I boschi e le risorse forestali in genere hanno avuto nella storia del nostro pianeta e della civiltà umana un ruolo fondamentale. L’atmosfera come la conosciamo oggi, respirabile ed adatta alla vita degli animali, è stata raggiunta solo nel Carbonifero grazie alla grande diffusione delle piante terrestri che avvenne in quel periodo. Le piante produssero grandi quantità di ossigeno come sottoprodotto della funzione clorofilliana necessaria al loro sostentamento. Questa produzione di ossigeno, unitamente al seppellimento di grandi quantità di sostanza organica contenente carbonio prima presenti nell’aria come anidride carbonica, permise a partire da circa 350 milioni di anni fa, di arrivare al 21% di ossigeno libero che oggi caratterizza l’atmosfera. Le foreste sono state, inoltre, un centro importante per l’evoluzione delle civiltà umane fornendo materiali legnosi e non legnosi necessari al riscaldamento, alla costruzione di utensili, attrezzature ed abitazioni, al sostentamento, all’alimentazione e alla cura del corpo. Al tempo stesso i boschi sono stati luoghi dove si sono sviluppati miti, leggende e i primi riti religiosi che hanno caratterizzato le nostre civiltà nel corso dei secoli. Nella cultura corrente è acquisito che gli alberi e le risorse forestali possiedano un’ampia ed articolata multifunzionalità che comprende la fornitura di materiali e di servizi, ma che abbraccia anche la sfera del benessere. Nell’ambito di questa multifunzionalità un ruolo importante che si sta evidenziando nel corso degli ultimi due decenni è quello relativo alla possibilità di contrastare i processi di cambiamento climatico determinati dal rilascio di grandi quantità di gas serra, prevalentemente anidride carbonica, e di limitare i processi di riscaldamento dell’atmosfera (global change). Si tratta quindi di svolgere una funzione essenziale alla nostra stessa sopravvivenza. La crescente preoccupazione della comunità scientifica per i fenomeni legati al cambiamento climatico e al riscaldamento dell’atmosfera, potenziati dalle attività umane legate soprattutto all’uso dei combustibili fossili e alle trasformazioni di uso delle coperture del suolo, ha determinato la necessità di una presa di coscienza anche da parte dell’opinione pubblica generale rispetto alla possibilità di assumere comportamenti individuali congrui. Tale possibilità passa attraverso il potenziamento dei livelli di informazione attinenti ai fattori di regolazione degli scambi atmosferici in grado di influenzare gli elementi del clima globale, in particolare temperatura dell’aria e il regime delle precipitazioni. Scopo di questo volume è quello di contribuire a questa informazione per gli aspetti relativi agli ecosistemi forestali, componenti dei paesaggi e della biosfera cui la scienza riconosce un ruolo chiave nella regolazione del bilancio del carbonio, così nel mantenimento della biodiversità e della identità culturale dei popoli della terra. Per contribuire, in definitiva, a formare nell’opinione pubblica, la capacità critica per discriminare tra atteggiamenti di consumo etico e sostenibile come alternativa a quelli “predatori”. Tra gli ecosistemi forestali, i boschi in particolare, sono in grado di conservare anche per periodi di tempo relativamente lunghi il carbonio assimilato, soprattutto nelle strutture somatiche delle loro componenti caratterizzanti (gli alberi) e nel suolo forestale. Inoltre l’uso dei prodotti legnosi consente di mantenere “bloccate” considerevoli quantità di carbonio per tutto il ciclo di vita delle opere e dei manufatti. Gli ecosistemi forestali, quindi, nel ciclo geochimico ed in quello biogeochimico del carbonio, svolgono contemporaneamente le funzioni di pool di scambio e di pool di riserva. La specie umana è sempre stata in qualche modo dipendente dagli ecosistemi forestali, sia attraverso l’impiego dei beni materiali prodotti dal bosco, dai combustibili alle materie prime da opera e da manifattura, dai frutti alla frasca e alla lettiera, sia attraverso il riconoscimento al bosco di importanti funzioni legate alla protezione idrogeologica e alla dimensione estetico-ricreativa del vivere. In tempi relativamente recenti della storia dell’uomo la relazione con il bosco è divenuta molto complessa e per certi versi contraddittoria per effetto di fenomeni quali il forte incremento demografico verificatosi soprattutto a partire dalla rivoluzione industriale e culminato negli ultimi cinquanta anni del secolo appena trascorso e il progressivo aumento degli standard di consumo delle società occidentali, cui si stanno adeguando anche parti consistenti delle popolazioni di paesi cosiddetti in via di sviluppo, dovuto alle politiche economiche e di mercato globale. 1. Premessa –15– Da una parte, la spinta demografica ha determinato una forte pressione sulle foreste del pianeta per far fronte al crescente fabbisogno di terre da destinare a un’agricoltura e a una zootecnia sempre più intensive. Analogamente avviene per la risorsa acqua la cui disponibilità è regolata dalle foreste stesse (in particolare per l’acqua dolce). Dall’altra parte l’aumento della componente inurbata della società umana e del suo progressivo distacco e perdita di consuetudine con i processi produttivi primari hanno determinato l’incapacità di comprendere il legame tra competenza nell’uso delle risorse e disponibilità di beni e servizi. Questi asppetti hanno come conseguenza o il totale disinteresse verso le questioni della sostenibilità e della equità intergenerazionale, così come verso quelle relative alla conduzione di stili alimentari e di consumo critico, o, all’estremo opposto, la idealizzazione dell’ambiente non urbano e del bosco in particolare, e lo sviluppo di atteggiamenti relativi all’ambiente basati più su posizioni ideologiche, se non addirittura fideistiche che su una reale competenza ecologica. In media, comunque, si evidenzia una grande sottovalutazione del contributo individuale nei confronti della mitigazione del problema comune, ovvero l’inconsapevolezza delle responsabilita individuali nei confronti dell’impronta ecologica del proprio stile di vita. Un caso emblematico, di grande attualità, è quello relativo al crescente consumo dell’olio di palma, materia grassa poco costosa, componente di centinaia di prodotti (margarine, cioccolata, formaggi fusi, biscotti, patate fritte tra quelli alimentari, cosmetici e detergenti, ma anche biocombustibile per trazione) di note multinazionali, per la cui produzione vengono compiute o la trasformazione in piantagioni di palma delle torbiere del Sud Est asiatico o, come segnalato anche dall’UNEP, la deforestazione (mediante abbattimento e bruciatura) delle foreste del Borneo (Malesia, Indonesia, Brunei), della Tailandia, della Cambogia, delle Filippine. Ciò ha conseguenze drammatiche in termini di biodiversità, sulle economie delle comunità umane locali e sulle emissioni di CO2, in contraddizione con lo stesso protocollo di Kyoto. La maggiore contraddizione deriva probabilmente dall’impegno preso da molti governi, UE, ma anche Cinese e Indiano, di incrementare l’uso di biocarburanti, tra cui l’olio di palma, in tempi relativamente brevi (2012-2020). Ciò determinerà l’effetto paradossale che per abbattere le emissioni di gas serra derivanti dalla combustione degli idrocarburi si genereranno emissioni ancora più consistenti attraverso la distruzione di migliaia di ettari di torbiere, tra gli ecosistemi più importanti al mondo per lo stoccaggio del carbonio, e di foresta pluviale tropicale. E’ opportuno sottolineare come numerose voci critiche nei confronti di questo tipo di politica energetica siano presenti all’interno dello stesso parlamento della UE, così come è importante evidenziare che alcune amministrazioni regionali, tra le quali la Toscana, in attesa di un riposizionamento della politica energetica europea e nazionale, abbiano assunto decisioni che prevedono una moratoria nei confronti delle centrali termoelettriche alimentate dall’olio di palma. L’assunzione di responsabilità individuale da parte dei consumatori non è uno sforzo vano se si pensa che, attraverso la crescita dell’interesse e della domanda di beni e servizi rispondenti a precisi criteri di qualità, certificata secondo norme e standard nazionali e internazionali si sono innescati, da una parte il processo di definizione di strumenti di orientamento e di valutazione della gestione forestale verso modelli sostenibili (GFS), e dall’altra quello della messa a punto di sistemi di certificazione dei prodotti forestali, in grado di promuovere anche a livello di mercato la produzione sostenibile. Per illustrare i processi di global change e fornire una corretta informazione sul ruolo reale che le risorse forestali possono svolgere, la Fondazione Gas Natural ha finanziato uno studio al Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali dell’Università degli Studi di Bari che ha visto coinvolti esperti del mondo forestale provenienti da una decina di istituzioni di tutta Italia. Un ruolo importante è stato svolto anche dall’Accademia Italiana di Scienze Forestali che ha favorito la realizzazione di questo network di studio. Il testo cerca di chiarire le diverse questioni legate al riscaldamento dell’atmosfera, i flussi dei gas serra, le origini degli stessi e l’importanza che gli ecosistemi terrestri hanno nel limitare i fenomeni di degrado della biosfera. Sono inoltre evidenziate le azioni che, a livello internazionale, sono portate avanti in questo campo e gli impegni che i singoli stati hanno sottoscritto. Al tempo stesso sono illustrati gli interventi, che in ambito forestale si possono realizzare per potere conseguire gli obiettivi compresi in questi grandi accordi internazionali. A corredo del testo è riportata una sintesi di una ricerca effettuata dal Dipartimento di Scienze delle Produzioni vegetali dell’Università di Bari nella quale si evidenzia come alcune formazioni forestali tipiche del paesaggio mediterraneo siano in grado di produrre biomassa e di conservare al suo interno l’anidride carbonica. Questa ricerca ha anche lo scopo di sensibilizzare il lettore nella percezione del reale danno che si viene a determinare quando queste formazioni forestali vengono interessate dagli incendi. Pur avendo una finalità essenzialmente divulgativa, il testo non ha voluto rinunciare ad un lessico tecnico che è proprio del mondo della ricerca, ma che comunque fa sempre più parte della cultura corrente; per favorire una facile comprensione dei diversi termini e una loro condivisione nel linguaggio comune è stato allegato un glossario.
Foreste e ciclo del carbonio in Italia: come mitigare il cambiamento climatico
SANESI, Giovanni;MAIROTA, Paola
2010-01-01
Abstract
I boschi e le risorse forestali in genere hanno avuto nella storia del nostro pianeta e della civiltà umana un ruolo fondamentale. L’atmosfera come la conosciamo oggi, respirabile ed adatta alla vita degli animali, è stata raggiunta solo nel Carbonifero grazie alla grande diffusione delle piante terrestri che avvenne in quel periodo. Le piante produssero grandi quantità di ossigeno come sottoprodotto della funzione clorofilliana necessaria al loro sostentamento. Questa produzione di ossigeno, unitamente al seppellimento di grandi quantità di sostanza organica contenente carbonio prima presenti nell’aria come anidride carbonica, permise a partire da circa 350 milioni di anni fa, di arrivare al 21% di ossigeno libero che oggi caratterizza l’atmosfera. Le foreste sono state, inoltre, un centro importante per l’evoluzione delle civiltà umane fornendo materiali legnosi e non legnosi necessari al riscaldamento, alla costruzione di utensili, attrezzature ed abitazioni, al sostentamento, all’alimentazione e alla cura del corpo. Al tempo stesso i boschi sono stati luoghi dove si sono sviluppati miti, leggende e i primi riti religiosi che hanno caratterizzato le nostre civiltà nel corso dei secoli. Nella cultura corrente è acquisito che gli alberi e le risorse forestali possiedano un’ampia ed articolata multifunzionalità che comprende la fornitura di materiali e di servizi, ma che abbraccia anche la sfera del benessere. Nell’ambito di questa multifunzionalità un ruolo importante che si sta evidenziando nel corso degli ultimi due decenni è quello relativo alla possibilità di contrastare i processi di cambiamento climatico determinati dal rilascio di grandi quantità di gas serra, prevalentemente anidride carbonica, e di limitare i processi di riscaldamento dell’atmosfera (global change). Si tratta quindi di svolgere una funzione essenziale alla nostra stessa sopravvivenza. La crescente preoccupazione della comunità scientifica per i fenomeni legati al cambiamento climatico e al riscaldamento dell’atmosfera, potenziati dalle attività umane legate soprattutto all’uso dei combustibili fossili e alle trasformazioni di uso delle coperture del suolo, ha determinato la necessità di una presa di coscienza anche da parte dell’opinione pubblica generale rispetto alla possibilità di assumere comportamenti individuali congrui. Tale possibilità passa attraverso il potenziamento dei livelli di informazione attinenti ai fattori di regolazione degli scambi atmosferici in grado di influenzare gli elementi del clima globale, in particolare temperatura dell’aria e il regime delle precipitazioni. Scopo di questo volume è quello di contribuire a questa informazione per gli aspetti relativi agli ecosistemi forestali, componenti dei paesaggi e della biosfera cui la scienza riconosce un ruolo chiave nella regolazione del bilancio del carbonio, così nel mantenimento della biodiversità e della identità culturale dei popoli della terra. Per contribuire, in definitiva, a formare nell’opinione pubblica, la capacità critica per discriminare tra atteggiamenti di consumo etico e sostenibile come alternativa a quelli “predatori”. Tra gli ecosistemi forestali, i boschi in particolare, sono in grado di conservare anche per periodi di tempo relativamente lunghi il carbonio assimilato, soprattutto nelle strutture somatiche delle loro componenti caratterizzanti (gli alberi) e nel suolo forestale. Inoltre l’uso dei prodotti legnosi consente di mantenere “bloccate” considerevoli quantità di carbonio per tutto il ciclo di vita delle opere e dei manufatti. Gli ecosistemi forestali, quindi, nel ciclo geochimico ed in quello biogeochimico del carbonio, svolgono contemporaneamente le funzioni di pool di scambio e di pool di riserva. La specie umana è sempre stata in qualche modo dipendente dagli ecosistemi forestali, sia attraverso l’impiego dei beni materiali prodotti dal bosco, dai combustibili alle materie prime da opera e da manifattura, dai frutti alla frasca e alla lettiera, sia attraverso il riconoscimento al bosco di importanti funzioni legate alla protezione idrogeologica e alla dimensione estetico-ricreativa del vivere. In tempi relativamente recenti della storia dell’uomo la relazione con il bosco è divenuta molto complessa e per certi versi contraddittoria per effetto di fenomeni quali il forte incremento demografico verificatosi soprattutto a partire dalla rivoluzione industriale e culminato negli ultimi cinquanta anni del secolo appena trascorso e il progressivo aumento degli standard di consumo delle società occidentali, cui si stanno adeguando anche parti consistenti delle popolazioni di paesi cosiddetti in via di sviluppo, dovuto alle politiche economiche e di mercato globale. 1. Premessa –15– Da una parte, la spinta demografica ha determinato una forte pressione sulle foreste del pianeta per far fronte al crescente fabbisogno di terre da destinare a un’agricoltura e a una zootecnia sempre più intensive. Analogamente avviene per la risorsa acqua la cui disponibilità è regolata dalle foreste stesse (in particolare per l’acqua dolce). Dall’altra parte l’aumento della componente inurbata della società umana e del suo progressivo distacco e perdita di consuetudine con i processi produttivi primari hanno determinato l’incapacità di comprendere il legame tra competenza nell’uso delle risorse e disponibilità di beni e servizi. Questi asppetti hanno come conseguenza o il totale disinteresse verso le questioni della sostenibilità e della equità intergenerazionale, così come verso quelle relative alla conduzione di stili alimentari e di consumo critico, o, all’estremo opposto, la idealizzazione dell’ambiente non urbano e del bosco in particolare, e lo sviluppo di atteggiamenti relativi all’ambiente basati più su posizioni ideologiche, se non addirittura fideistiche che su una reale competenza ecologica. In media, comunque, si evidenzia una grande sottovalutazione del contributo individuale nei confronti della mitigazione del problema comune, ovvero l’inconsapevolezza delle responsabilita individuali nei confronti dell’impronta ecologica del proprio stile di vita. Un caso emblematico, di grande attualità, è quello relativo al crescente consumo dell’olio di palma, materia grassa poco costosa, componente di centinaia di prodotti (margarine, cioccolata, formaggi fusi, biscotti, patate fritte tra quelli alimentari, cosmetici e detergenti, ma anche biocombustibile per trazione) di note multinazionali, per la cui produzione vengono compiute o la trasformazione in piantagioni di palma delle torbiere del Sud Est asiatico o, come segnalato anche dall’UNEP, la deforestazione (mediante abbattimento e bruciatura) delle foreste del Borneo (Malesia, Indonesia, Brunei), della Tailandia, della Cambogia, delle Filippine. Ciò ha conseguenze drammatiche in termini di biodiversità, sulle economie delle comunità umane locali e sulle emissioni di CO2, in contraddizione con lo stesso protocollo di Kyoto. La maggiore contraddizione deriva probabilmente dall’impegno preso da molti governi, UE, ma anche Cinese e Indiano, di incrementare l’uso di biocarburanti, tra cui l’olio di palma, in tempi relativamente brevi (2012-2020). Ciò determinerà l’effetto paradossale che per abbattere le emissioni di gas serra derivanti dalla combustione degli idrocarburi si genereranno emissioni ancora più consistenti attraverso la distruzione di migliaia di ettari di torbiere, tra gli ecosistemi più importanti al mondo per lo stoccaggio del carbonio, e di foresta pluviale tropicale. E’ opportuno sottolineare come numerose voci critiche nei confronti di questo tipo di politica energetica siano presenti all’interno dello stesso parlamento della UE, così come è importante evidenziare che alcune amministrazioni regionali, tra le quali la Toscana, in attesa di un riposizionamento della politica energetica europea e nazionale, abbiano assunto decisioni che prevedono una moratoria nei confronti delle centrali termoelettriche alimentate dall’olio di palma. L’assunzione di responsabilità individuale da parte dei consumatori non è uno sforzo vano se si pensa che, attraverso la crescita dell’interesse e della domanda di beni e servizi rispondenti a precisi criteri di qualità, certificata secondo norme e standard nazionali e internazionali si sono innescati, da una parte il processo di definizione di strumenti di orientamento e di valutazione della gestione forestale verso modelli sostenibili (GFS), e dall’altra quello della messa a punto di sistemi di certificazione dei prodotti forestali, in grado di promuovere anche a livello di mercato la produzione sostenibile. Per illustrare i processi di global change e fornire una corretta informazione sul ruolo reale che le risorse forestali possono svolgere, la Fondazione Gas Natural ha finanziato uno studio al Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali dell’Università degli Studi di Bari che ha visto coinvolti esperti del mondo forestale provenienti da una decina di istituzioni di tutta Italia. Un ruolo importante è stato svolto anche dall’Accademia Italiana di Scienze Forestali che ha favorito la realizzazione di questo network di studio. Il testo cerca di chiarire le diverse questioni legate al riscaldamento dell’atmosfera, i flussi dei gas serra, le origini degli stessi e l’importanza che gli ecosistemi terrestri hanno nel limitare i fenomeni di degrado della biosfera. Sono inoltre evidenziate le azioni che, a livello internazionale, sono portate avanti in questo campo e gli impegni che i singoli stati hanno sottoscritto. Al tempo stesso sono illustrati gli interventi, che in ambito forestale si possono realizzare per potere conseguire gli obiettivi compresi in questi grandi accordi internazionali. A corredo del testo è riportata una sintesi di una ricerca effettuata dal Dipartimento di Scienze delle Produzioni vegetali dell’Università di Bari nella quale si evidenzia come alcune formazioni forestali tipiche del paesaggio mediterraneo siano in grado di produrre biomassa e di conservare al suo interno l’anidride carbonica. Questa ricerca ha anche lo scopo di sensibilizzare il lettore nella percezione del reale danno che si viene a determinare quando queste formazioni forestali vengono interessate dagli incendi. Pur avendo una finalità essenzialmente divulgativa, il testo non ha voluto rinunciare ad un lessico tecnico che è proprio del mondo della ricerca, ma che comunque fa sempre più parte della cultura corrente; per favorire una facile comprensione dei diversi termini e una loro condivisione nel linguaggio comune è stato allegato un glossario.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.