Il lavoro domestico costituisce tradizionalmente una delle nicchie occupazionali più disponibili ad accogliere lavoratori migranti, per ragioni note: bassa qualificazione, scarsa disponibilità della popolazione nativa a parità di condizioni di lavoro, possibilità di evadere controlli di legalità. A ciò si aggiunge quantomeno nel caso italiano la cronica mancanza di welfare nel supporto del lavoro di cura delle famiglie, e dunque, come altri saggi del presente volume hanno evidenziato, vi è anche una specifica richiesta che nasce all’interno delle famiglie italiane. È altrettanto noto come vi sia un senso comune che interpreta il lavoro domestico in modo da «legittimare» la condizione fortemente non egualitaria che esso contiene. Il lavoro domestico viene considerato il più adatto agli immigrati perché sono scarsamente qualificati, anzi si ritiene che essi prediligano il lavoro domestico verso il quale sono più portati, o si ritiene che alcuni gruppi nazionali siano più adatti di altri. Tutto ciò contiene alcuni granelli di verità che servono a rendere credibile questo racconto, ma la realtà è molto più varia e frammentata: il lavoro domestico è il prodotto di un intreccio di scelte individuali e vincoli costituiti da percorsi, reti, incontri, in cui l’elemento forse più evidente è costituito dalle opportunità disponibili e dalle strategie messe in atto dalle/dai migranti. Per analizzare tali strategie, le opportunità ed i vincoli che le condizionano ed orientano abbiamo scelto di confrontare i percorsi e le scelte migratorie di due gruppi che almeno dai dati preliminari appaiono fortemente differenziati tra loro: mauriziani ed albanesi.
Reticoli sociali e transnazionalismo
GRECO, Lidia;PETROSINO, Daniele
2009-01-01
Abstract
Il lavoro domestico costituisce tradizionalmente una delle nicchie occupazionali più disponibili ad accogliere lavoratori migranti, per ragioni note: bassa qualificazione, scarsa disponibilità della popolazione nativa a parità di condizioni di lavoro, possibilità di evadere controlli di legalità. A ciò si aggiunge quantomeno nel caso italiano la cronica mancanza di welfare nel supporto del lavoro di cura delle famiglie, e dunque, come altri saggi del presente volume hanno evidenziato, vi è anche una specifica richiesta che nasce all’interno delle famiglie italiane. È altrettanto noto come vi sia un senso comune che interpreta il lavoro domestico in modo da «legittimare» la condizione fortemente non egualitaria che esso contiene. Il lavoro domestico viene considerato il più adatto agli immigrati perché sono scarsamente qualificati, anzi si ritiene che essi prediligano il lavoro domestico verso il quale sono più portati, o si ritiene che alcuni gruppi nazionali siano più adatti di altri. Tutto ciò contiene alcuni granelli di verità che servono a rendere credibile questo racconto, ma la realtà è molto più varia e frammentata: il lavoro domestico è il prodotto di un intreccio di scelte individuali e vincoli costituiti da percorsi, reti, incontri, in cui l’elemento forse più evidente è costituito dalle opportunità disponibili e dalle strategie messe in atto dalle/dai migranti. Per analizzare tali strategie, le opportunità ed i vincoli che le condizionano ed orientano abbiamo scelto di confrontare i percorsi e le scelte migratorie di due gruppi che almeno dai dati preliminari appaiono fortemente differenziati tra loro: mauriziani ed albanesi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.