Il mistero del processo di Satta esprime un dubbio “Ma il processo? Ha il processo uno scopo? Non si dica, per carità, che lo scopo è l’attuazione della legge, o la difesa del diritto soggettivo, o la punizione del reo, e nemmeno la giustizia o la ricerca della verità: se ciò fosse vero sarebbe assolutamente incomprensibile la sentenza ingiusta, e la stessa forza del giudicato, che copre, assai più che la terra, gli errori dei giudici” Ebbene, non serve un’ analisi approfondita per nutrire preoccupazione, soprattutto se, l’epilogo voluto da Satta, rafforza l’idea «che esiste una vera e propria vocazione del nostro tempo a vivere senza il diritto». Si disvela così il mistero del processo quanto mai attuale nel tormentoso tentativo di ricerca della verità nella bulimia di giustizia umana. Nel mezzo, la bistrattata giustizia processuale umiliata nelle forme e nelle regole da una società che predilige la condanna mediatica legittimata dal diritto ad essere informati. Sembra, invero, perdurare una riluttanza a rimuovere gli scarti di un sistema inquisitorio che dal segreto delle ragioni ci inducono a sospettare sulle ragioni del segreto nel processo penale accusatorio. La mancanza di un inderogabile cornice di garanzie porta inevitabilmente a rimarcare le dovute differenze tra un sistema politico antidemocratico che si avvale di un apparato processuale inquisitorio per un processo strumento di lotta politica e viceversa , un regime politico garantista per un processo strumento di tutela dei diritti dell’ individuo. Malgrado, la difficoltà consista nel contemperare le esigenze di informazione e di partecipazione diretta del cittadino ai processi, attraverso regole di civiltà giuridica, al contrario, rimuovere l’incognita sul processo penale trasformato in arena significa abbandonare l’idea di un “insostenibile leggerezza dell’ essere” che propende per la spettacolarizzazione del processo e la berlina di un “ presunto colpevole “.

Il segreto e l'informazione nel processo penale: a proposito degli strumenti di ricerca delle verità

Garofoli, Francesca Jole
2019-01-01

Abstract

Il mistero del processo di Satta esprime un dubbio “Ma il processo? Ha il processo uno scopo? Non si dica, per carità, che lo scopo è l’attuazione della legge, o la difesa del diritto soggettivo, o la punizione del reo, e nemmeno la giustizia o la ricerca della verità: se ciò fosse vero sarebbe assolutamente incomprensibile la sentenza ingiusta, e la stessa forza del giudicato, che copre, assai più che la terra, gli errori dei giudici” Ebbene, non serve un’ analisi approfondita per nutrire preoccupazione, soprattutto se, l’epilogo voluto da Satta, rafforza l’idea «che esiste una vera e propria vocazione del nostro tempo a vivere senza il diritto». Si disvela così il mistero del processo quanto mai attuale nel tormentoso tentativo di ricerca della verità nella bulimia di giustizia umana. Nel mezzo, la bistrattata giustizia processuale umiliata nelle forme e nelle regole da una società che predilige la condanna mediatica legittimata dal diritto ad essere informati. Sembra, invero, perdurare una riluttanza a rimuovere gli scarti di un sistema inquisitorio che dal segreto delle ragioni ci inducono a sospettare sulle ragioni del segreto nel processo penale accusatorio. La mancanza di un inderogabile cornice di garanzie porta inevitabilmente a rimarcare le dovute differenze tra un sistema politico antidemocratico che si avvale di un apparato processuale inquisitorio per un processo strumento di lotta politica e viceversa , un regime politico garantista per un processo strumento di tutela dei diritti dell’ individuo. Malgrado, la difficoltà consista nel contemperare le esigenze di informazione e di partecipazione diretta del cittadino ai processi, attraverso regole di civiltà giuridica, al contrario, rimuovere l’incognita sul processo penale trasformato in arena significa abbandonare l’idea di un “insostenibile leggerezza dell’ essere” che propende per la spettacolarizzazione del processo e la berlina di un “ presunto colpevole “.
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