Il lavoro muove dalla premessa che l’esigenza, oggi da molti avvertita, di rivalutare il ruolo dei poteri pubblici può essere sostanzialmente condivisa, purché, in questo modo, non si postuli un’ipotesi di mero ritorno all’insostenibile "status quo", cioè alle derive assistenzialistiche, centralistiche e burocratiche, a cui osterebbe, a tacer d’altro, sia la “crisi fiscale” nella quale da tempo versano i tradizionali sistemi di protezione sociale, sia il coacervo di severi limiti sovranazionali ai bilanci statali. Se, però, da un lato, sembra ormai precluso il ritorno ad un modello di intervento in economia e di protezione sociale, come quello seguito nella seconda metà secolo scorso, improntato a logiche politiche consociative e spartitorie e generatore di atteggiamenti imprenditoriali ed individuali “parassitari" (assistenzialismo a pioggia, contributi a fondo perduto, pensioni per invalidità inesistenti, elevati trattamenti di quiescenza per ridotti periodi lavorativi, ecc.), ancor più improponibile risulta essere uno schema analogo a quello dello Stato minimo borghese, i cui interventi residuali e caritatevoli (ad esempio: alloggiamento periferico dei “barboni”, cure di malattie altamente contagiose, limiti all’impiego delle donne e dei minori ad esclusiva garanzia della riproduzione della forza lavoro), per il fatto stesso di essere calibrati sulle preferenze e sulle utilità della classe dominante, lungi dal livellarle o ridurle, finivano per “cristallizzare” le disuguaglianze tra gli uomini. Da tutto ciò scaturisce un giudizio sostanzialmente favorevole in merito all'opportunità di completare la transizione verso un nuovo tipo di Welfare, improntato alla sussidiarietà (verticale ed orizzontale) e funzionate mediante i meccanismi tipici del federalismo fiscale. Un siffatto assetto, invero, prendendo le debite distanze da quelle altre due tipologie – entrambi incapaci di realizzare compiutamente il valore della dignità della persona umana – potrebbe continuare ad attribuire alle istituzioni centrali le maggiori responsabilità, senza, tuttavia, comprimere le varie forme di autonomia poste a fondamento dell’ordinamento costituzionale, anzi perlopiù avvalendosi di esse per il raggiungimento degli irrinunciabili obiettivi di solidarietà socio-economica.
La "tenuta" dello Stato sociale tra lavoro, sussidiarietà e federalismo (fiscale)
TEOTONICO, VITTORIO
2010-01-01
Abstract
Il lavoro muove dalla premessa che l’esigenza, oggi da molti avvertita, di rivalutare il ruolo dei poteri pubblici può essere sostanzialmente condivisa, purché, in questo modo, non si postuli un’ipotesi di mero ritorno all’insostenibile "status quo", cioè alle derive assistenzialistiche, centralistiche e burocratiche, a cui osterebbe, a tacer d’altro, sia la “crisi fiscale” nella quale da tempo versano i tradizionali sistemi di protezione sociale, sia il coacervo di severi limiti sovranazionali ai bilanci statali. Se, però, da un lato, sembra ormai precluso il ritorno ad un modello di intervento in economia e di protezione sociale, come quello seguito nella seconda metà secolo scorso, improntato a logiche politiche consociative e spartitorie e generatore di atteggiamenti imprenditoriali ed individuali “parassitari" (assistenzialismo a pioggia, contributi a fondo perduto, pensioni per invalidità inesistenti, elevati trattamenti di quiescenza per ridotti periodi lavorativi, ecc.), ancor più improponibile risulta essere uno schema analogo a quello dello Stato minimo borghese, i cui interventi residuali e caritatevoli (ad esempio: alloggiamento periferico dei “barboni”, cure di malattie altamente contagiose, limiti all’impiego delle donne e dei minori ad esclusiva garanzia della riproduzione della forza lavoro), per il fatto stesso di essere calibrati sulle preferenze e sulle utilità della classe dominante, lungi dal livellarle o ridurle, finivano per “cristallizzare” le disuguaglianze tra gli uomini. Da tutto ciò scaturisce un giudizio sostanzialmente favorevole in merito all'opportunità di completare la transizione verso un nuovo tipo di Welfare, improntato alla sussidiarietà (verticale ed orizzontale) e funzionate mediante i meccanismi tipici del federalismo fiscale. Un siffatto assetto, invero, prendendo le debite distanze da quelle altre due tipologie – entrambi incapaci di realizzare compiutamente il valore della dignità della persona umana – potrebbe continuare ad attribuire alle istituzioni centrali le maggiori responsabilità, senza, tuttavia, comprimere le varie forme di autonomia poste a fondamento dell’ordinamento costituzionale, anzi perlopiù avvalendosi di esse per il raggiungimento degli irrinunciabili obiettivi di solidarietà socio-economica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.