Il Comitato Nazionale per la Bioetica ha recentemente e nuovamente portato alla sua attenzione la definizione delle competenze del bioeticista, «un problema particolarmente complesso che la bioetica porta con sé: il suo stesso statuto epistemologico, a netta vocazione interdisciplinare e pluralista, pone non poche difficoltà a definire abilità, conoscenze e quindi competenze» . In particolare, intende riferirsi alle competenze essenziali dell'esperto di bioetica, quale componente dei comitati etici, così come previsto dal Decreto del Ministero della Salute “Criteri per la composizione e il funzionamento dei comitati etici” del 2013. La mancanza di puntualità e organicità che ha caratterizzato gli assetti definitori troverebbe motivazione nella necessità di non disperdere l’interdisciplinarietà e la complessità della bioetica, «si teme che definire le competenze, stabilire criteri per la formazione con cui acquisirle e altri con cui accertarle, riduca la ricchezza, il movimento, la vita stessa della bioetica, pensata non come “un sapere”, ma come “dialogo tra saperi”, non come “una determinata visione etica”, ma come “dialogo tra visioni etiche diverse”» . Tuttavia, questa scelta ha determinato in molti casi la scarsa qualificazione del bioeticista soprattutto rispetto alle competenze etico-filosofiche, svalutate da chi riduce la formazione etica a un semplice capitolo della deontologia professionale, o la fa «coincidere con una salda obbedienza ai dettati della comunità ideologica di appartenenza» . Il comitato nazionale di bioetica ripropone con questo parere la questione, riesaminando lo statuto epistemologico della bioetica, la cui definizione costituisce il prius logico delle competenze del bioeticista. Tale dibattito si inserisce in un contesto in cui la domanda etica si fa sempre più insistente in vari campi del sapere e dell’agire, dall’ambito medico a quello dell’intelligenza artificiale, rendendo questo sforzo definitorio non più eludibile.

Le competenze del bioeticista. alle soglie di una definizione

saponaro maria benedetta
2023-01-01

Abstract

Il Comitato Nazionale per la Bioetica ha recentemente e nuovamente portato alla sua attenzione la definizione delle competenze del bioeticista, «un problema particolarmente complesso che la bioetica porta con sé: il suo stesso statuto epistemologico, a netta vocazione interdisciplinare e pluralista, pone non poche difficoltà a definire abilità, conoscenze e quindi competenze» . In particolare, intende riferirsi alle competenze essenziali dell'esperto di bioetica, quale componente dei comitati etici, così come previsto dal Decreto del Ministero della Salute “Criteri per la composizione e il funzionamento dei comitati etici” del 2013. La mancanza di puntualità e organicità che ha caratterizzato gli assetti definitori troverebbe motivazione nella necessità di non disperdere l’interdisciplinarietà e la complessità della bioetica, «si teme che definire le competenze, stabilire criteri per la formazione con cui acquisirle e altri con cui accertarle, riduca la ricchezza, il movimento, la vita stessa della bioetica, pensata non come “un sapere”, ma come “dialogo tra saperi”, non come “una determinata visione etica”, ma come “dialogo tra visioni etiche diverse”» . Tuttavia, questa scelta ha determinato in molti casi la scarsa qualificazione del bioeticista soprattutto rispetto alle competenze etico-filosofiche, svalutate da chi riduce la formazione etica a un semplice capitolo della deontologia professionale, o la fa «coincidere con una salda obbedienza ai dettati della comunità ideologica di appartenenza» . Il comitato nazionale di bioetica ripropone con questo parere la questione, riesaminando lo statuto epistemologico della bioetica, la cui definizione costituisce il prius logico delle competenze del bioeticista. Tale dibattito si inserisce in un contesto in cui la domanda etica si fa sempre più insistente in vari campi del sapere e dell’agire, dall’ambito medico a quello dell’intelligenza artificiale, rendendo questo sforzo definitorio non più eludibile.
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