Il saggio considera la presenza di alcune opere di Orazio Borgianni a Savona, nella Liguria occidentale. In quest’area, tradizionalmente identificata dalla critica come uno dei poli delle cosiddette ‘isole romane’, la testimonianza storicamente più importante afferente il noto artista è fornita dalla pala d’altare con la “Natività della Vergine” nel Santuario di Nostra Signora della Misericordia. Il dipinto - riscoperto per ‘mero caso’ da Roberto Longhi nel 1914 - è tradizionalmente ascritto alla committenza dei Pozzobonelli, famiglia che si rivela un utile tramite per identificare anche altre interessanti evidenze ‘borgiannesche’ nell’area dovute a ulteriori legami con gruppi parentali autoctoni come i Ferreri e i Gavotti. In effetti, questi due casati poterono contare entrambi su ricche collezioni, rispettivamente inventariate nel 1676 e nel 1682. In particolare, la quadreria dei Gavotti vantava una “Nostra Signora con san Giuseppe, Bambino con cornice dorata con una colomba in braccio et altra figura” data al Borgianni. Il dipinto, menzionato nel repertorio del 1682 e riferito all’eredità di Gio Carlo Gavotti, noto per i suoi legami con artisti come Guido Reni e personalità come il cardinale Mazarino, coincide con un esemplare ancora conservato in collezione privata a Savona. Condotto dal Laboratorio Persano&Radelet di Torino, il recente restauro dell’opera - peraltro dotata di una soluzione iconografica di grande fortuna che reinterpreta il motivo della colomba della “Sacra Conversazione” presso la Galleria Nazionale di Palazzo Barberini - ha rivelato la sigla dell’artista contraddistinta dalle caratteristiche lettere iniziali “OB” sul bastone di san Giuseppe, elemento identificativo invece assente nella versione Koerfer, ma caratterizzante le varianti Longhi (che comprò diversi quadri dai Gavotti) e Hazlitt. Tale circostanza, consente non solo nuove considerazioni di natura attributiva in virtù della valutazione dei dati scaturiti dall’intervento conservativo, ma, soprattutto, permette, avendo sempre come riferimento il manufatto artistico e attraverso il filtro di circostanziate evidenze documentarie, di fare luce su alcune dinamiche artistiche del Seicento (ad esempio sul fronte della ricezione di modelli) nella dimensione larga della Repubblica di Genova. In particolare, l’episodio è una dimostrazione di come la pratica del mecenatismo non fu solo appannaggio del patriziato urbano legato all’ipernodo genovese, ma anche di quei ‘Genovesi fuori di Genova’ che - pur abitando nei domini occidentali dei territori ligustici - colsero al meglio le possibilità offerte dai loro commerci e dalle loro attività finanziarie; una cerchia di ‘virtuosi’ e conoscitori, dunque, che, trasformando capitale economico in capitale simbolico, seppe aprirsi così ad un panorama sovra-locale attraverso opere ‘pubbliche’ e soprattutto private provenienti dal grande emporio romano.

PER ORAZIO BORGIANNI (1578-1616) A SAVONA E LA SACRA FAMIGLIA CON SANT'ANNA DELL'ABATE GIO CARLO GAVOTTI

Leonardi, Andrea
2013-01-01

Abstract

Il saggio considera la presenza di alcune opere di Orazio Borgianni a Savona, nella Liguria occidentale. In quest’area, tradizionalmente identificata dalla critica come uno dei poli delle cosiddette ‘isole romane’, la testimonianza storicamente più importante afferente il noto artista è fornita dalla pala d’altare con la “Natività della Vergine” nel Santuario di Nostra Signora della Misericordia. Il dipinto - riscoperto per ‘mero caso’ da Roberto Longhi nel 1914 - è tradizionalmente ascritto alla committenza dei Pozzobonelli, famiglia che si rivela un utile tramite per identificare anche altre interessanti evidenze ‘borgiannesche’ nell’area dovute a ulteriori legami con gruppi parentali autoctoni come i Ferreri e i Gavotti. In effetti, questi due casati poterono contare entrambi su ricche collezioni, rispettivamente inventariate nel 1676 e nel 1682. In particolare, la quadreria dei Gavotti vantava una “Nostra Signora con san Giuseppe, Bambino con cornice dorata con una colomba in braccio et altra figura” data al Borgianni. Il dipinto, menzionato nel repertorio del 1682 e riferito all’eredità di Gio Carlo Gavotti, noto per i suoi legami con artisti come Guido Reni e personalità come il cardinale Mazarino, coincide con un esemplare ancora conservato in collezione privata a Savona. Condotto dal Laboratorio Persano&Radelet di Torino, il recente restauro dell’opera - peraltro dotata di una soluzione iconografica di grande fortuna che reinterpreta il motivo della colomba della “Sacra Conversazione” presso la Galleria Nazionale di Palazzo Barberini - ha rivelato la sigla dell’artista contraddistinta dalle caratteristiche lettere iniziali “OB” sul bastone di san Giuseppe, elemento identificativo invece assente nella versione Koerfer, ma caratterizzante le varianti Longhi (che comprò diversi quadri dai Gavotti) e Hazlitt. Tale circostanza, consente non solo nuove considerazioni di natura attributiva in virtù della valutazione dei dati scaturiti dall’intervento conservativo, ma, soprattutto, permette, avendo sempre come riferimento il manufatto artistico e attraverso il filtro di circostanziate evidenze documentarie, di fare luce su alcune dinamiche artistiche del Seicento (ad esempio sul fronte della ricezione di modelli) nella dimensione larga della Repubblica di Genova. In particolare, l’episodio è una dimostrazione di come la pratica del mecenatismo non fu solo appannaggio del patriziato urbano legato all’ipernodo genovese, ma anche di quei ‘Genovesi fuori di Genova’ che - pur abitando nei domini occidentali dei territori ligustici - colsero al meglio le possibilità offerte dai loro commerci e dalle loro attività finanziarie; una cerchia di ‘virtuosi’ e conoscitori, dunque, che, trasformando capitale economico in capitale simbolico, seppe aprirsi così ad un panorama sovra-locale attraverso opere ‘pubbliche’ e soprattutto private provenienti dal grande emporio romano.
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