In occasione del centenario della morte di don Bosco, si sottolineava che “il caso don Bosco, oggetto in precedenza di rappresentazioni molto spesso stereotipate o paradossali, sta diventando un terreno di applicazione o di verifica di nuove linee di ricerca” . Ebbene, questa riflessione ha trovato ampia rispondenza nella letteratura pedagogica successiva, non solo storica e storiografica, ma anche teoretica. Le categorie educative non tanto teorizzate, quanto piuttosto praticate da don Bosco , sono oggetto di continua rivisitazione e suscitano interesse ben al di là degli stessi orizzonti ideali e pastorali individuati dal salesiano. È inevitabile che nel processo di interpretazione dell’opera educativa di don Bosco si possa cadere nella tentazione di una sua mitizzazione, da un lato, e/o di contemporaneizzazione forzata, dall’altro. Occorre uno sguardo critico, oseremmo dire “laico” che eviti le derive suddette e che ci consenta di “leggere” don Bosco nei “fatti” e non nelle “interpretazioni” . Tra i fatti, senza dubbio, rientrano le sue azioni educative, il suo impegno per migliorare la condotta e l’esistenza dei giovani a cui si dedicò in maniera quasi esclusiva. In questo cammino di dedizione educativa don Bosco scoprì l’importanza di quella pedagogia che successivamente sarebbe stata definita di “accompagnamento” e che lui praticò quotidianamente sia nei luoghi educativi formali (il catechismo, la scuola, le attività laboratoriali ante litteram) sia in quelli informali (tempo libero, ricreazione, gioco, svago). E’ su questa pratica di accompagnamento educativo, che poi trovò formalizzazione nell’opuscolo e sua maggiore opera di sistematizzazione pedagogica, Il sistema preventivo nell’educazione della gioventù (1877), ora soffermeremo l’attenzione per comprenderne il significato e per valorizzarne l’attualità.

«L’educatore è un individuo consacrato al bene dei suoi allievi» Ascolto, vicinanza, vigilanza, accompagnamento e cura in Don Bosco

PAGANO, Riccardo
2016-01-01

Abstract

In occasione del centenario della morte di don Bosco, si sottolineava che “il caso don Bosco, oggetto in precedenza di rappresentazioni molto spesso stereotipate o paradossali, sta diventando un terreno di applicazione o di verifica di nuove linee di ricerca” . Ebbene, questa riflessione ha trovato ampia rispondenza nella letteratura pedagogica successiva, non solo storica e storiografica, ma anche teoretica. Le categorie educative non tanto teorizzate, quanto piuttosto praticate da don Bosco , sono oggetto di continua rivisitazione e suscitano interesse ben al di là degli stessi orizzonti ideali e pastorali individuati dal salesiano. È inevitabile che nel processo di interpretazione dell’opera educativa di don Bosco si possa cadere nella tentazione di una sua mitizzazione, da un lato, e/o di contemporaneizzazione forzata, dall’altro. Occorre uno sguardo critico, oseremmo dire “laico” che eviti le derive suddette e che ci consenta di “leggere” don Bosco nei “fatti” e non nelle “interpretazioni” . Tra i fatti, senza dubbio, rientrano le sue azioni educative, il suo impegno per migliorare la condotta e l’esistenza dei giovani a cui si dedicò in maniera quasi esclusiva. In questo cammino di dedizione educativa don Bosco scoprì l’importanza di quella pedagogia che successivamente sarebbe stata definita di “accompagnamento” e che lui praticò quotidianamente sia nei luoghi educativi formali (il catechismo, la scuola, le attività laboratoriali ante litteram) sia in quelli informali (tempo libero, ricreazione, gioco, svago). E’ su questa pratica di accompagnamento educativo, che poi trovò formalizzazione nell’opuscolo e sua maggiore opera di sistematizzazione pedagogica, Il sistema preventivo nell’educazione della gioventù (1877), ora soffermeremo l’attenzione per comprenderne il significato e per valorizzarne l’attualità.
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