Lo strumentario civilistico della bonifica dei siti inquinati, con particolare riferimento all’onere reale e al privilegio speciale immobiliare, coincide con quello della bonifica integrale (artt. 857-865 c.c.), disciplinata dal codice civile del ’42, pur discostandosi sotto il profilo funzionale. Infatti, la bonifica integrale persegue lo scopo di pubblico interesse del miglioramento fondiario, data la “compromissione” dell’ambiente per cause naturali (laghi, stagni, paludi, terreni montani dissestati a livello idro-geologico e forestale), mentre la bonifica dei siti inquinati mira a tutelare la salute umana attraverso l'eliminazione delle sorgenti dell'inquinamento e la riduzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti, derivanti dalle attività pericolose dell’uomo, in ossequio ai principi europei in materia ambientale (precauzione, prevenzione, correzione alla fonte dei danni ambientali, sviluppo sostenibile), con particolare riguardo al principio “chi inquina paga” (artt. 3-ter, 239 Codice dell’Ambiente). La mutata sensibilità ambientale induce a ritenere prevalente più che la bonifica a livello idraulico dei terreni paludosi, allo scopo di rendere fruibile la terra a fini produttivi, la conservazione degli habitat naturali, della biodiversità, della fauna e della flora protette dalle convenzioni internazionali e dalla normativa europea (Convenzione di Ramsar, direttiva Habitat 92/43/CEE, direttiva c.d. Uccelli 79/409/CEE, poi sostituita dalla direttiva 2009/147/CE). Nell’ipotesi di contaminazione di siti nazionali di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale, la responsabilità sussidiaria del proprietario (già prevista dall’art. 252-bis, comma 2, d.lgs. n. 152/2006, come formulato dal d.lgs. n. 4/2008) è stata eliminata dal nuovo art. 252-bis del Codice dell’Ambiente, introdotto dal c.d. decreto «Destinazione Italia» (art. 4 d.lg. n. 145/2013, convertito con modifiche in l. n. 9/2014) e di cui si è invocata la cancellazione sin dai suoi esordi per aperta violazione del principio “chi inquina paga”. La norma rispecchia appieno la “schizofrenia” del legislatore degli ultimi tempi.
Introduzione
CORRIERO, VALERIA
2014-01-01
Abstract
Lo strumentario civilistico della bonifica dei siti inquinati, con particolare riferimento all’onere reale e al privilegio speciale immobiliare, coincide con quello della bonifica integrale (artt. 857-865 c.c.), disciplinata dal codice civile del ’42, pur discostandosi sotto il profilo funzionale. Infatti, la bonifica integrale persegue lo scopo di pubblico interesse del miglioramento fondiario, data la “compromissione” dell’ambiente per cause naturali (laghi, stagni, paludi, terreni montani dissestati a livello idro-geologico e forestale), mentre la bonifica dei siti inquinati mira a tutelare la salute umana attraverso l'eliminazione delle sorgenti dell'inquinamento e la riduzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti, derivanti dalle attività pericolose dell’uomo, in ossequio ai principi europei in materia ambientale (precauzione, prevenzione, correzione alla fonte dei danni ambientali, sviluppo sostenibile), con particolare riguardo al principio “chi inquina paga” (artt. 3-ter, 239 Codice dell’Ambiente). La mutata sensibilità ambientale induce a ritenere prevalente più che la bonifica a livello idraulico dei terreni paludosi, allo scopo di rendere fruibile la terra a fini produttivi, la conservazione degli habitat naturali, della biodiversità, della fauna e della flora protette dalle convenzioni internazionali e dalla normativa europea (Convenzione di Ramsar, direttiva Habitat 92/43/CEE, direttiva c.d. Uccelli 79/409/CEE, poi sostituita dalla direttiva 2009/147/CE). Nell’ipotesi di contaminazione di siti nazionali di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale, la responsabilità sussidiaria del proprietario (già prevista dall’art. 252-bis, comma 2, d.lgs. n. 152/2006, come formulato dal d.lgs. n. 4/2008) è stata eliminata dal nuovo art. 252-bis del Codice dell’Ambiente, introdotto dal c.d. decreto «Destinazione Italia» (art. 4 d.lg. n. 145/2013, convertito con modifiche in l. n. 9/2014) e di cui si è invocata la cancellazione sin dai suoi esordi per aperta violazione del principio “chi inquina paga”. La norma rispecchia appieno la “schizofrenia” del legislatore degli ultimi tempi.File | Dimensione | Formato | |
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