Il nuovo istituto della convocazione su richiesta della minoranza previsto dal dlgs 58/98 induce l’interprete a domandarsi se il potere di rigettare la richiesta dei soci di minoranza di cui sono titolari gli amministratori, ai sensi del 2º comma dell’art. 125, rappresenti solo l’esplicito riconoscimento di un più generale potere di cui gli amministratori sarebbero già investiti, o se, al contrario, non si debba ammettere che il legislatore abbia individuato un principio particolare applicabile in considerazione della peculiare disciplina di cui all’art. 125. Nella nuova formulazione l’interesse sociale diventa il parametro utilizzabile per sindacare l’esercizio del potere attribuito alla minoranza di chiedere la convocazione e depositari della valutazione sulla sussistenza o meno di tale interesse sociale sono gli amministratori. In considerazione della presenza di un potere discrezionale nelle mani degli amministratori, il ricorso al presidente del tribunale diventa lo strumento che permette di riequilibrare il sistema e di fornire una forma di tutela ai soci di minoranza che altrimenti vedrebbero vanificare la propria richiesta di fronte a qualsiasi rigetto degli amministratori. La richiesta del decimo del capitale sociale è sottoposta ad una duplice verifica: quella del consiglio di amministrazione che ritenga di non potere dare corso alla richiesta e quella, in seconda battuta, attribuita al presidente del tribunale di decidere se il rifiuto degli amministratori sia giustificato o meno, quindi, se disporre o no la convocazione dell’assemblea. Attraverso tale meccanismo il diritto della minoranza ad ottenere la convocazione dell’assemblea trova piena tutela.

La convocazione dell'assemblea su richiesta della minoranza

CALDERAZZI, Rosa
2002-01-01

Abstract

Il nuovo istituto della convocazione su richiesta della minoranza previsto dal dlgs 58/98 induce l’interprete a domandarsi se il potere di rigettare la richiesta dei soci di minoranza di cui sono titolari gli amministratori, ai sensi del 2º comma dell’art. 125, rappresenti solo l’esplicito riconoscimento di un più generale potere di cui gli amministratori sarebbero già investiti, o se, al contrario, non si debba ammettere che il legislatore abbia individuato un principio particolare applicabile in considerazione della peculiare disciplina di cui all’art. 125. Nella nuova formulazione l’interesse sociale diventa il parametro utilizzabile per sindacare l’esercizio del potere attribuito alla minoranza di chiedere la convocazione e depositari della valutazione sulla sussistenza o meno di tale interesse sociale sono gli amministratori. In considerazione della presenza di un potere discrezionale nelle mani degli amministratori, il ricorso al presidente del tribunale diventa lo strumento che permette di riequilibrare il sistema e di fornire una forma di tutela ai soci di minoranza che altrimenti vedrebbero vanificare la propria richiesta di fronte a qualsiasi rigetto degli amministratori. La richiesta del decimo del capitale sociale è sottoposta ad una duplice verifica: quella del consiglio di amministrazione che ritenga di non potere dare corso alla richiesta e quella, in seconda battuta, attribuita al presidente del tribunale di decidere se il rifiuto degli amministratori sia giustificato o meno, quindi, se disporre o no la convocazione dell’assemblea. Attraverso tale meccanismo il diritto della minoranza ad ottenere la convocazione dell’assemblea trova piena tutela.
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