Undicimila e uno. La cifra è eloquente della sproporzione tra il numero dei prigionieri argentini e dell’unico prigioniero militare britannico nella guerra delle Falklands del 1982, significativa dell’andamento delle operazioni militari, e indicativa delle problematiche politiche, giuridiche e diplomatiche che la gestione dei prigionieri di guerra pose. La memoria storica del trattamento dei prigionieri di guerra non era recente. Bisognava risalire al Secondo conflitto mondiale per rintracciare i più vicini precedenti. L’aspetto diplomatico, per ovvie ragioni, assunse un ruolo centrale nella risoluzione del problema, sia per il profilo relativo al dialogo e alle comunicazioni tra Regno Unito e Argentina, che per la supervisione della Croce Rossa Internazionale, nonché per gli alleati dei due paesi, che venivano a trovarsi in una delicata situazione, considerato che il principale alleato era lo stesso per entrambi: gli Stati Uniti. La revoca delle sanzioni economiche e la ripresa di normali relazioni erano infatti vivamente desiderate da europei e americani. La mancanza di una dichiarazione ufficiale di fine delle ostilità da parte argentina suggerì ai britannici la decisione di trattenerne alcune centinaia come mezzo di pressione per la rinuncia a velleità di ripresa delle operazioni militari, nonché per la consegna dell’unico prigioniero militare e di tre giornalisti britannici. Questo divenne il capitolo più problematico della vicenda, poiché rischiava di configurare possibili violazioni delle Convenzioni di Ginevra e di imbarazzare gli amici ed alleati della Gran Bretagna. Entrambi i contendenti, comunque, rivendicarono a se stessi, e negarono all’altro, il merito di aver pienamente e cavallerescamente trattato i prigionieri di guerra e rispettato le leggi internazionali.

"Undicimila e uno: il problema politico e diplomatico dei prigionieri nella guerra delle Falklands".

NERI Nicola
2018-01-01

Abstract

Undicimila e uno. La cifra è eloquente della sproporzione tra il numero dei prigionieri argentini e dell’unico prigioniero militare britannico nella guerra delle Falklands del 1982, significativa dell’andamento delle operazioni militari, e indicativa delle problematiche politiche, giuridiche e diplomatiche che la gestione dei prigionieri di guerra pose. La memoria storica del trattamento dei prigionieri di guerra non era recente. Bisognava risalire al Secondo conflitto mondiale per rintracciare i più vicini precedenti. L’aspetto diplomatico, per ovvie ragioni, assunse un ruolo centrale nella risoluzione del problema, sia per il profilo relativo al dialogo e alle comunicazioni tra Regno Unito e Argentina, che per la supervisione della Croce Rossa Internazionale, nonché per gli alleati dei due paesi, che venivano a trovarsi in una delicata situazione, considerato che il principale alleato era lo stesso per entrambi: gli Stati Uniti. La revoca delle sanzioni economiche e la ripresa di normali relazioni erano infatti vivamente desiderate da europei e americani. La mancanza di una dichiarazione ufficiale di fine delle ostilità da parte argentina suggerì ai britannici la decisione di trattenerne alcune centinaia come mezzo di pressione per la rinuncia a velleità di ripresa delle operazioni militari, nonché per la consegna dell’unico prigioniero militare e di tre giornalisti britannici. Questo divenne il capitolo più problematico della vicenda, poiché rischiava di configurare possibili violazioni delle Convenzioni di Ginevra e di imbarazzare gli amici ed alleati della Gran Bretagna. Entrambi i contendenti, comunque, rivendicarono a se stessi, e negarono all’altro, il merito di aver pienamente e cavallerescamente trattato i prigionieri di guerra e rispettato le leggi internazionali.
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