La disciplina sociologica si è interrogata sulle trasformazioni del lavoro alimentate dall’Economia della Condivisione e in particolare sulle implicazioni delle piattaforme digitali per i lavoratori e le relazioni d’impiego. Se nella visione celebrativa il lavoro derivante dalla ‘folla’ anonima e amorfa della rete (crowdsourcing) democratizza la generazione delle idee e della produzione, amplifica la capacità di creare valore e innovazione e libera dai lavori ripetitivi, visioni maggiormente pessimistiche inquadrano questo fenomeno come un nuovo meccanismo di accumulazione capitalistico. Nel capitalismo delle piattaforme le imprese alimentano forme accentuate di taylorismo con cui mettono a valore, a costi minimi e senza un’effettiva relazione contrattuale, un’ampia gamma di abilità, competenze ed esperienze di lavoratori flessibilizzati che ampliano le fila del cyber-precariato. Questo articolo contribuisce a tale dibattito mettendo in evidenza l’ambiguità delle dinamiche in atto. Pur distinguendo i mercati del lavoro intermediati dalle piattaforme rispetto alla prestazione di lavoro digitale o fisica, l’economia della condivisione appare prevalentemente come un’economia di servizi on-demand orientata a monetizzare attività in precedenza private. È questa configurazione, insieme alla moltiplicazione delle opportunità di lavoro che la rete rende disponibili potenzialmente in ogni angolo del pianeta, a stimolare e a rendere urgente una riflessione sulla natura del capitalismo delle piattaforme e sui benefici e i rischi associati ai nuovi regimi digitali del lavoro.

Lavorare condividendo: natura e organizzazione del lavoro nella Sharing Economy.

GRECO, Lidia
2017-01-01

Abstract

La disciplina sociologica si è interrogata sulle trasformazioni del lavoro alimentate dall’Economia della Condivisione e in particolare sulle implicazioni delle piattaforme digitali per i lavoratori e le relazioni d’impiego. Se nella visione celebrativa il lavoro derivante dalla ‘folla’ anonima e amorfa della rete (crowdsourcing) democratizza la generazione delle idee e della produzione, amplifica la capacità di creare valore e innovazione e libera dai lavori ripetitivi, visioni maggiormente pessimistiche inquadrano questo fenomeno come un nuovo meccanismo di accumulazione capitalistico. Nel capitalismo delle piattaforme le imprese alimentano forme accentuate di taylorismo con cui mettono a valore, a costi minimi e senza un’effettiva relazione contrattuale, un’ampia gamma di abilità, competenze ed esperienze di lavoratori flessibilizzati che ampliano le fila del cyber-precariato. Questo articolo contribuisce a tale dibattito mettendo in evidenza l’ambiguità delle dinamiche in atto. Pur distinguendo i mercati del lavoro intermediati dalle piattaforme rispetto alla prestazione di lavoro digitale o fisica, l’economia della condivisione appare prevalentemente come un’economia di servizi on-demand orientata a monetizzare attività in precedenza private. È questa configurazione, insieme alla moltiplicazione delle opportunità di lavoro che la rete rende disponibili potenzialmente in ogni angolo del pianeta, a stimolare e a rendere urgente una riflessione sulla natura del capitalismo delle piattaforme e sui benefici e i rischi associati ai nuovi regimi digitali del lavoro.
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