Il rapporto Peirce/Husserl, se assunto di un punto di vista teoretico, che metta a confronto i loro progetti filosofici, è estremamente complesso. Una tradizione di studi analitici, che risale notoriamente a Michael Dummett, è decisa nell’esprimere il suo favore a Frege, che viene considerato più “utile” in una storia teoretica della filosofia del linguaggio, rispetto a quanto potrebbe esserlo Husserl. Ma tutto questo non esclude che Husserl possa essere recuperato su un diverso versante semiotico, se ad esempio la sua fenomenologia dell’antepredicativo viene messa a specchio con alcuni momenti geneticamente primi nella semiotica peirciana. Così ed al di là delle distanze geografiche e filosofiche che contraddistinguono il loro piani filosofici, Husserl e Peirce possono essere messi a concorrere su uno steso piano cognitivo, con risvolti che alla fine in qualche modo integrano l’uno con l’altro. Per fare un esempio, certe coraggio abduttivo peirciano si può ben combinare con una coscienza interna del tempo husserliana, che sappia essere “autentica”, perché che non si abitua alle cose che le capitano, perché sa avere un rapporto critico con le riduzione tipicizzanti di un’esperienza in movimento. La scienza, detto altrimenti, per Husserl, per Peirce deve essere sempre “contemporanea” della vita che vuole spiegare e descrivere. In questo senso i segni di cui disponiamo ci possono essere d’aiuto in senso strumentale o possono rappresentare un ostacolo, se non sono “accordati” con il tempo in cui vengono utilizzati e questo tanto nella semiotica di Peirce come nella fenomenologia di Husserl. Il confronto conosce, ovviamente, i suoi molti punti di divaricazione, perché per Husserl è un problema di intenzioni, per Peirce una questione di segni. Il legame con la realtà è forte e presente, tuttavia, in entrambi: Peirce ragiona di Firstness, Secondness, Thirdness, di qualità, di ground, di icone ed i indici; Husserl sviluppa lungo tutto l’arco della sua ricerca una fenomenologia molto articolata della dimensione pre/protosemiotica dell’esperienza antepredicativa, che fa da fondamento per lo sviluppo dell’edificio apofantico dei giudizi. La complessa fenomenologia delle predatità passive husserliane, per certi versi molto imprevedibile, fa, se si vuole ed allora, il paio con il coraggio abduttivo a cui si è costretti nella semiotica di Peirce, quando ci si trova a dovere fare semiosi di cose che non si conoscono. Ma ancora, ed andando verso la fine, da una parte troviamo un apparato pragmaticista fatto di azioni che sperimentano il mondo, dall’altra un sistema ragnatela intenzionale fondato in un mondo della vita. “Ogni cosa è la legge del suo apparire” per Husserl, per Peirce, tra vuoti e pieni intenzionali, casi e scommesse abduttive, in un lavoro analitico volto alla scoperta di apriori della mente che siano intenzionali, siano semiotici, siano comunque aperti sul mondo della vita, aperti alle novità che questa esperienza continuamente rilancia.

Peirce/Husserl: ipotesi per un confronto

SILVESTRI, FILIPPO
2015-01-01

Abstract

Il rapporto Peirce/Husserl, se assunto di un punto di vista teoretico, che metta a confronto i loro progetti filosofici, è estremamente complesso. Una tradizione di studi analitici, che risale notoriamente a Michael Dummett, è decisa nell’esprimere il suo favore a Frege, che viene considerato più “utile” in una storia teoretica della filosofia del linguaggio, rispetto a quanto potrebbe esserlo Husserl. Ma tutto questo non esclude che Husserl possa essere recuperato su un diverso versante semiotico, se ad esempio la sua fenomenologia dell’antepredicativo viene messa a specchio con alcuni momenti geneticamente primi nella semiotica peirciana. Così ed al di là delle distanze geografiche e filosofiche che contraddistinguono il loro piani filosofici, Husserl e Peirce possono essere messi a concorrere su uno steso piano cognitivo, con risvolti che alla fine in qualche modo integrano l’uno con l’altro. Per fare un esempio, certe coraggio abduttivo peirciano si può ben combinare con una coscienza interna del tempo husserliana, che sappia essere “autentica”, perché che non si abitua alle cose che le capitano, perché sa avere un rapporto critico con le riduzione tipicizzanti di un’esperienza in movimento. La scienza, detto altrimenti, per Husserl, per Peirce deve essere sempre “contemporanea” della vita che vuole spiegare e descrivere. In questo senso i segni di cui disponiamo ci possono essere d’aiuto in senso strumentale o possono rappresentare un ostacolo, se non sono “accordati” con il tempo in cui vengono utilizzati e questo tanto nella semiotica di Peirce come nella fenomenologia di Husserl. Il confronto conosce, ovviamente, i suoi molti punti di divaricazione, perché per Husserl è un problema di intenzioni, per Peirce una questione di segni. Il legame con la realtà è forte e presente, tuttavia, in entrambi: Peirce ragiona di Firstness, Secondness, Thirdness, di qualità, di ground, di icone ed i indici; Husserl sviluppa lungo tutto l’arco della sua ricerca una fenomenologia molto articolata della dimensione pre/protosemiotica dell’esperienza antepredicativa, che fa da fondamento per lo sviluppo dell’edificio apofantico dei giudizi. La complessa fenomenologia delle predatità passive husserliane, per certi versi molto imprevedibile, fa, se si vuole ed allora, il paio con il coraggio abduttivo a cui si è costretti nella semiotica di Peirce, quando ci si trova a dovere fare semiosi di cose che non si conoscono. Ma ancora, ed andando verso la fine, da una parte troviamo un apparato pragmaticista fatto di azioni che sperimentano il mondo, dall’altra un sistema ragnatela intenzionale fondato in un mondo della vita. “Ogni cosa è la legge del suo apparire” per Husserl, per Peirce, tra vuoti e pieni intenzionali, casi e scommesse abduttive, in un lavoro analitico volto alla scoperta di apriori della mente che siano intenzionali, siano semiotici, siano comunque aperti sul mondo della vita, aperti alle novità che questa esperienza continuamente rilancia.
2015
978-88-452-8033-7
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