La disciplina della composizione della crisi da sovraindebitamento dei debitori non fallibili, introdotta nel nostro ordinamento nel 2012 in esito ad un travagliato iter normativo, si è rivelata piuttosto lacunosa in merito ad un aspetto particolarmente delicato della procedura: quello della sorte del patrimonio del debitore, nella complessa fase di avvio e poi nel corso della procedura stessa; e ciò, qualunque sia il modulo risolutivo prescelto: quello del piano, dell’accordo ovvero della liquidazione. Gli interrogativi cui il saggio intende rispondere attraverso l’esame della disciplina sono molteplici: in primo luogo, nella prospettiva generale della disponibilità del patrimonio, può ritenersi che intervenga un vero e proprio spossessamento? Sotto il profilo soggettivo, a chi spetta amministrare il patrimonio del debitore civile e, soprattutto, chi gestisce il patrimonio destinato all’attività d’impresa dell’imprenditore non fallibile? E sul piano oggettivo, secondo quali regole, rispettando quali limiti deve svolgersi tale amministrazione/ gestione? Ancora: quali effetti produce – con particolare riferimento, ad esempio, alla eventuale prededucibilità dei crediti nella successiva procedura di liquidazione – il legittimo compimento degli atti di amministrazione/gestione nel corso della procedura e, prima ancora, nella c.d. fase interinale, che prende avvio dalla presentazione della proposta di accordo e si chiude con l’ammissione alla procedura?Il tema delle regole di amministrazione/gestione del debitore sovraindebitato sottoposto a procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento fa emergere, forse come pochi altri, il “nervo scoperto” di questa disciplina: l’articolazione “composita e frastagliata” delle categorie di soggetti compresi nel suo ambito di applicazione.

La gestione/amministrazione del patrimonio del debitore non fallibile, nella riforma (ancora in itinere) della legislazione concorsuale: una nuova speranza?

Daniela Caterino
2019-01-01

Abstract

La disciplina della composizione della crisi da sovraindebitamento dei debitori non fallibili, introdotta nel nostro ordinamento nel 2012 in esito ad un travagliato iter normativo, si è rivelata piuttosto lacunosa in merito ad un aspetto particolarmente delicato della procedura: quello della sorte del patrimonio del debitore, nella complessa fase di avvio e poi nel corso della procedura stessa; e ciò, qualunque sia il modulo risolutivo prescelto: quello del piano, dell’accordo ovvero della liquidazione. Gli interrogativi cui il saggio intende rispondere attraverso l’esame della disciplina sono molteplici: in primo luogo, nella prospettiva generale della disponibilità del patrimonio, può ritenersi che intervenga un vero e proprio spossessamento? Sotto il profilo soggettivo, a chi spetta amministrare il patrimonio del debitore civile e, soprattutto, chi gestisce il patrimonio destinato all’attività d’impresa dell’imprenditore non fallibile? E sul piano oggettivo, secondo quali regole, rispettando quali limiti deve svolgersi tale amministrazione/ gestione? Ancora: quali effetti produce – con particolare riferimento, ad esempio, alla eventuale prededucibilità dei crediti nella successiva procedura di liquidazione – il legittimo compimento degli atti di amministrazione/gestione nel corso della procedura e, prima ancora, nella c.d. fase interinale, che prende avvio dalla presentazione della proposta di accordo e si chiude con l’ammissione alla procedura?Il tema delle regole di amministrazione/gestione del debitore sovraindebitato sottoposto a procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento fa emergere, forse come pochi altri, il “nervo scoperto” di questa disciplina: l’articolazione “composita e frastagliata” delle categorie di soggetti compresi nel suo ambito di applicazione.
2019
978-88-921-1972-7
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