Il volume propone un’analisi approfondita (condotta sotto l’aspetto filologico, letterario, linguistico, contenutistico) dei vv. 603-645 dell’Aetna, il componimento anonimo più esteso tra quelli tràditi nell’Appendix Vergiliana. Si tratta dei versi finali del carme, in cui viene narrata la miranda fabula dei pii fratres catanesi: costoro, mentre lava e fiamme distruggono ogni cosa, non pensano a mettere in salvo beni materiali, ma si preoccupano unicamente (come il pius Aeneas) di portare via con sé gli anziani genitori. Il racconto di questo noto esempio di pietas filiale non appare affatto in contraddizione (come pure si è pensato) con i numerosi luoghi dell’Aetna in cui esplicito è il disprezzo verso i mendacia narrati dai poeti e viene esaltata la conoscenza scientifica: al contrario, esso è del tutto coerente con l’intento didascalico che anima l’autore. Il vero disaskalos - questo sembra essere il messaggio che conclude il poemetto - deve saper coniugare insegnamenti scientifici e ammaestramenti d’ordine morale: per questo, dopo aver insegnato il perché dei fenomeni vulcanici, egli ammaestra anche su come comportarsi quando la natura è portatrice di morte e distruzione. E mentre il vulcano appare quasi una metafora di quanto di meraviglioso e al tempo stesso terrificante circonda la vita degli uomini, il poeta ricorda che solo l’amore verso i più deboli, l’attenzione alle altrui sofferenze può salvare: come i pii fratres che, incolumi insieme ai genitori, attraversano quelle stesse fiamme che, intorno, distruggono e uccidono.

La miranda fabula dei pii fratres in Aetna 603-645

SANTELIA, Stefania
2012-01-01

Abstract

Il volume propone un’analisi approfondita (condotta sotto l’aspetto filologico, letterario, linguistico, contenutistico) dei vv. 603-645 dell’Aetna, il componimento anonimo più esteso tra quelli tràditi nell’Appendix Vergiliana. Si tratta dei versi finali del carme, in cui viene narrata la miranda fabula dei pii fratres catanesi: costoro, mentre lava e fiamme distruggono ogni cosa, non pensano a mettere in salvo beni materiali, ma si preoccupano unicamente (come il pius Aeneas) di portare via con sé gli anziani genitori. Il racconto di questo noto esempio di pietas filiale non appare affatto in contraddizione (come pure si è pensato) con i numerosi luoghi dell’Aetna in cui esplicito è il disprezzo verso i mendacia narrati dai poeti e viene esaltata la conoscenza scientifica: al contrario, esso è del tutto coerente con l’intento didascalico che anima l’autore. Il vero disaskalos - questo sembra essere il messaggio che conclude il poemetto - deve saper coniugare insegnamenti scientifici e ammaestramenti d’ordine morale: per questo, dopo aver insegnato il perché dei fenomeni vulcanici, egli ammaestra anche su come comportarsi quando la natura è portatrice di morte e distruzione. E mentre il vulcano appare quasi una metafora di quanto di meraviglioso e al tempo stesso terrificante circonda la vita degli uomini, il poeta ricorda che solo l’amore verso i più deboli, l’attenzione alle altrui sofferenze può salvare: come i pii fratres che, incolumi insieme ai genitori, attraversano quelle stesse fiamme che, intorno, distruggono e uccidono.
2012
978-88-6611-121-4
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