L’asse strategico fra il Mar Nero e il Mar Rosso rimase in definitiva l’unico orizzonte di potenziale espansione per la politica estera italiana. Ben più verso Suez piuttosto che verso Gibilterra potette spiegarsi l’ambizione italiana e la conseguente : “…marcia dell’Italia all’oceano contro la Gran Bretagna e la Francia” . A ben vedere quest’asse era la prosecuzione della linea Po-Danubio già intuita dalla diplomazia di Cavour come grande direttrice di politica estera del Regno di Sardegna . Naturalmente questa è anche e soprattutto la storia della progressiva riduzione di potenza che l’impero ottomano soffre e cerca di contrastare nel secolo intercorrente tra il primo impero francese ed il primo conflitto mondiale, e della relativa sostituzione ad esso, in questo crescente “vuoto di potenza”, delle altre Potenze del concerto europeo, sia attraverso lo strumento dell’alleanza che attraverso quello del conflitto. La Marina italiana degli esordi non si concentrò sui grandi problemi del potere navale e della strategia marittima, ma era e volle essere innanzitutto un onesto strumento di difesa delle coste del Paese. Cionondimeno non si può affermare che essa abbia mai posseduto il “command of the sea”, inteso nel senso di dominio del mare sufficiente al trasporto di una significativa forza di spedizione militare attraverso le acque senza il rischio di incorrere in gravi perdite . In effetti questo non fu raggiunto per intero nemmeno nel secondo conflitto mondiale, se si pensa ad esempio alle difficoltà di rifornire le forze che combattevano in Africa settentrionale. Fin troppa fortuna ha avuto il passaggio di un rapporto di un ufficiale di marina britannico sulla flotta italiana nel 1892: “ I do not know what is amiss with the Italian Navy. It is not in ships; it is not in officers…it is not in science…it is not in pluck and hard work; it is not in seamanship…Yet there is something amiss, something that I can’t help being conscious of. And the upshot of it all is, that if I had a heavy job on hand here, I would rather. Even if I had a very inferior force of my own, attempt it without than with Italian help” . Naturalmente ciò che difettava alla Marina italiana, e che colpiva negativamente l’osservatore britannico, era la mancanza del tipo e del profilo di tradizione militare proprie, ad esempio, della Royal Navy, e, naturalmente, per la giovane Marina di un giovane Paese, “ultimo fra le Grandi Potenze”, non poteva non esser così. Credo fermamente che percorrere la direzione del potere marittimo non faccia certo scoprire, ma chiarisca in modo inequivocabile i pilastri irrinunciabili del perimetro della politica estera italiana dell’era dell’imperialismo: con l’Inghilterra sempre, nella Triplice con qualche criticità, contro la Francia se necessario. E’ appena il caso di rammentare, in conclusione, che il potere marittimo, in funzione imperialista e non, fu tra le priorità assolute nella dinamica delle relazioni internazionali dell’epoca in oggetto, atteso che la risoluzione di queste problematiche condusse alla formazione della Triplice Intesa, mentre la irrisolta rivalità navale anglo-tedesca portò al primo conflitto mondiale.

Tra il Mar Nero e il Mar Rosso: Diplomazia dell'imperialismo e potere marittimo italiani nel Mediterraneo orientale

NERI, Nicola
2006-01-01

Abstract

L’asse strategico fra il Mar Nero e il Mar Rosso rimase in definitiva l’unico orizzonte di potenziale espansione per la politica estera italiana. Ben più verso Suez piuttosto che verso Gibilterra potette spiegarsi l’ambizione italiana e la conseguente : “…marcia dell’Italia all’oceano contro la Gran Bretagna e la Francia” . A ben vedere quest’asse era la prosecuzione della linea Po-Danubio già intuita dalla diplomazia di Cavour come grande direttrice di politica estera del Regno di Sardegna . Naturalmente questa è anche e soprattutto la storia della progressiva riduzione di potenza che l’impero ottomano soffre e cerca di contrastare nel secolo intercorrente tra il primo impero francese ed il primo conflitto mondiale, e della relativa sostituzione ad esso, in questo crescente “vuoto di potenza”, delle altre Potenze del concerto europeo, sia attraverso lo strumento dell’alleanza che attraverso quello del conflitto. La Marina italiana degli esordi non si concentrò sui grandi problemi del potere navale e della strategia marittima, ma era e volle essere innanzitutto un onesto strumento di difesa delle coste del Paese. Cionondimeno non si può affermare che essa abbia mai posseduto il “command of the sea”, inteso nel senso di dominio del mare sufficiente al trasporto di una significativa forza di spedizione militare attraverso le acque senza il rischio di incorrere in gravi perdite . In effetti questo non fu raggiunto per intero nemmeno nel secondo conflitto mondiale, se si pensa ad esempio alle difficoltà di rifornire le forze che combattevano in Africa settentrionale. Fin troppa fortuna ha avuto il passaggio di un rapporto di un ufficiale di marina britannico sulla flotta italiana nel 1892: “ I do not know what is amiss with the Italian Navy. It is not in ships; it is not in officers…it is not in science…it is not in pluck and hard work; it is not in seamanship…Yet there is something amiss, something that I can’t help being conscious of. And the upshot of it all is, that if I had a heavy job on hand here, I would rather. Even if I had a very inferior force of my own, attempt it without than with Italian help” . Naturalmente ciò che difettava alla Marina italiana, e che colpiva negativamente l’osservatore britannico, era la mancanza del tipo e del profilo di tradizione militare proprie, ad esempio, della Royal Navy, e, naturalmente, per la giovane Marina di un giovane Paese, “ultimo fra le Grandi Potenze”, non poteva non esser così. Credo fermamente che percorrere la direzione del potere marittimo non faccia certo scoprire, ma chiarisca in modo inequivocabile i pilastri irrinunciabili del perimetro della politica estera italiana dell’era dell’imperialismo: con l’Inghilterra sempre, nella Triplice con qualche criticità, contro la Francia se necessario. E’ appena il caso di rammentare, in conclusione, che il potere marittimo, in funzione imperialista e non, fu tra le priorità assolute nella dinamica delle relazioni internazionali dell’epoca in oggetto, atteso che la risoluzione di queste problematiche condusse alla formazione della Triplice Intesa, mentre la irrisolta rivalità navale anglo-tedesca portò al primo conflitto mondiale.
2006
88-7949-414-7
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