Alla luce dei ritrovamenti archivistici avvenuti presso l’Archivio della Congregazione per la dottrina della fede, il saggio ripercorre una delle più aspre controversie tra la chiesa di Roma e le istituzioni statali ed ecclesiastiche spagnole per un periodo compreso tra il 1588 e la fine del secolo successivo. Tra il 18 marzo 1588 e il maggio del 1599 vennero rinvenute a Granada alcune pergamene, reliquie e poi lamine in piombo (esse assommeranno al numero di 22) con rivelazioni e profezie subito attribuite all’evangelista Giovanni, riportate da san Cecilio e concernenti, tra l’altro, la nascita di Maometto e l’avvento della Riforma protestante. Più in particolare, le lamine contenevano testi teologici nei quali si trattava di una religione sincretica cristiano-islamica, che vedeva nella Vergine Maria Immacolata il fulcro e la depositaria delle nuove verità rivelate. I cosiddetti piombi sono in sostanza una fede di compromesso una miscela di cristianesimo ed islam, ma anche un modo per esaltare la città di Granada tra tutte le spagnole in antichità e santità. Essi sono l’oggetto che diede la possibilità a Granada di forgiarsi di un titolo di nobiltà e di autorità proclamando la sua genealogia cattolica. La città è una nuova Gerusalemme. Essi servirono all’identità cattolica della città, per farla divenire una sorta di Cristianopoli, una città barocca nella quale essi ricoprirono il ruolo di riscrivere la storia, descrivendo le sue origini come basate e fondate su di un sottosuolo “teofanico”. Ma se i piombi servivano come base di partenza nella riconsiderazione del passato granadino, nel recupero delle proprie radici ed “antichità” cristiane, al tempo stesso essi servivano a creare un nuovo e più accettabile passato per i moriscos granadini, alla ricerca di un’identità comune con i cattolici, che potesse far superare le contemporanee fratture e separazioni tra i due ceppi sociali, etnici e religiosi. A partire dai ritrovamenti del 1588 la città vive uno dei suoi momenti più alti di esaltazione civica e religiosa. Si verificano accadimenti riferiti al soprannaturale, testimoni di prodigi e di miracoli si moltiplicano, i pellegrinaggi al luogo del ritrovamento, la Torre Turpiana prima, Val Paraiso (poi soprannominata Sacromonte) dopo. Fonti coeve descrivono le folle che portano con fervore miriadi di ex voto, croci di alabastro, metallo, marmo: tra il 1588 ed il 1595 furono deposte soltanto alla Torre Trupiana ben 683 croci, delle quali 136 di grandi dimensioni. Tutto ciò si spiega, almeno in parte, con l’appoggio che, al nuovo culto diede il vescovo Castro, vero e proprio fomentatore della nuova devozione cittadina. Ma anche la corona manifestò sin da subito grande interesse. Filippo II si fece mandare, per la sua collezione dell’Escorial, un pezzo della reliquia della Vergine, il panno con il quale si asciugò gli occhi in lacrime sotto la Croce. Il saggio, composto a partire di undici volumi rinvenuti presso l’Archivio della Congregazione per la dottrina della fede, studia la questione della lunghissima diatriba che vede, impegnati in una lotta estenuante, da un lato le autorità romane della santa Inquisizione, dall’altro l’inquisizione spagnola ed i poteri vescovili granadini. Esso mette in luce sia lo sviluppo storico sul piano istituzionale dei rapporti tra Roma, Madrid, ed i poteri vescovili granadini, sia la delicatissima questione moresca vista dall’osservatorio della più potente congregazione romana: la Santa Inquisizione.

"Una materia gravissima, una enorme heresia": Granada, Roma e la controversia sugli apocrifi del Sacromonte

SCARAMELLA, Pierroberto
2008-01-01

Abstract

Alla luce dei ritrovamenti archivistici avvenuti presso l’Archivio della Congregazione per la dottrina della fede, il saggio ripercorre una delle più aspre controversie tra la chiesa di Roma e le istituzioni statali ed ecclesiastiche spagnole per un periodo compreso tra il 1588 e la fine del secolo successivo. Tra il 18 marzo 1588 e il maggio del 1599 vennero rinvenute a Granada alcune pergamene, reliquie e poi lamine in piombo (esse assommeranno al numero di 22) con rivelazioni e profezie subito attribuite all’evangelista Giovanni, riportate da san Cecilio e concernenti, tra l’altro, la nascita di Maometto e l’avvento della Riforma protestante. Più in particolare, le lamine contenevano testi teologici nei quali si trattava di una religione sincretica cristiano-islamica, che vedeva nella Vergine Maria Immacolata il fulcro e la depositaria delle nuove verità rivelate. I cosiddetti piombi sono in sostanza una fede di compromesso una miscela di cristianesimo ed islam, ma anche un modo per esaltare la città di Granada tra tutte le spagnole in antichità e santità. Essi sono l’oggetto che diede la possibilità a Granada di forgiarsi di un titolo di nobiltà e di autorità proclamando la sua genealogia cattolica. La città è una nuova Gerusalemme. Essi servirono all’identità cattolica della città, per farla divenire una sorta di Cristianopoli, una città barocca nella quale essi ricoprirono il ruolo di riscrivere la storia, descrivendo le sue origini come basate e fondate su di un sottosuolo “teofanico”. Ma se i piombi servivano come base di partenza nella riconsiderazione del passato granadino, nel recupero delle proprie radici ed “antichità” cristiane, al tempo stesso essi servivano a creare un nuovo e più accettabile passato per i moriscos granadini, alla ricerca di un’identità comune con i cattolici, che potesse far superare le contemporanee fratture e separazioni tra i due ceppi sociali, etnici e religiosi. A partire dai ritrovamenti del 1588 la città vive uno dei suoi momenti più alti di esaltazione civica e religiosa. Si verificano accadimenti riferiti al soprannaturale, testimoni di prodigi e di miracoli si moltiplicano, i pellegrinaggi al luogo del ritrovamento, la Torre Turpiana prima, Val Paraiso (poi soprannominata Sacromonte) dopo. Fonti coeve descrivono le folle che portano con fervore miriadi di ex voto, croci di alabastro, metallo, marmo: tra il 1588 ed il 1595 furono deposte soltanto alla Torre Trupiana ben 683 croci, delle quali 136 di grandi dimensioni. Tutto ciò si spiega, almeno in parte, con l’appoggio che, al nuovo culto diede il vescovo Castro, vero e proprio fomentatore della nuova devozione cittadina. Ma anche la corona manifestò sin da subito grande interesse. Filippo II si fece mandare, per la sua collezione dell’Escorial, un pezzo della reliquia della Vergine, il panno con il quale si asciugò gli occhi in lacrime sotto la Croce. Il saggio, composto a partire di undici volumi rinvenuti presso l’Archivio della Congregazione per la dottrina della fede, studia la questione della lunghissima diatriba che vede, impegnati in una lotta estenuante, da un lato le autorità romane della santa Inquisizione, dall’altro l’inquisizione spagnola ed i poteri vescovili granadini. Esso mette in luce sia lo sviluppo storico sul piano istituzionale dei rapporti tra Roma, Madrid, ed i poteri vescovili granadini, sia la delicatissima questione moresca vista dall’osservatorio della più potente congregazione romana: la Santa Inquisizione.
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