Grazie al rigore formale che le dà la matematica delle popolazioni, la demografia costruisce scenari per il futuro che spesso alimentano paure collettive. Allo stesso tempo, nel momento in cui ci si interessa ai processi di determinazione della scelta, occorre sforzarsi di immedesimarsi nella situazione che gli individui percepiscono. Con tale intento e al fine di avvicinarci il più possibile alla “realtà vissuta”, si è piuttosto simulata, attraverso la costruzione ad hoc di un indice di carico ascendente, la prospettiva dell’individuo piuttosto che quella della popolazione basandoci sulla constatazione che in demografia (e non solo) il cambiamento può essere interpretato anche come la successione di generazioni che non si “rassomigliano”. Più il cambiamento è rapido, più i contrasti intergenerazionali sono marcati. In particolare, la dinamica demografica costituisce un importante fattore di incertezza sulla tenuta del nostro sistema pensionistico anche se, in realtà, sarebbe più corretto parlare di certezza: certezza di uno squilibrio profondo dovuto al progressivo e accentuato invecchiamento della popolazione. In questo senso, l’esperienza di altri paesi ha dimostrato che la longevità e la buona salute non devono considerarsi risultati acquisiti (potremmo dire “diritti acquisiti”) una volta per tutte. In caso di crisi, il disagio dei gruppi più svantaggiati si trasforma molto rapidamente in una peggiore condizione di salute e un più alto rischio di morte con conseguente diminuzione della speranza di vita. Queste prospettive negative possono essere contrastate per varie vie, alcune delle quali non implicano necessariamente l’utilizzo di maggiori risorse economiche. Adattare il ciclo di vita attiva all’invecchiamento non dovrebbe, semplicisticamente, voler dire innalzare l’età al pensionamento ma anche e soprattutto deve voler dire modificare le pratiche di gestione del capitale umano ben prima dell’età pensionabile: lavorare per più tempo ma anche lavorare e formarsi diversamente.

Immigrazione e invecchiamento demografico: una non soluzione

Pellicani, Michela
2018-01-01

Abstract

Grazie al rigore formale che le dà la matematica delle popolazioni, la demografia costruisce scenari per il futuro che spesso alimentano paure collettive. Allo stesso tempo, nel momento in cui ci si interessa ai processi di determinazione della scelta, occorre sforzarsi di immedesimarsi nella situazione che gli individui percepiscono. Con tale intento e al fine di avvicinarci il più possibile alla “realtà vissuta”, si è piuttosto simulata, attraverso la costruzione ad hoc di un indice di carico ascendente, la prospettiva dell’individuo piuttosto che quella della popolazione basandoci sulla constatazione che in demografia (e non solo) il cambiamento può essere interpretato anche come la successione di generazioni che non si “rassomigliano”. Più il cambiamento è rapido, più i contrasti intergenerazionali sono marcati. In particolare, la dinamica demografica costituisce un importante fattore di incertezza sulla tenuta del nostro sistema pensionistico anche se, in realtà, sarebbe più corretto parlare di certezza: certezza di uno squilibrio profondo dovuto al progressivo e accentuato invecchiamento della popolazione. In questo senso, l’esperienza di altri paesi ha dimostrato che la longevità e la buona salute non devono considerarsi risultati acquisiti (potremmo dire “diritti acquisiti”) una volta per tutte. In caso di crisi, il disagio dei gruppi più svantaggiati si trasforma molto rapidamente in una peggiore condizione di salute e un più alto rischio di morte con conseguente diminuzione della speranza di vita. Queste prospettive negative possono essere contrastate per varie vie, alcune delle quali non implicano necessariamente l’utilizzo di maggiori risorse economiche. Adattare il ciclo di vita attiva all’invecchiamento non dovrebbe, semplicisticamente, voler dire innalzare l’età al pensionamento ma anche e soprattutto deve voler dire modificare le pratiche di gestione del capitale umano ben prima dell’età pensionabile: lavorare per più tempo ma anche lavorare e formarsi diversamente.
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