Sotto la definizione di traduzione intersemiotica rientrano le più varie e fantasiose forme di equivalenze traduttive. Nel caso specifico della presente ricerca, si è circoscritto l’ambito di indagine alla traduzione-trasformazione di un testo poetico in un testo musicale, esplorando quindi quella che Pierluigi Basso definisce traduzione intersemiotica «associativa», in cui il testo di partenza poetico e il testo di arrivo musicale sono compresenti e fruiti simultaneamente; naturalmente esiste anche una traduzione intersemiotica «sostitutiva» quando testo di arrivo e testo di partenza sono indipendenti e fruibili ciascuno autonomamente – si pensi ad un romanzo ed alla sua versione cinematografica. In questa riflessione sulla traduzione intersemiotica associativa si è scelto di analizzare la prima raccolta poetica di James Joyce, Chamber Music (1907), e i settings musicali di Geoffrey Molyneux Palmer, Eugene Goossens, Luciano Berio e Alfred Heller. Analizzando le trentasei liriche e riportando alla luce la loro raffinata tessitura musicale, non stupisce che Chamber Music abbia goduto di un favore mai tramontato negli ambienti musicali: lo stesso Joyce era al corrente del fatto che le sue liriche riscuotessero un grande successo presso i compositori più disparati, tanto che in una lettera del 1929 alla sua protettrice Harriet Shaw Weaver scrisse spiritosamente che solo in quell’anno ben diciannove liriche erano state musicate, rendendo così lo stesso titolo quanto mai appropriato.

"Un caso di traduzione intersemiotica associativa: Chamber Music di James Joyce ‘tradotto’ in musica da Palmer, Goossens, Berio e Heller"

PETILLO, MARIACRISTINA
2007-01-01

Abstract

Sotto la definizione di traduzione intersemiotica rientrano le più varie e fantasiose forme di equivalenze traduttive. Nel caso specifico della presente ricerca, si è circoscritto l’ambito di indagine alla traduzione-trasformazione di un testo poetico in un testo musicale, esplorando quindi quella che Pierluigi Basso definisce traduzione intersemiotica «associativa», in cui il testo di partenza poetico e il testo di arrivo musicale sono compresenti e fruiti simultaneamente; naturalmente esiste anche una traduzione intersemiotica «sostitutiva» quando testo di arrivo e testo di partenza sono indipendenti e fruibili ciascuno autonomamente – si pensi ad un romanzo ed alla sua versione cinematografica. In questa riflessione sulla traduzione intersemiotica associativa si è scelto di analizzare la prima raccolta poetica di James Joyce, Chamber Music (1907), e i settings musicali di Geoffrey Molyneux Palmer, Eugene Goossens, Luciano Berio e Alfred Heller. Analizzando le trentasei liriche e riportando alla luce la loro raffinata tessitura musicale, non stupisce che Chamber Music abbia goduto di un favore mai tramontato negli ambienti musicali: lo stesso Joyce era al corrente del fatto che le sue liriche riscuotessero un grande successo presso i compositori più disparati, tanto che in una lettera del 1929 alla sua protettrice Harriet Shaw Weaver scrisse spiritosamente che solo in quell’anno ben diciannove liriche erano state musicate, rendendo così lo stesso titolo quanto mai appropriato.
2007
978-88-8063-533-8
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