Con le elezioni di domenica 21 ottobre 2007, sembrerebbe essere giunta a termine la diarchia dei fratelli (gemelli) Kaczynski. Gli elettori polacchi, infatti, hanno fatto sapere alla classe dirigente, che fino ad allora li aveva governati per quasi due anni, di voler cambiare decisamente l’indirizzo politico nazionale, premiando nell’urna il partito PO (Platforma Obywatelska – Piattaforma Civica), guidato da Donald Tusk, con un cospicuo 41,4%. Di conseguenza, il partito di governo PIS (Prawo i Sprawiedliwosc – Diritto e Giustizia) del premier Lech Kaczynski ne è uscito ridimensionato, riportando, però, un non trascurabile 32,2% dei consensi. Al pari delle elezioni nazionali del 2001, la Polonia ripete l’esperienza di una “coabitazione” – e, cioè, di una collaborazione ‘forzosa’ tra il Presidente e la diversa maggioranza parlamentare formatasi all’interno delle due Camere. La pratica istituzionale ha, purtuttavia, smentito le tesi di coloro i quali ritenevano che, nell’ambito dei poteri disegnati dalla Costituzione, ci fosse lo spazio soltanto per un Presidente-notaio. Il Presidente, infatti, malgrado il ridimensionamento delle sue competenze rispetto al regime previgente, è certamente rimasto uno dei protagonisti più attivi della vita politica polacca. L’incisività dell’indirizzo politico presidenziale dipende anche dalla possibilità di azionare il potere di veto presidenziale, qualora le leggi approvate dal Parlamento non siano pienamente condivise dal Capo dello Stato. In particolare, il veto si configura come un mezzo estremamente efficace, allorché la coalizione di governo non abbia i voti sufficienti per riapprovare validamente la delibera legislativa nella sua formulazione originaria, a seguito del rinvio presidenziale. Si tratta, pertanto, di uno scenario altamente probabile nella situazione politica attuale, visto che PO, all’interno della Dieta non dispone dell’apposita maggioranza qualificata.
Polonia, 21 ottobre 2007 – L’esito elettorale
BIANCO, Giovanni
2007-01-01
Abstract
Con le elezioni di domenica 21 ottobre 2007, sembrerebbe essere giunta a termine la diarchia dei fratelli (gemelli) Kaczynski. Gli elettori polacchi, infatti, hanno fatto sapere alla classe dirigente, che fino ad allora li aveva governati per quasi due anni, di voler cambiare decisamente l’indirizzo politico nazionale, premiando nell’urna il partito PO (Platforma Obywatelska – Piattaforma Civica), guidato da Donald Tusk, con un cospicuo 41,4%. Di conseguenza, il partito di governo PIS (Prawo i Sprawiedliwosc – Diritto e Giustizia) del premier Lech Kaczynski ne è uscito ridimensionato, riportando, però, un non trascurabile 32,2% dei consensi. Al pari delle elezioni nazionali del 2001, la Polonia ripete l’esperienza di una “coabitazione” – e, cioè, di una collaborazione ‘forzosa’ tra il Presidente e la diversa maggioranza parlamentare formatasi all’interno delle due Camere. La pratica istituzionale ha, purtuttavia, smentito le tesi di coloro i quali ritenevano che, nell’ambito dei poteri disegnati dalla Costituzione, ci fosse lo spazio soltanto per un Presidente-notaio. Il Presidente, infatti, malgrado il ridimensionamento delle sue competenze rispetto al regime previgente, è certamente rimasto uno dei protagonisti più attivi della vita politica polacca. L’incisività dell’indirizzo politico presidenziale dipende anche dalla possibilità di azionare il potere di veto presidenziale, qualora le leggi approvate dal Parlamento non siano pienamente condivise dal Capo dello Stato. In particolare, il veto si configura come un mezzo estremamente efficace, allorché la coalizione di governo non abbia i voti sufficienti per riapprovare validamente la delibera legislativa nella sua formulazione originaria, a seguito del rinvio presidenziale. Si tratta, pertanto, di uno scenario altamente probabile nella situazione politica attuale, visto che PO, all’interno della Dieta non dispone dell’apposita maggioranza qualificata.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.