storico fortemente influenzato dalla spiritualità, a differenza di quanto era accaduto nella medesima regione in età federiciana.

M. MIGNOZZI, Disiecta membra. Madonne di pietra nella Puglia angioina [Marenostrum. Segmenta, 1], Bari 2013, ISBN 978-88-67171-06-4.

MIGNOZZI, MARCELLO
2013-01-01

Abstract

Il volume dedica la sua attenzione alla scultura lapidea mariana databile tra la fine del XIII secolo e gli inizi del XV. L'indagine, realizzata a tappeto sul territorio pugliese, ma interessata alla attestazioni meno note e inedite, cerca di tracciare un filo rosso tra testimonianze apparentemente slegate tra loro. Se da un lato emerge una produzione prettamente locale e di qualità mediocre, in altri casi si individuano pezzi di altissima qualità, come la Vergine attribuita a Tino di Camaino conservata a Galatina e il sepolcro a un maestro campano vicino ai modi tineschi conservato a Lucera. L'iconografia mariana viene indagata da più aspetti, dando spiegazione a una serie di motivi (come quello della Vergine che tocca o trattiene il piedino o la caviglia del Bambino o del Bambino che marcia sulle sue gambe, o ancora le afferra un lembo del mantello o prova ad afferrare la melagrana nella mano della Vergine...) e iconemi che non avevano mai trovato una codificazione compiuta. I significati spirituali vengono poi intrecciati con quelli politici, evidenti soprattutto nei portali di alcune cattedrali pugliesi, dove la Vergine viene raffigurata come una regina francese, con tanto di corona gigliata sulla testa. L'indagine è estesa anche alla coeva scultura lignea e alla pittura, così da individuarne relazioni e contaminazioni. Spazio d'eccezione è riservato alla produzione eburnea gotica, soprattutto francese, ma anche italiana, che rivela il suo forte potere di influenza sulla scultura monumentale dell'epoca. La storia della scultura pugliese in età angioina viene ricostruita mediante l'analisi dei manufatti mariani, oggetti privilegiati di un momento storico fortemente influenzato dalla spiritualità, a differenza di quanto era accaduto nella medesima regione in età federiciana.
2013
978-88-67171-06-4
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