La Pedagogia Penitenziaria trova la sua legittimazione nella legge del 26 luglio 1975, n. 354 (successivamente modificata dalla legge Gozzini e dalla legge Simeone-Saraceni ) che comprende, nei confronti del detenuto, quel «complesso di norme e di attività che regolano ed assistono la privazione della libertà per l’esecuzione di una sanzione penale» e nell’art.27 comma 3 della Costituzione che sancisce la preminente finalità rieducativa della pena per il pieno rispetto della dignità umana. Infatti la riforma del 1975 definendo un corpus normativo ispirato ad una concezione rieducativa della pena, a discapito della impostazione punitiva e di difesa sociale predominante nell’ordinamento penitenziario precedente, ha aperto la strada all’applicazione della pedagogia al “mondo” penitenziario sia prevedendo interventi relativi all’osservazione ed al trattamento dei detenuti e degli internati, sia inserendo alcune figure professionali, tra cui quella dell’educatore coordinatore e quella del direttore coordinatore di area pedagogica . Ed anche se oggi le ondate di criminalità, il terrorismo, il fenomeno della tossicodipendenza, le politiche di contrasto della criminalità mafiosa ed organizzata, le ondate migratorie portano il sistema carcerario a subirne le conseguenze in termini di affollamento, sovraffollamento, scarsa agibilità e notevole aumento di suicidi , ciò non deve assolutamente portare a mettere da parte interventi di natura pedagogica ma anzi a trovare in questi le ragioni e gli strumenti per attivare iniziative improntate alla proattività, alle possibili soluzioni rieducative, con capacità anticipatorie rispetto ai fenomeni, ai problemi che ne conseguono.
La pedagogia Penitenziaria, l'educatore e il coordinatore pedagogico
CALAPRICE, Silvana
2010-01-01
Abstract
La Pedagogia Penitenziaria trova la sua legittimazione nella legge del 26 luglio 1975, n. 354 (successivamente modificata dalla legge Gozzini e dalla legge Simeone-Saraceni ) che comprende, nei confronti del detenuto, quel «complesso di norme e di attività che regolano ed assistono la privazione della libertà per l’esecuzione di una sanzione penale» e nell’art.27 comma 3 della Costituzione che sancisce la preminente finalità rieducativa della pena per il pieno rispetto della dignità umana. Infatti la riforma del 1975 definendo un corpus normativo ispirato ad una concezione rieducativa della pena, a discapito della impostazione punitiva e di difesa sociale predominante nell’ordinamento penitenziario precedente, ha aperto la strada all’applicazione della pedagogia al “mondo” penitenziario sia prevedendo interventi relativi all’osservazione ed al trattamento dei detenuti e degli internati, sia inserendo alcune figure professionali, tra cui quella dell’educatore coordinatore e quella del direttore coordinatore di area pedagogica . Ed anche se oggi le ondate di criminalità, il terrorismo, il fenomeno della tossicodipendenza, le politiche di contrasto della criminalità mafiosa ed organizzata, le ondate migratorie portano il sistema carcerario a subirne le conseguenze in termini di affollamento, sovraffollamento, scarsa agibilità e notevole aumento di suicidi , ciò non deve assolutamente portare a mettere da parte interventi di natura pedagogica ma anzi a trovare in questi le ragioni e gli strumenti per attivare iniziative improntate alla proattività, alle possibili soluzioni rieducative, con capacità anticipatorie rispetto ai fenomeni, ai problemi che ne conseguono.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.