Il problema della sicurezza della navigazione risulta profondamente legato ai differenti livelli qualitativi delle infrastrutture, alle condizioni delle navi, ai sistemi di controllo esistenti e ai differenti livelli di professionalità del personale, per cui per una modalità quale il trasporto marittimo, fortemente organizzata e tecnologicamente avanzata, la sicurezza è legata ai controlli automatici, centralizzati e standardizzati. Le attività portuali sono infatti causa di alterazione della qualità delle acque e dei sedimenti, della qualità dell’aria, di modifiche del paesaggio, soprattutto in fase di costruzione delle opere, nonché di incremento del rumore e del traffico. Nella consapevolezza del ruolo di estrema rilevanza che i traffici marittimi hanno nel contesto dell’economia di un Paese industrializzato, quale per esempio l’Italia, occorre che le scelte progettuali e gestionali siano orientate alla minimizzazione dell’impatto ambientale complessivo. In Italia, per quel che concerne i porti e in particolare le infrastrutture portuali, dal 1998 viene richiesto lo studio di impatto ambientale (SIA): questa innovazione potenzialmente può permettere una pianificazione razionale dell’attività marittima in rapporto alle altre attività umane e, in generale, all’ambiente. Nell’ambito portuale, dove per motivi temporali e di operatività si ha una concentrazione dei fattori di rischio e/o disturbo, gli impatti di esercizio della nave possono risultare particolarmente significativi. In conformità alla politica comunitaria sulla sicurezza delle navi, e compatibilmente con le tecnologie disponibili, al fine di prevenire gli incidenti in mare o di limitare le conseguenze dei sinistri marittimi nei quali sono coinvolte navi cisterna, la legge n. 51 del 7 marzo 2001, promuove l’uso di navi cisterna a basso impatto ambientale e dotate dei più elevati standard di sicurezza. Tale legge disciplina, tra l’altro, lo sviluppo dell’attività di controllo e assistenza al traffico marittimo mercantile che interessa i porti italiani e le acque antistanti le coste nazionali. Inoltre, per la salvaguardia della sicurezza della navigazione, sono importanti le disposizioni recanti sia il divieto di accesso di alcune navi nei porti nazionali sia l’obbligo di ridurre gli scarichi in mare, in particolare quelli illeciti, dei rifiuti e dei residui del carico prodotti dalle navi che utilizzano porti situati nel territorio dello Stato, nonché di migliorare la disponibilità e l’utilizzo degli impianti portuali di raccolta. Tralasciando gli aspetti tecnici che riguardano le singole navi, alla luce dei più recenti orientamenti comunitari, che prevedono una politica globale di sicurezza dei porti e delle navi, l’Autore ritiene necessario che le Autorità portuali in primis si facciano carico di una gestione integrata attraverso un’attività di pianificazione, implementazione, monitoraggio e valutazione della sicurezza e dello stato dell’ambiente. Questi aspetti costituiscono, ad avviso dell’Autore, elementi imprescindibili dagli altri fattori che determinano l’efficienza portuale e, in termini più generali, le condizioni di servizio. L’individuazione, ex ante, di un management framework, nell’ambito del quale la gestione integrata della costa e l’analisi di rischio siano efficacemente sviluppati, permette di intervenire adeguatamente ex post ed evita gravi disfunzioni nell’intero impianto portuale. Un esempio di pianificazione per la verifica della sicurezza è quello adottato in Giappone e schematizzato nella Figura 1. Lo schema ripropone il flusso del sistema di verifica basato su tecniche di simulazione. Il sistema mira a verificare la razionalità dei piani di trasporto marittimo, il rischio di collisione in parallelo a determinati volumi di traffico e le operazioni di handling. In questo lavoro verrà fornita una simulazione per le regioni adriatico-joniche. Come ricorda Marchese (1996), le funzioni di pianificazione e di propulsione dei piani portuali possono essere esplicati efficacemente solo se l’Autorità portuale ha un effettivo e concreto potere di iniziativa anche in materia di opere e interventi infrastrutturali. Questo non significa che lo stato non debba avere il compito del coordinamento generale degli interventi e degli investimenti infrastrutturali nei porti, in quanto lo stato continua a conservare i poteri di disamina, valutazione, approvazione, coerenza e compatibilità con la normativa del settore. Alla luce di quanto esposto, in questo paper l’Autore illustrerà gli interventi nazionali e regionali previsti e realizzati lungo la costa adriatica e jonica in una visione strategica e programmatoria e presenterà una simulazione per la verifica della sicurezza marittima nella zona in esame.

Gli investimenti marittimi e la sicurezza nei trasporti: l'area Adriatico-Jonica

VENEZIA, ELISABETTA
2015-01-01

Abstract

Il problema della sicurezza della navigazione risulta profondamente legato ai differenti livelli qualitativi delle infrastrutture, alle condizioni delle navi, ai sistemi di controllo esistenti e ai differenti livelli di professionalità del personale, per cui per una modalità quale il trasporto marittimo, fortemente organizzata e tecnologicamente avanzata, la sicurezza è legata ai controlli automatici, centralizzati e standardizzati. Le attività portuali sono infatti causa di alterazione della qualità delle acque e dei sedimenti, della qualità dell’aria, di modifiche del paesaggio, soprattutto in fase di costruzione delle opere, nonché di incremento del rumore e del traffico. Nella consapevolezza del ruolo di estrema rilevanza che i traffici marittimi hanno nel contesto dell’economia di un Paese industrializzato, quale per esempio l’Italia, occorre che le scelte progettuali e gestionali siano orientate alla minimizzazione dell’impatto ambientale complessivo. In Italia, per quel che concerne i porti e in particolare le infrastrutture portuali, dal 1998 viene richiesto lo studio di impatto ambientale (SIA): questa innovazione potenzialmente può permettere una pianificazione razionale dell’attività marittima in rapporto alle altre attività umane e, in generale, all’ambiente. Nell’ambito portuale, dove per motivi temporali e di operatività si ha una concentrazione dei fattori di rischio e/o disturbo, gli impatti di esercizio della nave possono risultare particolarmente significativi. In conformità alla politica comunitaria sulla sicurezza delle navi, e compatibilmente con le tecnologie disponibili, al fine di prevenire gli incidenti in mare o di limitare le conseguenze dei sinistri marittimi nei quali sono coinvolte navi cisterna, la legge n. 51 del 7 marzo 2001, promuove l’uso di navi cisterna a basso impatto ambientale e dotate dei più elevati standard di sicurezza. Tale legge disciplina, tra l’altro, lo sviluppo dell’attività di controllo e assistenza al traffico marittimo mercantile che interessa i porti italiani e le acque antistanti le coste nazionali. Inoltre, per la salvaguardia della sicurezza della navigazione, sono importanti le disposizioni recanti sia il divieto di accesso di alcune navi nei porti nazionali sia l’obbligo di ridurre gli scarichi in mare, in particolare quelli illeciti, dei rifiuti e dei residui del carico prodotti dalle navi che utilizzano porti situati nel territorio dello Stato, nonché di migliorare la disponibilità e l’utilizzo degli impianti portuali di raccolta. Tralasciando gli aspetti tecnici che riguardano le singole navi, alla luce dei più recenti orientamenti comunitari, che prevedono una politica globale di sicurezza dei porti e delle navi, l’Autore ritiene necessario che le Autorità portuali in primis si facciano carico di una gestione integrata attraverso un’attività di pianificazione, implementazione, monitoraggio e valutazione della sicurezza e dello stato dell’ambiente. Questi aspetti costituiscono, ad avviso dell’Autore, elementi imprescindibili dagli altri fattori che determinano l’efficienza portuale e, in termini più generali, le condizioni di servizio. L’individuazione, ex ante, di un management framework, nell’ambito del quale la gestione integrata della costa e l’analisi di rischio siano efficacemente sviluppati, permette di intervenire adeguatamente ex post ed evita gravi disfunzioni nell’intero impianto portuale. Un esempio di pianificazione per la verifica della sicurezza è quello adottato in Giappone e schematizzato nella Figura 1. Lo schema ripropone il flusso del sistema di verifica basato su tecniche di simulazione. Il sistema mira a verificare la razionalità dei piani di trasporto marittimo, il rischio di collisione in parallelo a determinati volumi di traffico e le operazioni di handling. In questo lavoro verrà fornita una simulazione per le regioni adriatico-joniche. Come ricorda Marchese (1996), le funzioni di pianificazione e di propulsione dei piani portuali possono essere esplicati efficacemente solo se l’Autorità portuale ha un effettivo e concreto potere di iniziativa anche in materia di opere e interventi infrastrutturali. Questo non significa che lo stato non debba avere il compito del coordinamento generale degli interventi e degli investimenti infrastrutturali nei porti, in quanto lo stato continua a conservare i poteri di disamina, valutazione, approvazione, coerenza e compatibilità con la normativa del settore. Alla luce di quanto esposto, in questo paper l’Autore illustrerà gli interventi nazionali e regionali previsti e realizzati lungo la costa adriatica e jonica in una visione strategica e programmatoria e presenterà una simulazione per la verifica della sicurezza marittima nella zona in esame.
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