L’atto traduttivo nella sua insita violenza può essere, ad un tempo, il mezzo con cui arricchire la cultura d’arrivo attraverso l’estraneo e lo strumento per livellare la differenza in una sterile apoteosi del sé (Itamar Even-Zohar). Il contributo analizza la linea che demarca censura da auto-censura durante il regime fascista. Il secondo aspetto preso in esame è la risposta delle case editrici, degli scrittori e dei traduttori al sistema di revisione fascista. Le leggi, il sistema di patronage (Bassnett, Lefevere), il complesso di norme sociali, linguistiche e traduttive dell’epoca sono gli strumenti d’indagine del livello di accuratezza e adeguatezza delle prime traduzioni integrali dei Gulliver’s Travels di Swift apparse nel ventennio fascista. I Gulliver’s Travels sembravano essere esclusivamente una critica dell’Inghilterra e, dunque, riuscivano a evadere la censura. La mancata censura fascista è frutto di una lettura superficiale, non è un caso che il fiorire di traduzioni coincida con una drastica diminuzione di studi critici (Gregori). Lo studio comparativo delle traduzioni (1933 Formichi, 1934 Taroni) mostra le strategie traduttive che, di volta in volta, si dimostrano coraggiose o timide (Tymoczko) e possono essere considerate esemplificative di quel processo che vede l’ideologia entrare direttamente (censura) o indirettamente (autocensura) nel processo traduttivo.This paper studies censorship and self-censorship during the fascist regime and the fine boundary between the two. It focuses, in particular, on the accuracy and adequacy of Gulliver's Travels’ translations in fascist Italy and analyses how responses to the fascist 'revision' system changed depending on law, patronage, and material conditions in which the translators worked (Bassnett, Lefevere). Jonathan Swifts’ novel was perceived in the beginning just as a critique of the ‘perfidious Albion’ (Gregori). This superficial reading explains why Gulliver's Travels’ was able to evade censorship and being published in its first unabridged edition precisely during Fascism (1933 Formichi, 1934 Taroni). Examining the translations issued during the regime we identify different translation strategies that can be interpreted respectively as acts of submission or of resistance to the dominant thinking (Tymoczko). This in turn allows us to discuss more in general the role of ideology as an explicit (censorship) or implicit (self-censorship) component of the translation process.

Le scelte del traduttore. I Viaggi di Gulliver e il Fascismo

FORTUNATO, ELISA
2015-01-01

Abstract

L’atto traduttivo nella sua insita violenza può essere, ad un tempo, il mezzo con cui arricchire la cultura d’arrivo attraverso l’estraneo e lo strumento per livellare la differenza in una sterile apoteosi del sé (Itamar Even-Zohar). Il contributo analizza la linea che demarca censura da auto-censura durante il regime fascista. Il secondo aspetto preso in esame è la risposta delle case editrici, degli scrittori e dei traduttori al sistema di revisione fascista. Le leggi, il sistema di patronage (Bassnett, Lefevere), il complesso di norme sociali, linguistiche e traduttive dell’epoca sono gli strumenti d’indagine del livello di accuratezza e adeguatezza delle prime traduzioni integrali dei Gulliver’s Travels di Swift apparse nel ventennio fascista. I Gulliver’s Travels sembravano essere esclusivamente una critica dell’Inghilterra e, dunque, riuscivano a evadere la censura. La mancata censura fascista è frutto di una lettura superficiale, non è un caso che il fiorire di traduzioni coincida con una drastica diminuzione di studi critici (Gregori). Lo studio comparativo delle traduzioni (1933 Formichi, 1934 Taroni) mostra le strategie traduttive che, di volta in volta, si dimostrano coraggiose o timide (Tymoczko) e possono essere considerate esemplificative di quel processo che vede l’ideologia entrare direttamente (censura) o indirettamente (autocensura) nel processo traduttivo.This paper studies censorship and self-censorship during the fascist regime and the fine boundary between the two. It focuses, in particular, on the accuracy and adequacy of Gulliver's Travels’ translations in fascist Italy and analyses how responses to the fascist 'revision' system changed depending on law, patronage, and material conditions in which the translators worked (Bassnett, Lefevere). Jonathan Swifts’ novel was perceived in the beginning just as a critique of the ‘perfidious Albion’ (Gregori). This superficial reading explains why Gulliver's Travels’ was able to evade censorship and being published in its first unabridged edition precisely during Fascism (1933 Formichi, 1934 Taroni). Examining the translations issued during the regime we identify different translation strategies that can be interpreted respectively as acts of submission or of resistance to the dominant thinking (Tymoczko). This in turn allows us to discuss more in general the role of ideology as an explicit (censorship) or implicit (self-censorship) component of the translation process.
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