Il problema del linguaggio nelle pagine di Michel Foucault appare per sfumature, ma è sempre presente, sebbene combinato con altre questioni teoretiche di diverso tenore, soprattutto politico. Come è noto uno dei punti di attacco della riflessione di Foucault sul linguaggio sono le pagine dedicate alla ricerca di Maurice Blanchot, alla sua idea del “fuori”, un fuori linguistico in cui parliamo e ci disperdiamo, senza una reale padronanza del sistema, del codice che ci fa parlare, un “fuori” che è al tempo stesso della lingua letteraria, che non è funzionale ad una rappresentazione del vero, secondo quelli che sono gli ordini dei discorsi scientifici. Oltre questa adesione letteraria, che è di pochi che la sanno gestire, Foucault, soprattutto negli anni Settanta e poi in particolar modo negli ultimi anni della sua ricerca, ha creduto di poter portare la sua ricerca ad una ricostruzione genealogica di quelli che nella storia sono stati alcuni modi esemplari, emblematici di dire ed imporre una verità in senso politico. Di fronte a questi regimi politici che governano gli enunciati che affermano una certa serie di verità, con le esclusioni e le inclusioni biopolitiche che questi discorsi/governi comportano, valgono i comportamenti, le filosofie per Foucault ad esempio dei cinici, tra coloro che hanno saputo nella storia avere cura di dire la verità, secondo una tecnica parresiastica, che porta a non avere paura di dire la verità e porta a praticarla, nonostante le minacce del potere politico: questo sforzo politico è, nella sostanza, per Foucault, uno sforzo che si ripete nel corso della storia e che ha nell’Illuminismo un esempio paradigmatico. Questi sforzi e queste lotte per la cura di sé si compiono sempre all’interno di un regime discorsivo: il suo inizio, la sua inaugurazione, l’inaugurazione di un regime discorsivo coincide per Foucault sempre con un evento, con qualcosa che avviene nella storia in modo improvviso ed imprevisto e che risulta “policefalo”, nel senso che consente a partire da sé la rappresentazione di diversi significati, dispiegati e virtuali, e dunque di diversi punti di articolazione, che possono anche essere sviluppati in direzioni molto diverse tra loro. Dentro queste maglie semiotiche la resistenza può concretizzarsi anche nelle forme di una “dissimulazione”, quelle ad esempio messa in campo dalle isteriche, da donne che resistono, secondo Foucault, all’intrusione biopolitica di una scienza psicologica, che costruisce su di loro, come su tutti gli altri che ha la pretesa di curare, un armamentario semiologico di registrazione di sintomi. Ma ancora e su versante non molto lontano Herculine Barbine simula, dissimula nelle pagine di Foucault la sua sessualità, per sottrarsi ad una categorizzazione sessuale che la costringerebbe ad un ruolo. I cinici, le isteriche, Herculine Barbin sono figure della resistenza semiotica di fronte al governo politico che impone le sue parole d’ordine. In gioco c’è in senso semiotico una politica della “normalizzazione”, utile al governo politico degli uomini, un governo che si fa forte di un’autentica “polizia discorsiva”, che ci osserva forte di una serie sempre nuova di strategie di controllo biopolitico. Tutto è governato, riducendo la complessità degli uomini ad un discorso economico, fatto di calcolo di rischi e benefici: non interessa altro. L’uomo è un’impresa: questo il suo esclusivo ordine del discorso, questo il parametro a partire dal quale lo si misura. Coloro che restano fuori da questa “impresa” sono descritti da Foucault con un’attenzione quasi “visuale”: La nave dei folli, La Meninas di Velasquez, il supplizio di Damiens sono altrettanti quadri, che ritraggono nel corso della storia delle controcondotte. Del resto e d’altra parte lo stesso Potere tende ad organizzare il suo governo in modo spaziale, attraverso un’organizzazione spaziale e quindi visuale delle persone che vuole governare. Di fronte a questi quadri/spazi della sorveglianza Sade, Nietzsche, Artaud sono altrettanti esempi letterari di, tutti capaci di uno straordinario sforzo espressivo, che gli è costato dolore, il dolore di una follia che non conosce uno scambio simbolico della propria sofferenza con nessuno.

Su alcune strategie del sapere politico in costante riferimento a Michel Foucault. Alcune annotazioni di ordine semiotico

SILVESTRI, FILIPPO
2017-01-01

Abstract

Il problema del linguaggio nelle pagine di Michel Foucault appare per sfumature, ma è sempre presente, sebbene combinato con altre questioni teoretiche di diverso tenore, soprattutto politico. Come è noto uno dei punti di attacco della riflessione di Foucault sul linguaggio sono le pagine dedicate alla ricerca di Maurice Blanchot, alla sua idea del “fuori”, un fuori linguistico in cui parliamo e ci disperdiamo, senza una reale padronanza del sistema, del codice che ci fa parlare, un “fuori” che è al tempo stesso della lingua letteraria, che non è funzionale ad una rappresentazione del vero, secondo quelli che sono gli ordini dei discorsi scientifici. Oltre questa adesione letteraria, che è di pochi che la sanno gestire, Foucault, soprattutto negli anni Settanta e poi in particolar modo negli ultimi anni della sua ricerca, ha creduto di poter portare la sua ricerca ad una ricostruzione genealogica di quelli che nella storia sono stati alcuni modi esemplari, emblematici di dire ed imporre una verità in senso politico. Di fronte a questi regimi politici che governano gli enunciati che affermano una certa serie di verità, con le esclusioni e le inclusioni biopolitiche che questi discorsi/governi comportano, valgono i comportamenti, le filosofie per Foucault ad esempio dei cinici, tra coloro che hanno saputo nella storia avere cura di dire la verità, secondo una tecnica parresiastica, che porta a non avere paura di dire la verità e porta a praticarla, nonostante le minacce del potere politico: questo sforzo politico è, nella sostanza, per Foucault, uno sforzo che si ripete nel corso della storia e che ha nell’Illuminismo un esempio paradigmatico. Questi sforzi e queste lotte per la cura di sé si compiono sempre all’interno di un regime discorsivo: il suo inizio, la sua inaugurazione, l’inaugurazione di un regime discorsivo coincide per Foucault sempre con un evento, con qualcosa che avviene nella storia in modo improvviso ed imprevisto e che risulta “policefalo”, nel senso che consente a partire da sé la rappresentazione di diversi significati, dispiegati e virtuali, e dunque di diversi punti di articolazione, che possono anche essere sviluppati in direzioni molto diverse tra loro. Dentro queste maglie semiotiche la resistenza può concretizzarsi anche nelle forme di una “dissimulazione”, quelle ad esempio messa in campo dalle isteriche, da donne che resistono, secondo Foucault, all’intrusione biopolitica di una scienza psicologica, che costruisce su di loro, come su tutti gli altri che ha la pretesa di curare, un armamentario semiologico di registrazione di sintomi. Ma ancora e su versante non molto lontano Herculine Barbine simula, dissimula nelle pagine di Foucault la sua sessualità, per sottrarsi ad una categorizzazione sessuale che la costringerebbe ad un ruolo. I cinici, le isteriche, Herculine Barbin sono figure della resistenza semiotica di fronte al governo politico che impone le sue parole d’ordine. In gioco c’è in senso semiotico una politica della “normalizzazione”, utile al governo politico degli uomini, un governo che si fa forte di un’autentica “polizia discorsiva”, che ci osserva forte di una serie sempre nuova di strategie di controllo biopolitico. Tutto è governato, riducendo la complessità degli uomini ad un discorso economico, fatto di calcolo di rischi e benefici: non interessa altro. L’uomo è un’impresa: questo il suo esclusivo ordine del discorso, questo il parametro a partire dal quale lo si misura. Coloro che restano fuori da questa “impresa” sono descritti da Foucault con un’attenzione quasi “visuale”: La nave dei folli, La Meninas di Velasquez, il supplizio di Damiens sono altrettanti quadri, che ritraggono nel corso della storia delle controcondotte. Del resto e d’altra parte lo stesso Potere tende ad organizzare il suo governo in modo spaziale, attraverso un’organizzazione spaziale e quindi visuale delle persone che vuole governare. Di fronte a questi quadri/spazi della sorveglianza Sade, Nietzsche, Artaud sono altrettanti esempi letterari di, tutti capaci di uno straordinario sforzo espressivo, che gli è costato dolore, il dolore di una follia che non conosce uno scambio simbolico della propria sofferenza con nessuno.
2017
978-88-99433-57-4
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/189534
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