«Sapere è potere»: oggi la tecnoscienza ha dilatato enormemente le possibilità di comprensione del mondo, ma ha anche aumentato i rischi di un attentato alla dignità umana e ai principi democratici dell’ordinamento (soprattutto in ambito biomedico). In particolare, vi è il concreto pericolo che la strumentalizzazione ideologica delle libertà scientifiche, dissimulando il perseguimento di logiche autoreferenziali, finisca per privilegiare un approccio normativo utilitaristico e, quindi, per degradare l’essere umano a mera merce di scambio. Di conseguenza, la problematica in esame ripropone – sotto rinnovate spoglie – il tradizionale tema del controllo del potere economico e dell’informazione ad opera del diritto pubblico: se le conoscenze scientifiche permettono solo a pochi di monopolizzare il dominio e i vantaggi ad esso connessi, allora si rende necessario un intervento normativo volto a ristabilire l’equilibrio dei poteri tra coloro che dispongono d’ingenti risorse economico-intellettuali e la maggior parte della comunità che ne è priva. Il mito della neutralità della ricerca scientifica è, dunque, del tutto fittizio, perché le libertà scientifiche rinvengono un limite insuperabile nella salvaguardia del principio personalista della Costituzione: non l’uomo in funzione della ricerca, ma la scienza al servizio della persona e dei suoi valori primari. Purtroppo, nell’attuale dibattito bioetico, non di rado si dimentica che le libertà scientifiche sono salvaguardate nella misura in cui il loro concreto esercizio sia rispettoso dei diritti inviolabili del paziente e – più in generale – degli altri esseri umani che, per un qualsiasi motivo, versino in una situazione di oggettiva debolezza (come, ad es., gli embrioni in vitro). È, perciò, auspicabile che gli esponenti della comunità scientifica, prima di svolgere le proprie indagini sul mondo, s’interroghino innanzitutto sull’effettiva solidità della loro ‘scienza’, intesa come virtù cardinale (e, cioè, come la capacità di distinguere il vero dal falso e il bene dal male, per agire con senso di responsabilità): solo in quest’ottica personalistica, infatti, i ricercatori potrebbero fregiarsi legittimamente del titolo di ‘scienziati’.

La tutela dei diritti umani nella ricerca scientifica

BIANCO, Giovanni
2006-01-01

Abstract

«Sapere è potere»: oggi la tecnoscienza ha dilatato enormemente le possibilità di comprensione del mondo, ma ha anche aumentato i rischi di un attentato alla dignità umana e ai principi democratici dell’ordinamento (soprattutto in ambito biomedico). In particolare, vi è il concreto pericolo che la strumentalizzazione ideologica delle libertà scientifiche, dissimulando il perseguimento di logiche autoreferenziali, finisca per privilegiare un approccio normativo utilitaristico e, quindi, per degradare l’essere umano a mera merce di scambio. Di conseguenza, la problematica in esame ripropone – sotto rinnovate spoglie – il tradizionale tema del controllo del potere economico e dell’informazione ad opera del diritto pubblico: se le conoscenze scientifiche permettono solo a pochi di monopolizzare il dominio e i vantaggi ad esso connessi, allora si rende necessario un intervento normativo volto a ristabilire l’equilibrio dei poteri tra coloro che dispongono d’ingenti risorse economico-intellettuali e la maggior parte della comunità che ne è priva. Il mito della neutralità della ricerca scientifica è, dunque, del tutto fittizio, perché le libertà scientifiche rinvengono un limite insuperabile nella salvaguardia del principio personalista della Costituzione: non l’uomo in funzione della ricerca, ma la scienza al servizio della persona e dei suoi valori primari. Purtroppo, nell’attuale dibattito bioetico, non di rado si dimentica che le libertà scientifiche sono salvaguardate nella misura in cui il loro concreto esercizio sia rispettoso dei diritti inviolabili del paziente e – più in generale – degli altri esseri umani che, per un qualsiasi motivo, versino in una situazione di oggettiva debolezza (come, ad es., gli embrioni in vitro). È, perciò, auspicabile che gli esponenti della comunità scientifica, prima di svolgere le proprie indagini sul mondo, s’interroghino innanzitutto sull’effettiva solidità della loro ‘scienza’, intesa come virtù cardinale (e, cioè, come la capacità di distinguere il vero dal falso e il bene dal male, per agire con senso di responsabilità): solo in quest’ottica personalistica, infatti, i ricercatori potrebbero fregiarsi legittimamente del titolo di ‘scienziati’.
2006
8884225280
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