Scavi archeologici intrapresi nel 2006 dal Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Bari all’interno del Battistero di San Giovanni, a Canosa in Puglia, evidenziavano, quale più antica frequentazione umana del sito, una struttura funeraria di grandi dimensioni (m 3,00 x m 1,60, profondità m 1,75), di forma pressocchè ellittica ed interamente scavata nella terra argillosa fino al fondo deposizionale, dove erano sistemate tre inumazioni supine, con orientamento sud-est/nord-ovest, di cui una (BSG 1043) risultava al di sotto delle altre due. La partecipazione allo scavo del Laboratorio di Antropologia del Dipartimento di Biologia dell’Università di Bari rendeva possibile effettuare l’indagine tafonomica delle sepolture, il loro corretto recupero e l’analisi antropologica dei resti scheletrici. La deposizione più a sud (BSG 1041) mostrava il cranio poggiato su un blocco parallelepipedo di forma regolare: lo scheletro post-craniale, ad eccezione delle prime tre vertebre cervicali risultava dislocato una decina di cm più in basso, probabilmente a causa di una struttura in materiale deperibile su cui era poggiato il corpo del soggetto, con gli arti superiori flessi sull’addome e mano destra poggiata sul pube; gli arti inferiori risultavano contratti con i femori abdotti e ruotati lateralmente. L’individuo posizionato a nord ed in alto (BSG 1042) mostrava gli arti superiori in semiflessione con le mani giunte sul lato destro del tronco; gli arti inferiori erano in parziale flessione. L’individuo deposto al di sotto di quest’ultimo risultava anch’esso (BSG 1043) in decubito dorsale ed arti inferiori estesi; la mano destra contornava l’ala iliaca destra del precedente soggetto, risultando al di sotto delle mani dello stesso. Alcune considerazioni tafonomiche comuni a tutti gli individui, quali il collasso delle coste al suolo e la dislocazione degli elementi vertebrali e coxali, ci indicavano che il disfacimento delle parti molli doveva essere avvenuto in uno spazio vuoto. La cronologia relativa delle deposizioni, probabilmente tumulate in contemporanea, le caratteristiche architettoniche della tomba e le complesse relazioni posturali tra i tre individui di sesso maschile, di cui due deceduti in età adulta ed uno in età matura, suggerirebbero un rituale funerario inusuale, dato reso ancor più interessante dall’accertamento di causa di morte violenta per almeno uno degli individui (BSG 1041), e di gravi mutilazioni che hanno preceduto il decesso di un altro (BSG 1043). L’assenza di corredo, dovuta ad una spoliazione legata al rimaneggiamento della copertura in età tardoantica, impedisce al momento di precisare la cronologia, che può comunque essere riferita all’età preromana, in particolare tra il IV ed il III sec. a.C. sulla base dell’analisi della stratigrafia e di due frammenti ceramici individuati.E’ stata effettuata l’indagine antropologica dell’individuo deposto più a sud (BSG 1041): l’analisi del grado di degenerazione strutturale a carico della superficie auricolare dell’osso iliaco, mostra che il decesso avvenne in età matura, tra i 45 ed i 50 anni. La valutazione dei caratteri sessuali secondari del cranio e del bacino ha attribuito il soggetto al sesso maschile. La statura superava il metro e settanta, e la biomassa corporea era di circa 80 kg. Lo scheletro appare discretamente robusto e ben modellato da impianti tendinei e ligamentari, a testimonianza di una vita caratterizzata da un impegno occupazionale intenso e prolungato nel tempo. In particolare, l’indagine ergonomica delle impronte di stress funzionali sulle ossa del bacino e degli arti inferiori ha messo in luce tutta una serie di modificazioni ossee che vanno sotto il nome di “sindrome del cavaliere”, imputabili ad esercizi intensi e prolungati della pratica equestre. Sulle ossa metarsali e sulle falangi dei piedi sono visibili le tracce dell’uso continuo di calzari stretti, quali sandali o calcei. Quest’uomo, la cui vicenda personale si conclude nell’antica Canusium, non morì per malattia o per un incidente. La sua morte, drammaticamente violenta e rapida, avvenne per mano di uno o più individui. Ne è testimonianza la lesione da fendente che ha perforato completamente l’osso parietale destro del cranio, lunga circa 4 cm, priva di reazioni cicatriziali, e causa del decesso dell’individuo. Le estese linee di frattura che si dipartono dagli spigoli della lesione sarebbero il risultato della reazione elastica della scatola cranica all’impatto della lama, come accade con i tessuti vivi ed idratati. La forza e la precisione del fendente furono tali da supporre, durante la sua esecuzione, la completa immobilità della vittima, e ciò farebbe ipotizzare più un’esecuzione giudiziaria o sacrificale che un evento bellico. La lama, probabilmente una falcata od un grosso coltello, penetrò nella scatola cranica con un colpo vibrato dall’alto verso il basso, rimanendone incastrata, per cui fu estratta a forza compiendo un movimento basculante. All’acquisizione dei dati antropologici e paleopatologici il cranio dell’individuo è stato sottoposto ad un progetto di ricostruzione facciale utilizzando tecniche delle scienze forensi: “Diamo un volto ad un pugliese antico”. Questo progetto, partito dal Laboratorio di Antropologia del Dipartimento di Biologia, dal Dipartimento di Geologia e Geofisica dell’Università degli Studi di Bari e dal C.I.S.M.U.S. (Centro Interdipartimentale di Servizi per la Museologia Scientifica), ha visto il coinvolgimento dell’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “De Nittis – Pascali”, in un felice connubio di ricerca scientifica ed arte, sperimentazione e didattica, creando una trama territoriale di rapporti istituzionali mirata alla realizzazione di nuove professionalità. La prima fase del lavoro è consistita nella realizzazione di una copia in resina del cranio tramite acquisizione scanner laser 3D e prototipazione rapida, un percorso di sperimentazione da tempo intrapreso dal Centro nell’ambito dell’utilizzo delle tecnologie avanzate nel campo della museologia scientifica. La strumentazione in dotazione al Centro consente di produrre immagini virtuali dell’oggetto in esame in forma vettoriale. Essa è composta da uno Scanner 3D VI-910, munito di tre obiettivi (Tele f = 25mm, Medio f = 14mm, Grandangolo f = 8mm), da una Stampante 3D per prototipazione ZPrinter 310 e dai software dedicati Poligon Editing e Rapidform 2006. E’ da evidenziare che l’accuratezza delle scansioni raggiunge 1/10 mm e la rilevazione non comporta rischi di danno per gli oggetti in quanto il passaggio del pennello laser è piuttosto rapido (0,3-2,5 sec/scansione) e di bassissima potenza (Max 25 mW). I modelli digitali, opportunamente elaborati, possono essere riprodotti in solido mediante l’utilizzo di una stampante 3D che, per apposizione successiva di strati di polveri (silicee o di altro materiale) e colla, realizza una copia fedele monocromatica dell’oggetto considerato. Tutte le applicazioni hanno validità per lo studio dei campioni sia in positivo (ad esempio impronte) che in negativo (ad esempio controimpronte). Le tecnologie 3D nei musei scientifici hanno effetto su attività strettamente connesse quali: la ricerca, la didattica, la catalogazione, la conservazione, il restauro e il museum-shop.Una volta ottenuto il calco del cranio, sono stati individuati sullo stesso tutta una serie di punti craniometrici, facenti parte del cosiddetto “Protocollo di Manchester”, a cui vengono assegnati spessori diversi (in mm), a seconda del raggruppamento popolazionale di riferimento, del sesso di appartenenza e della costituzione individuale. Tali spessori, realizzati con bastoncini in legno, indicano un confine da non superare nella successiva apposizione delle parti molli del volto. La ricostruzione dell’aggetto nasale ha seguito il “metodo di George” tecnica forense di ricostruzione in due dimensioni, così come il calcolo del turgore delle labbra. I globi oculari sono stati posizionati utilizzando materiale protesico, effettuando una “centratura” degli stessi nelle cavità orbitali secondo opportune regole anatomiche, previa localizzazione dei margini palpebrali sulle ossa mascellari (fossa lacrimale) e zigomatiche (tubercolo di Whitnall). E’ seguita la ricostruzione, in plastilina, dei muscoli masticatori e mimici, posizionando le singole fasce muscolari secondo criteri ben precisi, che partono dalla conoscenza delle aree topografiche di inserzione tendinea fino ad arrivare all’osservazione dell’intensità delle entesi per graduare la massa muscolare. Il posizionamento degli stessi muscoli ha seguito un ordine cronologico ben preciso, partendo da quelli più interni a quelli più superficiali e intervallando, tra le fasce muscolari, la bolla adiposa di Bichat e la ghiandola parotide. Il completamento della parte muscolare del cranio è stata seguita da un’ulteriore scansione laser 3D; a ciò è seguita l’apposizione di strisce di plastilina corrispondenti allo strato cutaneo e sottocutaneo non oltrepassanti il limite degli spessori in legno. Il modello “in pelle” è stato sottoposto ad un’ulteriore scansione laser 3D prima di passare alle fasi successive.

Diamo un volto ad un pugliese antico

SUBLIMI SAPONETTI, Sandro;
2013-01-01

Abstract

Scavi archeologici intrapresi nel 2006 dal Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Bari all’interno del Battistero di San Giovanni, a Canosa in Puglia, evidenziavano, quale più antica frequentazione umana del sito, una struttura funeraria di grandi dimensioni (m 3,00 x m 1,60, profondità m 1,75), di forma pressocchè ellittica ed interamente scavata nella terra argillosa fino al fondo deposizionale, dove erano sistemate tre inumazioni supine, con orientamento sud-est/nord-ovest, di cui una (BSG 1043) risultava al di sotto delle altre due. La partecipazione allo scavo del Laboratorio di Antropologia del Dipartimento di Biologia dell’Università di Bari rendeva possibile effettuare l’indagine tafonomica delle sepolture, il loro corretto recupero e l’analisi antropologica dei resti scheletrici. La deposizione più a sud (BSG 1041) mostrava il cranio poggiato su un blocco parallelepipedo di forma regolare: lo scheletro post-craniale, ad eccezione delle prime tre vertebre cervicali risultava dislocato una decina di cm più in basso, probabilmente a causa di una struttura in materiale deperibile su cui era poggiato il corpo del soggetto, con gli arti superiori flessi sull’addome e mano destra poggiata sul pube; gli arti inferiori risultavano contratti con i femori abdotti e ruotati lateralmente. L’individuo posizionato a nord ed in alto (BSG 1042) mostrava gli arti superiori in semiflessione con le mani giunte sul lato destro del tronco; gli arti inferiori erano in parziale flessione. L’individuo deposto al di sotto di quest’ultimo risultava anch’esso (BSG 1043) in decubito dorsale ed arti inferiori estesi; la mano destra contornava l’ala iliaca destra del precedente soggetto, risultando al di sotto delle mani dello stesso. Alcune considerazioni tafonomiche comuni a tutti gli individui, quali il collasso delle coste al suolo e la dislocazione degli elementi vertebrali e coxali, ci indicavano che il disfacimento delle parti molli doveva essere avvenuto in uno spazio vuoto. La cronologia relativa delle deposizioni, probabilmente tumulate in contemporanea, le caratteristiche architettoniche della tomba e le complesse relazioni posturali tra i tre individui di sesso maschile, di cui due deceduti in età adulta ed uno in età matura, suggerirebbero un rituale funerario inusuale, dato reso ancor più interessante dall’accertamento di causa di morte violenta per almeno uno degli individui (BSG 1041), e di gravi mutilazioni che hanno preceduto il decesso di un altro (BSG 1043). L’assenza di corredo, dovuta ad una spoliazione legata al rimaneggiamento della copertura in età tardoantica, impedisce al momento di precisare la cronologia, che può comunque essere riferita all’età preromana, in particolare tra il IV ed il III sec. a.C. sulla base dell’analisi della stratigrafia e di due frammenti ceramici individuati.E’ stata effettuata l’indagine antropologica dell’individuo deposto più a sud (BSG 1041): l’analisi del grado di degenerazione strutturale a carico della superficie auricolare dell’osso iliaco, mostra che il decesso avvenne in età matura, tra i 45 ed i 50 anni. La valutazione dei caratteri sessuali secondari del cranio e del bacino ha attribuito il soggetto al sesso maschile. La statura superava il metro e settanta, e la biomassa corporea era di circa 80 kg. Lo scheletro appare discretamente robusto e ben modellato da impianti tendinei e ligamentari, a testimonianza di una vita caratterizzata da un impegno occupazionale intenso e prolungato nel tempo. In particolare, l’indagine ergonomica delle impronte di stress funzionali sulle ossa del bacino e degli arti inferiori ha messo in luce tutta una serie di modificazioni ossee che vanno sotto il nome di “sindrome del cavaliere”, imputabili ad esercizi intensi e prolungati della pratica equestre. Sulle ossa metarsali e sulle falangi dei piedi sono visibili le tracce dell’uso continuo di calzari stretti, quali sandali o calcei. Quest’uomo, la cui vicenda personale si conclude nell’antica Canusium, non morì per malattia o per un incidente. La sua morte, drammaticamente violenta e rapida, avvenne per mano di uno o più individui. Ne è testimonianza la lesione da fendente che ha perforato completamente l’osso parietale destro del cranio, lunga circa 4 cm, priva di reazioni cicatriziali, e causa del decesso dell’individuo. Le estese linee di frattura che si dipartono dagli spigoli della lesione sarebbero il risultato della reazione elastica della scatola cranica all’impatto della lama, come accade con i tessuti vivi ed idratati. La forza e la precisione del fendente furono tali da supporre, durante la sua esecuzione, la completa immobilità della vittima, e ciò farebbe ipotizzare più un’esecuzione giudiziaria o sacrificale che un evento bellico. La lama, probabilmente una falcata od un grosso coltello, penetrò nella scatola cranica con un colpo vibrato dall’alto verso il basso, rimanendone incastrata, per cui fu estratta a forza compiendo un movimento basculante. All’acquisizione dei dati antropologici e paleopatologici il cranio dell’individuo è stato sottoposto ad un progetto di ricostruzione facciale utilizzando tecniche delle scienze forensi: “Diamo un volto ad un pugliese antico”. Questo progetto, partito dal Laboratorio di Antropologia del Dipartimento di Biologia, dal Dipartimento di Geologia e Geofisica dell’Università degli Studi di Bari e dal C.I.S.M.U.S. (Centro Interdipartimentale di Servizi per la Museologia Scientifica), ha visto il coinvolgimento dell’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “De Nittis – Pascali”, in un felice connubio di ricerca scientifica ed arte, sperimentazione e didattica, creando una trama territoriale di rapporti istituzionali mirata alla realizzazione di nuove professionalità. La prima fase del lavoro è consistita nella realizzazione di una copia in resina del cranio tramite acquisizione scanner laser 3D e prototipazione rapida, un percorso di sperimentazione da tempo intrapreso dal Centro nell’ambito dell’utilizzo delle tecnologie avanzate nel campo della museologia scientifica. La strumentazione in dotazione al Centro consente di produrre immagini virtuali dell’oggetto in esame in forma vettoriale. Essa è composta da uno Scanner 3D VI-910, munito di tre obiettivi (Tele f = 25mm, Medio f = 14mm, Grandangolo f = 8mm), da una Stampante 3D per prototipazione ZPrinter 310 e dai software dedicati Poligon Editing e Rapidform 2006. E’ da evidenziare che l’accuratezza delle scansioni raggiunge 1/10 mm e la rilevazione non comporta rischi di danno per gli oggetti in quanto il passaggio del pennello laser è piuttosto rapido (0,3-2,5 sec/scansione) e di bassissima potenza (Max 25 mW). I modelli digitali, opportunamente elaborati, possono essere riprodotti in solido mediante l’utilizzo di una stampante 3D che, per apposizione successiva di strati di polveri (silicee o di altro materiale) e colla, realizza una copia fedele monocromatica dell’oggetto considerato. Tutte le applicazioni hanno validità per lo studio dei campioni sia in positivo (ad esempio impronte) che in negativo (ad esempio controimpronte). Le tecnologie 3D nei musei scientifici hanno effetto su attività strettamente connesse quali: la ricerca, la didattica, la catalogazione, la conservazione, il restauro e il museum-shop.Una volta ottenuto il calco del cranio, sono stati individuati sullo stesso tutta una serie di punti craniometrici, facenti parte del cosiddetto “Protocollo di Manchester”, a cui vengono assegnati spessori diversi (in mm), a seconda del raggruppamento popolazionale di riferimento, del sesso di appartenenza e della costituzione individuale. Tali spessori, realizzati con bastoncini in legno, indicano un confine da non superare nella successiva apposizione delle parti molli del volto. La ricostruzione dell’aggetto nasale ha seguito il “metodo di George” tecnica forense di ricostruzione in due dimensioni, così come il calcolo del turgore delle labbra. I globi oculari sono stati posizionati utilizzando materiale protesico, effettuando una “centratura” degli stessi nelle cavità orbitali secondo opportune regole anatomiche, previa localizzazione dei margini palpebrali sulle ossa mascellari (fossa lacrimale) e zigomatiche (tubercolo di Whitnall). E’ seguita la ricostruzione, in plastilina, dei muscoli masticatori e mimici, posizionando le singole fasce muscolari secondo criteri ben precisi, che partono dalla conoscenza delle aree topografiche di inserzione tendinea fino ad arrivare all’osservazione dell’intensità delle entesi per graduare la massa muscolare. Il posizionamento degli stessi muscoli ha seguito un ordine cronologico ben preciso, partendo da quelli più interni a quelli più superficiali e intervallando, tra le fasce muscolari, la bolla adiposa di Bichat e la ghiandola parotide. Il completamento della parte muscolare del cranio è stata seguita da un’ulteriore scansione laser 3D; a ciò è seguita l’apposizione di strisce di plastilina corrispondenti allo strato cutaneo e sottocutaneo non oltrepassanti il limite degli spessori in legno. Il modello “in pelle” è stato sottoposto ad un’ulteriore scansione laser 3D prima di passare alle fasi successive.
2013
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