Lo studio sulle evidenze emerse dall’ultima campagna di scavo condotta nel Parco archeologico di Siponto (Manfredonia, FG) e l’indagine archeometrica sulle malte si propongono, seppure sulla base di fonti materiali, frammentarie e labili per le devastanti e prolungate azioni postdeposizionali, da un canto di analizzare negli aspetti architettonici e funzionali il complesso edilizio messo in luce; dall’altro di soffermarsi sui segni propri dell’attività del cantiere impiantato sulle precedenti strutture nella successiva fase di ristrutturazione. Nel titolo, quindi, va il richiamo a due tematismi – l’archeologia del potere e l’archeologia del cantiere – tra quelli che Giovanna Bianchi ritiene possano contribuire a elaborare importanti tracce della più generale storia politica ed economico-sociale (2011, p. 10). L’episodio in esame rientra nei risultati della pluriennale ricerca sul campo, intrapresa dal 2000 e mirata alla conoscenza della facies postclassica della città sipontina4, che ha consentito la scoperta di una parte dell’abitato, prossima al tratto settentrionale dell’antica cinta muraria scavato negli anni Sessanta e oggi a vista. L’insieme degli edifici abitativi, realizzati in appoggio a preesistenti muri con andamento longitudinale Nord-Sud, raggruppati intorno a due ampi spazi di circolazione esterna, separati da stretti vicoli ciechi o passanti con funzione di intercapedine per lo scolo delle acque meteoriche e reflue, e un piccolo luogo di culto, monoaulato con circostante spazio funerario, proprio al limite Nord del comparto urbano, cominciano così a mostrare l’impianto della città bassomedievale. Le indagini geofisiche, condotte in via diagnostica a Sud dell’area già scavata, avevano evidenziato significative anomalie, interpretate come le tracce di un imponente edificio, di numerosi ambienti più o meno isolati, prevalentemente di forma quadrata-rettangolare e di un regolare impianto viario. Ad una prima conferma della presenza di strutture sottostanti fornita da cinque shawell tests, è seguito lo scavo estensivo, impostato sulle evidenze del magnetogramma, che ha evidenziato tre fasi: la più antica che documenta la pianta ed alcuni elementi dell’elevato del complesso edilizio, suggerendo l’ipotesi della sua funzione originaria; la seconda che mostra la successiva cantierizzazione per manutenzione e rifacimenti; la terza infine che segna il definitivo abbandono e la spoliazione.

Archeologia del potere e archeologia del cantiere nella Siponto medievale

Caterina Laganara
;
Giacomo Eramo
2018-01-01

Abstract

Lo studio sulle evidenze emerse dall’ultima campagna di scavo condotta nel Parco archeologico di Siponto (Manfredonia, FG) e l’indagine archeometrica sulle malte si propongono, seppure sulla base di fonti materiali, frammentarie e labili per le devastanti e prolungate azioni postdeposizionali, da un canto di analizzare negli aspetti architettonici e funzionali il complesso edilizio messo in luce; dall’altro di soffermarsi sui segni propri dell’attività del cantiere impiantato sulle precedenti strutture nella successiva fase di ristrutturazione. Nel titolo, quindi, va il richiamo a due tematismi – l’archeologia del potere e l’archeologia del cantiere – tra quelli che Giovanna Bianchi ritiene possano contribuire a elaborare importanti tracce della più generale storia politica ed economico-sociale (2011, p. 10). L’episodio in esame rientra nei risultati della pluriennale ricerca sul campo, intrapresa dal 2000 e mirata alla conoscenza della facies postclassica della città sipontina4, che ha consentito la scoperta di una parte dell’abitato, prossima al tratto settentrionale dell’antica cinta muraria scavato negli anni Sessanta e oggi a vista. L’insieme degli edifici abitativi, realizzati in appoggio a preesistenti muri con andamento longitudinale Nord-Sud, raggruppati intorno a due ampi spazi di circolazione esterna, separati da stretti vicoli ciechi o passanti con funzione di intercapedine per lo scolo delle acque meteoriche e reflue, e un piccolo luogo di culto, monoaulato con circostante spazio funerario, proprio al limite Nord del comparto urbano, cominciano così a mostrare l’impianto della città bassomedievale. Le indagini geofisiche, condotte in via diagnostica a Sud dell’area già scavata, avevano evidenziato significative anomalie, interpretate come le tracce di un imponente edificio, di numerosi ambienti più o meno isolati, prevalentemente di forma quadrata-rettangolare e di un regolare impianto viario. Ad una prima conferma della presenza di strutture sottostanti fornita da cinque shawell tests, è seguito lo scavo estensivo, impostato sulle evidenze del magnetogramma, che ha evidenziato tre fasi: la più antica che documenta la pianta ed alcuni elementi dell’elevato del complesso edilizio, suggerendo l’ipotesi della sua funzione originaria; la seconda che mostra la successiva cantierizzazione per manutenzione e rifacimenti; la terza infine che segna il definitivo abbandono e la spoliazione.
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