“Rievocando liberamente un verso celebre e programmatico di un’iscrizione damasiana (ED 21, 11: quaeritur inventus colitur, fovet omnia praestat), a questo progetto abbiamo voluto attribuire il titolo di Coemeteria requirere, per significare simbolicamente un impegno di ricerca, non già finalizzato, come per Damaso alla ricerca di deposizioni martiriali, ma ‘più prosaicamente’, e senza ‘precomprensioni’, rivolto alla scoperta e alla lettura di un contenitore-archivio -quale si configura nella sua complessità un insediamento sepolcrale- che attraverso ‘il trauma’ antropologico della morte e della memoria (culturale e storica) ad essa connessa, parla comunque, più o meno esplicitamente, di vita vissuta, dei singoli e della collettività”. Con queste parole, Carlo Carletti enucleava il senso di un progetto avviato nel 2004 dall’allora Dipartimento di studi classici e cristiani dell’Università degli studi di Bari e interrotto nel 2006. Le indagini nel complesso cimiteriale in località Lamapopoli, a Canosa di Puglia, furono condotte in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni archeologici della Puglia e la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra (= PCAS). Esse si concentrarono soprattutto in tre settori: l’ipogeo A e la catacomba C cd. di ‘s. Sofia’ (saggio I), un settore circoscritto della necropoli subdiale (saggio III) e -a nord di quest’ultima- un’area, di circa 100 m2, mai indagata precedentemente (saggio V). Nel 2006, la scelta di impostare un saggio di approfondimento in un’area su cui non esistevano segnalazioni pregresse (saggio V, fig. 1) era motivata dal fatto che le esplorazioni dall’interno delle gallerie facevano plausibilmente supporre la presenza degli ingressi originari di alcuni ipogei, di cui -almeno in un caso- si sono rinvenuti elementi di conferma. Se da un lato, l’individuazione degli accessi antichi risulta di particolare importanza in quanto potrebbe permetterne più agevolmente l’esplorazione, la messa in sicurezza e la conservazione, dall’altro, proprio l’indagine stratigrafica del 2006 ha confermato e reso più evidente quanto sia complessa l’individuazione dei pianori su cui si aprivano gli ingressi agli ipogei. Il profilo originario del costone roccioso risulta in gran parte ignoto, in quanto interessato da crolli e frane e obliterato da depositi alluvionali che nel corso dei secoli hanno profondamente modificato l’orografia del paesaggio antico. Le indagini del 2006 hanno portato alla luce in questo settore un gruppo di tre ipogei sovrapposti e adiacenti (F, G e H), a cui è dedicata questa monografia, che da subito hanno posto diversi e urgenti problemi di messa in sicurezza e conservazione. Questo è stato il punto di partenza alla ripresa degli interventi da parte della PCAS. Com’è noto, la PCAS è l’Istituzione preposta alla salvaguardia degli insediamenti catacombali di accertata committenza cristiana situati sul territorio italiano, come previsto dal Concordato tra Santa Sede e Stato italiano del 1984. L’Ispettorato per le Catacombe della Puglia, istituito dalla PCAS nel 2010, per motivi estranei alla sua volontà e al suo programma operativo, ha dovuto attendere la fine del 2016 per riprendere le attività d’indagine e per iniziare a porre in opera interventi di messa in sicurezza, stabilizzazione e tutela degli ipogei nel complesso catacombale, quindi dieci anni dopo le ultime attività archeologiche, pur essendo evidente, sin dal momento della messa in luce, il precario stato di conservazione di alcune strutture sepolcrali ipogee. Si tratta di un elemento di cui tener conto nella valutazione della condizione delle evidenze e del relativo processo di deterioramento subito. Su queste premesse, nel 2016 la PCAS ha avviato un progetto per un graduale, ma sistematico risanamento dell’intero complesso, basato sulla programmazione delle attività sul medio e lungo periodo.

Introduzione

Paola De Santis
2023-01-01

Abstract

“Rievocando liberamente un verso celebre e programmatico di un’iscrizione damasiana (ED 21, 11: quaeritur inventus colitur, fovet omnia praestat), a questo progetto abbiamo voluto attribuire il titolo di Coemeteria requirere, per significare simbolicamente un impegno di ricerca, non già finalizzato, come per Damaso alla ricerca di deposizioni martiriali, ma ‘più prosaicamente’, e senza ‘precomprensioni’, rivolto alla scoperta e alla lettura di un contenitore-archivio -quale si configura nella sua complessità un insediamento sepolcrale- che attraverso ‘il trauma’ antropologico della morte e della memoria (culturale e storica) ad essa connessa, parla comunque, più o meno esplicitamente, di vita vissuta, dei singoli e della collettività”. Con queste parole, Carlo Carletti enucleava il senso di un progetto avviato nel 2004 dall’allora Dipartimento di studi classici e cristiani dell’Università degli studi di Bari e interrotto nel 2006. Le indagini nel complesso cimiteriale in località Lamapopoli, a Canosa di Puglia, furono condotte in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni archeologici della Puglia e la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra (= PCAS). Esse si concentrarono soprattutto in tre settori: l’ipogeo A e la catacomba C cd. di ‘s. Sofia’ (saggio I), un settore circoscritto della necropoli subdiale (saggio III) e -a nord di quest’ultima- un’area, di circa 100 m2, mai indagata precedentemente (saggio V). Nel 2006, la scelta di impostare un saggio di approfondimento in un’area su cui non esistevano segnalazioni pregresse (saggio V, fig. 1) era motivata dal fatto che le esplorazioni dall’interno delle gallerie facevano plausibilmente supporre la presenza degli ingressi originari di alcuni ipogei, di cui -almeno in un caso- si sono rinvenuti elementi di conferma. Se da un lato, l’individuazione degli accessi antichi risulta di particolare importanza in quanto potrebbe permetterne più agevolmente l’esplorazione, la messa in sicurezza e la conservazione, dall’altro, proprio l’indagine stratigrafica del 2006 ha confermato e reso più evidente quanto sia complessa l’individuazione dei pianori su cui si aprivano gli ingressi agli ipogei. Il profilo originario del costone roccioso risulta in gran parte ignoto, in quanto interessato da crolli e frane e obliterato da depositi alluvionali che nel corso dei secoli hanno profondamente modificato l’orografia del paesaggio antico. Le indagini del 2006 hanno portato alla luce in questo settore un gruppo di tre ipogei sovrapposti e adiacenti (F, G e H), a cui è dedicata questa monografia, che da subito hanno posto diversi e urgenti problemi di messa in sicurezza e conservazione. Questo è stato il punto di partenza alla ripresa degli interventi da parte della PCAS. Com’è noto, la PCAS è l’Istituzione preposta alla salvaguardia degli insediamenti catacombali di accertata committenza cristiana situati sul territorio italiano, come previsto dal Concordato tra Santa Sede e Stato italiano del 1984. L’Ispettorato per le Catacombe della Puglia, istituito dalla PCAS nel 2010, per motivi estranei alla sua volontà e al suo programma operativo, ha dovuto attendere la fine del 2016 per riprendere le attività d’indagine e per iniziare a porre in opera interventi di messa in sicurezza, stabilizzazione e tutela degli ipogei nel complesso catacombale, quindi dieci anni dopo le ultime attività archeologiche, pur essendo evidente, sin dal momento della messa in luce, il precario stato di conservazione di alcune strutture sepolcrali ipogee. Si tratta di un elemento di cui tener conto nella valutazione della condizione delle evidenze e del relativo processo di deterioramento subito. Su queste premesse, nel 2016 la PCAS ha avviato un progetto per un graduale, ma sistematico risanamento dell’intero complesso, basato sulla programmazione delle attività sul medio e lungo periodo.
2023
9788888420356
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/430364
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