Il tema del diritto agli alimenti nella familia romana ha spesso sollecitato l’interesse degli studiosi. La storia di questo istituto che, al limite tra il diritto e l’etica, offre a ogni nuova analisi ulteriori spunti di riflessione, presenta ancora zone d’ombra nel suo momento genetico. In particolare, non è chiaro se e in che modo i giuristi classici abbiano contribuito alla configurazione di un obbligo alimentare reciproco tra genitori e figli, prima che esso ricevesse tutela nel processo cognitorio. Secondo un’opinione diffusa, prima dell’età classica il carattere rigidamente potestativo della famiglia romana non consentiva di concepire un dovere del padre di alimentare i figli, inconciliabile con il ius vitae necisque, né l’obbligo legale dei sottoposti di provvedere all’assistenza dei propri ascendenti, in mancanza di un autonomo patrimonio con cui farvi fronte. Il diritto agli alimenti doveva, d’altra parte, ritenersi escluso anche tra il padre e i figli che, a seguito dell’emancipazione, divenivano estranei alla famiglia. Lo sviluppo del diritto e del reciproco obbligo alimentare tra genitori e figli sarebbe, quindi, da riconnettere, in base a questa ricostruzione, al progressivo declino della patria potestas e al riconoscimento di un’autonoma sfera patrimoniale ai filii familias da parte dell’ordinamento giuridico. In base alle fonti, l’istituto, disciplinato a partire dalla metà del secondo secolo d.C. da rescritti imperiali per casi specifici, ricevette poi tutela nell’ambito della cognitio extra ordinem, fino a trovare compiuta regolamentazione nel diritto giustinianeo. Obiettivo principale della ricerca è ridefinire la storia dell’obbligo legale agli alimenti nella famiglia romana, e dimostrare che l’origine di esso possa essere rintracciato nella riflessione dei giuristi, a partire da Labeone. Seguendo la linea di un ideale percorso a ritroso, si è scelto di prendere le mosse dall’obbligo alimentare dei figli verso i genitori, con ciò muovendo dalla prospettiva opposta a quella che ha finora orientato le indagini sul tema. Nella ricostruzione dell’istituto alimentare, infatti, l’attenzione si è particolarmente concentrata sulla posizione del pater nei confronti del filius familias. Di qui la difficoltà a ipotizzare una tutela processuale ordinaria dell’obbligo alimentare, date le prerogative della patria potestas e l’impossibiltà del figlio di agire in giudizio contro il padre. Non si può escludere, però, che già nell’ordo iudiciorum privatorum si fosse trovato il modo di garantire al genitore indigente l’aiuto del figlio facoltoso e non sottoposto. La ricerca procede, dunque, attraverso l’esegesi delle testimonianze che confortano questa ipotesi offrendo, in definitiva, un quadro delle soluzioni tecnico-giuridiche che condussero alla configurazione del diritto agli alimenti nella famiglia romana.

Anna De Francesco, Il diritto agli alimenti tra genitori e figli. Un'ipotesi ricostruttiva

DE FRANCESCO, Anna
2001-01-01

Abstract

Il tema del diritto agli alimenti nella familia romana ha spesso sollecitato l’interesse degli studiosi. La storia di questo istituto che, al limite tra il diritto e l’etica, offre a ogni nuova analisi ulteriori spunti di riflessione, presenta ancora zone d’ombra nel suo momento genetico. In particolare, non è chiaro se e in che modo i giuristi classici abbiano contribuito alla configurazione di un obbligo alimentare reciproco tra genitori e figli, prima che esso ricevesse tutela nel processo cognitorio. Secondo un’opinione diffusa, prima dell’età classica il carattere rigidamente potestativo della famiglia romana non consentiva di concepire un dovere del padre di alimentare i figli, inconciliabile con il ius vitae necisque, né l’obbligo legale dei sottoposti di provvedere all’assistenza dei propri ascendenti, in mancanza di un autonomo patrimonio con cui farvi fronte. Il diritto agli alimenti doveva, d’altra parte, ritenersi escluso anche tra il padre e i figli che, a seguito dell’emancipazione, divenivano estranei alla famiglia. Lo sviluppo del diritto e del reciproco obbligo alimentare tra genitori e figli sarebbe, quindi, da riconnettere, in base a questa ricostruzione, al progressivo declino della patria potestas e al riconoscimento di un’autonoma sfera patrimoniale ai filii familias da parte dell’ordinamento giuridico. In base alle fonti, l’istituto, disciplinato a partire dalla metà del secondo secolo d.C. da rescritti imperiali per casi specifici, ricevette poi tutela nell’ambito della cognitio extra ordinem, fino a trovare compiuta regolamentazione nel diritto giustinianeo. Obiettivo principale della ricerca è ridefinire la storia dell’obbligo legale agli alimenti nella famiglia romana, e dimostrare che l’origine di esso possa essere rintracciato nella riflessione dei giuristi, a partire da Labeone. Seguendo la linea di un ideale percorso a ritroso, si è scelto di prendere le mosse dall’obbligo alimentare dei figli verso i genitori, con ciò muovendo dalla prospettiva opposta a quella che ha finora orientato le indagini sul tema. Nella ricostruzione dell’istituto alimentare, infatti, l’attenzione si è particolarmente concentrata sulla posizione del pater nei confronti del filius familias. Di qui la difficoltà a ipotizzare una tutela processuale ordinaria dell’obbligo alimentare, date le prerogative della patria potestas e l’impossibiltà del figlio di agire in giudizio contro il padre. Non si può escludere, però, che già nell’ordo iudiciorum privatorum si fosse trovato il modo di garantire al genitore indigente l’aiuto del figlio facoltoso e non sottoposto. La ricerca procede, dunque, attraverso l’esegesi delle testimonianze che confortano questa ipotesi offrendo, in definitiva, un quadro delle soluzioni tecnico-giuridiche che condussero alla configurazione del diritto agli alimenti nella famiglia romana.
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