L’a., dopo aver esaminato la sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte con cui, almeno apparentemente, è stata negata la configurabilità nel nostro ordinamento giuridico della c.d. usura sopravvenuta, e dopo aver ricostruito le tesi dottrinali e giurisprudenziali prospettate in materia, svolge alcune considerazioni critiche, soffermandosi sulle contraddizioni emerse nella sentenza in commento. In particolare, si afferma che la Suprema Corte, lungi dall’aver espunto dal nostro sistema giuridico la figura dell’usura sopravvenuta, l’abbia – invece – ammessa, riprendendo considerazioni simili a quelle svolte nel 2002 dalla Corte Costituzionale e proponendo, inoltre, l’adozione della buona fede oggettiva, da valutarsi però “in concreto”, e non “in astratto”. Si suggerisce, a questo punto, di rivalutare il ruolo centrale del giudice nell’applicazione al caso concreto delle clausole generali e di prospettare, più in generale, un suo potere “correttivo”, al fine di una rideterminazione dell’equilibrio contrattuale, venuto meno a seguito del disallineamento dei tassi di interesse contrattualmente previsti dai valori-soglia individuati legislativamente.

Usura sopravvenuta, buona fede in concreto e tecniche di conformazione del contratto

Concetta Maria Nanna
2018-01-01

Abstract

L’a., dopo aver esaminato la sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte con cui, almeno apparentemente, è stata negata la configurabilità nel nostro ordinamento giuridico della c.d. usura sopravvenuta, e dopo aver ricostruito le tesi dottrinali e giurisprudenziali prospettate in materia, svolge alcune considerazioni critiche, soffermandosi sulle contraddizioni emerse nella sentenza in commento. In particolare, si afferma che la Suprema Corte, lungi dall’aver espunto dal nostro sistema giuridico la figura dell’usura sopravvenuta, l’abbia – invece – ammessa, riprendendo considerazioni simili a quelle svolte nel 2002 dalla Corte Costituzionale e proponendo, inoltre, l’adozione della buona fede oggettiva, da valutarsi però “in concreto”, e non “in astratto”. Si suggerisce, a questo punto, di rivalutare il ruolo centrale del giudice nell’applicazione al caso concreto delle clausole generali e di prospettare, più in generale, un suo potere “correttivo”, al fine di una rideterminazione dell’equilibrio contrattuale, venuto meno a seguito del disallineamento dei tassi di interesse contrattualmente previsti dai valori-soglia individuati legislativamente.
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